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Oppenheimer secondo Nolan (Parte prima)

L’Oppenheimer portato in scena da Nolan è trascinato esclusivamente dall’entusiasmo per le proprie scoperte scientifiche. È però difficile immaginare che ad una mente geniale come la sua abbia fatto ab origine difetto una riflessione sulle conseguenze delle sue ricerche e che solo dopo lo scoppio delle due bombe su Hiroshima e Nagasaki lo scienziato abbia mutato definitivamente il suo orientamento, collocandolo contro l’uso della potenza atomica come strumento d’offesa nei confronti di altri esseri umani.

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Credit foto fotocult.it

Gli appassionati di storia prima o poi si imbattono in documenti o testimonianze dirette che narrano parti o interpretazioni di eventi passati. 

Si possono, soprattutto grazie alla rete, ma anche attraverso un semplice apparecchio televisivo, visionare lunghe interviste a personaggi di cui ci parlano i libri di storia, come quella a Simon Wiesenthal, che dopo essere sopravvissuto alla furia nazista, dedicò la sua intera esistenza alla ricerca  dei criminali tedeschi scampati alla giustizia. Colpisce tutto nel lungo documentario. La semplicità dell’eloquio di Wiesenthal, nient’affatto costruito, il luogo, uno studio arredato solo con una scrivania ed uno scaffale sul quale erano riposti i fascicoli relativi a ciascun fuggiasco. Ad un certo punto del filmato Wiesenthal indossa cappotto e cappello ed esce dallo studio, immettendosi nel marciapiede della strada come un uomo qualsiasi, come abbiamo mille volte fatto o visto fare ad amici, parenti o semplici sconosciuti. Wiesenthal non è stato però un uomo qualsiasi. La sua è stata una vita eccezionale anche se, sentendolo parlare con tanta chiarezza e semplicità si ha l’impressione contraria. Di tutto ciò quest’uomo era senz’altro consapevole. Era consapevole della necessità di chiamare le cose con il loro nome senza indulgere nella vanità, in quel culto di sé stessi onnipresente nelle rappresentazioni che ciascuno fa, traendo ispirazione non dalle grandi imprese eventualmente compiute, ma esclusivamente dal proprio narcisismo. È tuttavia questo un argomento che meriterebbe un’analisi ben più approfondita di questa, dedicata invece alla ricostruzione degli eventi storici che hanno avuto come principale protagonista il padre della bomba atomica Oppenheimer, narrati dal regista Nolan nell’omonimo film, nelle nostre sale in questi giorni. Oppenheimer è una di quelle figure delle quali non è facile trovare testimonianze dirette. Personalmente qualche anno fa mi sono imbattuta in una sua intervista, pessima forse perché datata o perché il girato era troppo deteriorato. In essa Oppenheimer guardava in una telecamera fissa, con lo sguardo diffidente di chi si sente più interrogato che intervistato. Il non detto prevaleva pertanto sulle spiegazioni tecniche, pur dettagliate che il fisico dava all’ interlocutore sugli eventi che lo avevano riguardato. La scarsità di filmati che lo vedono protagonista racconta però qualcosa di importante. In primo luogo che si tratta di una figura controversa, la cui collocazione nella narrazione storica appare ambigua o quantomeno problematica. 

La sua partecipazione attiva alla realizzazione dell’atomica non me lo ha mai reso degno di stima, benché la complessità dei fatti necessiti di un’approfondimento, indispensabile per evitare semplicistiche banalizzazioni. Il film di Nolan ha senz’altro il merito di aver ricostruito puntualmente gli eventi che portarono alla distruzione di Hiroshima e Nagasaki e di quelli che seguirono, rappresentando al contempo l’ostracismo di cui Oppenheimer fu fatto oggetto a causa della sua volontà di non partecipare più alla creazione di armi di distruzioni di massa. Personalmente non ero a conoscenza di questo cambiamento nell’impostazione dello scienziato e poiché credo che come me la gran massa degli spettatori non ne fosse edotta, sono persuasa che portare a conoscenza del grande pubblico gli eventi che riguardarono il fisico statunitense sia un fatto meritorio. 

Tuttavia ho l’impressione che la ricostruzione cinematografica sia incongrua per più di un motivo, ovviamente secondo una valutazione del tutto soggettiva. Il regista ad esempio non indugia mai sulla psicologia del fisico, sulle contraddizioni che dovettero senz’ombra di dubbio albergare nel suo animo. L’Oppenheimer portato in scena da Nolan è trascinato esclusivamente dall’entusiasmo per le proprie scoperte scientifiche. È però difficile immaginare che ad una mente geniale come la sua abbia fatto difetto una riflessione sulle conseguenze delle sue ricerche.

(Continua)

Rosamaria Fumarola 

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Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano