18 Novembre 2024
La compagnia delle oche
La “Compagnia delle Oche” è un’opera di rara bellezza, da leggere e rileggere per coglierne ogni sfumatura. Non è solo una raccolta di poesie, ma un viaggio spirituale e culturale che ci ricorda l’importanza di tornare alla semplicità e alla sacralità della vita. Una lettura che, nella sua complessità e bellezza, si fa esperienza trasformativa.
Di Maddalena Celano
Questo venerdì 15 novembre 2024 alle ore 18:30, il Salotto Letterario Musicale della Casa Russa a Roma, nell’ambito dell’Evento “La Poesia nell’Eden Perduto” ha presentato la silloge poetica “La Compagnia delle Oche” di Natalia A. Stepanova, “Ensemble Edizioni”.
Gli interventi critici sono stati di Flaminia Cruciani (poetessa, scrittrice, archeologa), Antonella A. Rizzo (poetessa, scrittrice, giornalista) e Matteo Chiavarone, Editore.
Tra i vari interventi letterari si è svolto anche il programma musicale eseguito da Elisaveta Smirnova, soprano, Giuseppe Rossi, pianoforte, con letture effettuate dall’attrice Natalia Simonova.
Natalia A. Stepanova, (Saratov, Russia) vive e lavora a Roma dal 1972. Ha pubblicato vari libri di poesia in lingua italiana, ricevendo diversi premi. Ha tradotto in lingua russa, in collaborazione con E. Vaghin, il romanzo di Barbara Alberti “Gelosa di Majakowskij”. Fa parte della giuria del Premio Internazionale “Pushkin”. Cura la rubrica “La Russia in versi” dell’edizione on line di “Russia Oggi”, progetto di “Russia Beyond the Headlines”. Con la casa Editrice Ensemble ha pubblicato anche “Degli horti romani” (2019).
Natalia A. Stepanova, ha raccontato il proprio processo creativo alla base del suo nuovo lavoro, sottolineando il forte legame tra la sua identità russa e l’esperienza vissuta in Italia.
Il pubblico ha particolarmente apprezzato l’esposizione dedicata alla simbologia mitologica e religiosa dell’oca nella tradizione russa ortodossa, simbolo di attenzione, candore e legame tra il terreno e il divino. Questo ha aggiunto una dimensione spirituale e culturale alla serata, trasformando l’evento in un momento di riflessione circa la nuova identità spirituale russa. La serata, impreziosita dalla riflessione sulla simbologia dell’oca nella tradizione mitologica e religiosa ortodossa russa, emblema di vigilanza, purezza e passaggio tra il terreno e il divino, è stata interpretata come filo conduttore della raccolta, rendendo l’evento non solo un momento letterario, ma anche un’occasione di approfondimento culturale. L’oca, figura centrale della raccolta, non è solo un animale, ma un simbolo polisemico profondamente radicato nella tradizione russa ortodossa: la connessione con il trascendente. Attraverso questa immagine, Stepanova crea un linguaggio poetico che evoca il legame tra il sacro e la vita quotidiana, sollecitando una riflessione sul nostro distacco dalla natura e dalle radici spirituali.
La poetessa non si limita a descrivere, ma scava nell’essenza delle emozioni: la gioia solitaria, il dolore intimo, la tensione tra il desiderio di protezione e la crudezza del vivere nelle “grandi città”. La terra, madre accogliente, diventa un rifugio per gli uomini, contrapposta a un mondo urbano alienante dove “gente amara” (una delle poesie riportate nella raccolta) perde la propria connessione con la sacralità della dimensione quotidiana.
La scrittura di Stepanova, ricca di metafore e intensità lirica, trasporta il lettore in un universo poetico che si nutre di tradizione, memoria e denuncia sociale.
“Gente amara”, un componimento profondo e universale, presente nella raccolta, esplora l’alienazione dell’essere umano moderno e il bisogno di riconnettersi con la dimensione essenziale di madre natura, offrendo . La poesia “Gente amara”, uno dei punti più intensi della raccolta, offre una visione lucida e dolente della condizione umana: “E dormono sotto la neve i fiori./Ma agli uomini (gente amara / delle grandi città: corpi / quattro pareti, paura della morte) / gli altri uomini di parvenza, /che credettero di essere Dei, / dissero che sono loro / i creatori dei corpi, e dei venti, / e delle piogge, e raccontarono / la fine del mondo, /e fecero vedere la morte, / e la gente amara ebbe paura.” Questi versi, nella loro essenzialità, catturano un senso di profonda inquietudine esistenziale. La “gente amara” delle città è presentata come prigioniera di una vita che si svolge tra quattro pareti, separata dalla natura e dalla spiritualità. Stepanova denuncia un mondo in cui gli uomini, “di parvenza”, si arrogano il ruolo di creatori, ma finiscono solo per alimentare paura e alienazione, scollegando l’essere umano dalle sue radici più autentiche.
La terra, invece, madre di “venti, piogge e radici”, diventa una figura salvifica che accoglie e protegge, un rifugio simbolico e spirituale. È nella natura che si ritrova il senso della vita, contrapposto all’aridità emotiva e morale delle grandi città. La neve che copre i fiori non rappresenta solo l’inverno, ma anche un momento di quiete e protezione, preludio alla rinascita.
Attraverso immagini poetiche di rara intensità, Stepanova invita il lettore a riflettere sulla disumanizzazione della società moderna e sulla necessità di riscoprire un legame con il mondo naturale. La sua scrittura, sospesa tra denuncia e lirismo, è capace di toccare corde profonde, parlando al tempo stesso all’individuo e all’umanità intera. La “Compagnia delle Oche” è un’opera di rara bellezza, da leggere e rileggere per coglierne ogni sfumatura. Non è solo una raccolta di poesie, ma un viaggio spirituale e culturale che ci ricorda l’importanza di tornare alla semplicità e alla sacralità della vita. Una lettura che, nella sua complessità e bellezza, si fa esperienza trasformativa.