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Editoriale

L’Unione Europea, questa sconosciuta

Le elezioni per il Parlamento europeo si avvicinano e, con la presentazione delle liste dei candidati, è finalmente possibile iniziare a discutere della competizione avendo riferimenti più concreti.

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Credit foto https://www.comune.desenzano.brescia.it/Novita/Avvisi/Elezioni-Europee-dell-8-e-9-Giugno-2024

di Lavinia Orlando

Le elezioni per il Parlamento europeo si avvicinano e, con la presentazione delle liste dei candidati, è finalmente possibile iniziare a discutere della competizione avendo riferimenti più concreti.

Spicca, in primis, la candidatura dei leader di partito/governo che, in caso di elezione, rinuncerebbero di sicuro al seggio europeo per continuare a ricoprire il ruolo nazionale. Meloni, Schlein, Tajani e Calenda hanno deciso di inserire il proprio nome come capilista in quasi tutte le circoscrizioni pur con la consapevolezza che Strasburgo non sarà meta nei rispettivi viaggi di lavoro. E già solo questa precisazione preliminare potrebbe essere utile ad individuare chi non votare per carenza di serietà.

Di più, anche l’iniziale idea della Segretaria del Partito Democratico Schlein di inserire il proprio nome nel simbolo del partito lascia alquanto interdetti. Da una leader che ha sempre insistito sulla forza del gruppo ci si sarebbe atteso qualcosa di totalmente differente, posto anche che l’impersonificazione della forza politica col suo Segretario o Presidente è scelta sdoganata e particolarmente amata a destra, a partire da Berlusconi per seguire con tutti gli altri, ed, al contrario, molto avversata a sinistra. Pure tale indicazione, comunque non andata in porto, andrebbe inserita nel calderone delle ragioni per cui votare o meno una certa forza politica.

Circa i candidati proposti, ci sarebbe da scrivere un libro. Il posto d’onore spetta a Roberto Vannacci, generale già noto alle cronache per posizioni estreme circa immigrazione ed omosessualità, candidato alle elezioni europee, neanche a dirlo, per la Lega. Il prescelto di Salvini ha dato avvio alla campagna elettorale questa volta prendendosela con le persone con disabilità, per cui auspica la creazione di classi separate, e definendo Benito Mussolini uno statista. A fronte delle tante rimostranze scatenatesi, anche in seno alla stessa Lega, in seguito a cotante esternazioni, resta la scelta di proporre un candidato col profilo appena visto, evidentemente avendo la certezza che possa tornare utile nel reperire i voti di chi nel nostro Paese non ha un bel rapporto con le c.d. minoranze.

Fino ad ora, tuttavia, continua ad essere carente quello che dovrebbe rappresentare, al contrario, il punto fondamentale di una campagna elettorale: il programma. Si discorre di simboli, nomi e questioni nazionali, ma risulta quasi del tutto assente qualsivoglia riferimento sul da farsi in Europa. 

L’informazione è carente in tutto e per tutto, a partire dalle fondamenta: come funzioni il Parlamento Europeo, come si componga, su quali materie insista la sua competenza fino a giungere alle differenti soluzioni presentate da ciascuno schieramento. Gli elettori, già estremamente disgustati dalla politica e, per ciò, sempre più lontani dalle urne, non hanno la benché minima idea delle ragioni per cui recarsi al voto a giugno e delle differenti proposte.

In quale misura l’Unione Europea incida sulle scelte dei singoli governi e quanto determini le decisioni dei Parlamenti nazionali; in quanti e quali ambiti le vite di cittadine e cittadini europei siano condizionate dalle determinazioni europee; quali siano i vantaggi e quali gli svantaggi generati dall’appartenenza del nostro Paese ad un organismo sovranazionale e quali i meccanismi che potrebbero consentire ai singoli Stati di mutarne l’andamento.

Sono queste solo alcune tra le domande a cui chi si candida per il Parlamento Europeo dovrebbe rispondere. La scelta di recarsi alle urne e di votare l’una o l’altra proposta non può che passare da queste fondamentali risposte.

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