15 Settembre 2025
Estate 2025: la crisi del turismo è quella del ceto medio
E’ possibile incidere sulle dinamiche e nei flussi delle preferenze dei turisti ma per farlo è necessario capire che è l’immagine dell’Italia come depositaria della storia artistica e culturale dell’ occidentale che va’ esportata.

Di Fulvio Rapanà
Come succede spesso i dibattiti in Italia hanno un fondo surreale soprattutto quando di mezzo ci sono i numeri, le statistiche che hanno una valenza più emozionale e culturale che scientifica. Sull’ andamento dell’industria turistica per il 2025 non ci sono ancora, e non credo che ci saranno, dati definitivi e certi perché la politica non li vuole e se dovessero arrivare fra qualche mese saranno sempre da “valutare” e non faranno più dibattito superati da altre discussioni surreali. Ma per chi come me è un po’ addentro all’industria turistica, almeno di quella pugliese, sa’ che già nel 2024 vi è stata una flessione consistente del turismo in Puglia tendenza che si ulteriormente accentuata quest’anno . Lo si verificava anche visivamente nelle zone più frequentate sia di Lecce che di Polignano dove non c’è stato quell’affollamento di turisti che solitamente si vedevano negli ultimi 20 anni. Molti winebar e ristorantini, presenti in zone frequentate, a pranzo e la sera dopo la mezzanotte erano chiusi o vuoti. I b&b hanno continuato a registrare per tutta l’estate meno prenotazioni a medio termine e più frequentemente vi è stata una richiesta per disponibilità due o tre giorni prima dell’arrivo segno che la vacanza non è più programmata da tempo ma decisa all’ultimo momento. Un cliente che ha un bellissimo b&b nell’ex ghetto ebraico a Lecce a ridosso di Santa Croce mi dice che fino a giugno non ha aperto per le poche prenotazioni e che per i mesi di giugno, luglio ed agosto ha registrato un calo del 30/40% delle presenze. I supermercati a ridosso del centro storico di Polignano di mattina sono pieni di avventori che acquistano alimenti tipici di chi si cucina il pranzo o la cena o entrambi nel locale affittato. La stessa cosa per quelli a ridosso del centro storico di Lecce. A Bari e a Taranto si continuano a vedere molti turisti in giro che arrivano dalle navi da crociera ma si tratta di turismo che economicamente conta poco in quanto è solo gente che gira e scatta foto ma non spende e non acquista merce se non aperitivi e cianfrusaglie prodotte in Cina. Flessione simile sulle “riviere”, termine trumpiano che va’ molto di moda, dove le chiacchiere hanno superato le aspettative turistiche. Il costo dell’offerta balneare, e purtroppo mi tocca difendere la categoria, è molto varia. A Marina di Pescoluse e Torre Vado, due spiagge che superano i caraibi per la bellezza della spiaggia e la limpidezza del mare, ho verificato personalmente che il prezzo di ombrellone e due lettini per l’intera giornata varia da 25/30€ a 200€ per un gazebo con il prezzo che è in relazione all’ampiezza dell’area utilizzabile ai beni e servizi inseriti nell’offerta ecc.. E comunque al di là delle teorie c’è la realtà di una ulteriore flessione, che i turisti sono meno e spendono meno e tutti si chiedono come mai . Per quello che posso dire ci sono fattori tipici del turismo, fattori economici nazionali e fattori macroeconomici globali .
Fattori tipici del turismo
Sulle scelte delle mete turistiche le preferenze sono cicliche e hanno una natura emozionale, dopo 10 anni che si va in un posto spesso si preferisce cambiare destinazione per nuove conoscenze e sensazioni . Quaranta anni fa’ andavano di moda la Grecia e la Sardegna poi la Croazia e il Salento ora si è ritornati in Grecia e si va in Albania. Leggevo che le Cinque Terre hanno registrato un calo del 40%. Il governo per smentire che anche l’industria turistica non va bene afferma che “molto turismo si è trasferito in montagna e che comunque i flussi si sono diluiti in 6 mesi da aprile a ottobre”. E’ una opinione politica non confermata da alcun dato reale. Le truffe sono aumentate notevolmente perché gli amministratori locali non controllano che l’offerta turistica sia gestita e pubblicizzata in modo corretto. I turisti non votano!. Ma scrivono recensioni . Anche gli operatori hanno colpe. Non si rendono conto che senza volerlo le loro attività sono inserite in circuiti, come Tripadvisor o Trustpilot , che ne misurano l’eccellenza o meno a livello mondiale, per cui anche un nord coreano in un minuto ha le informazioni per decide se usufruirne o meno di un certo locale. Il turismo attuale non gradisce più il trasandato e raccogliticcio, dove le stesse sedie e i medesi i tavolini da almeno 10 anni non fa più snob o pittoresco ma sa di recessione e arretratezza . I turisti sono pure stanchi dei soliti menù e della bassa qualità dell’offerta anche in ristoranti molto pubblicizzati dove, per esempio, non c’è un solo dipendente che capisca un minimo di vino e che su richiesta possa dare un consiglio!!. Gli operatori non possono più pensare di lavorare per 3 o 4 mesi e tutto il resto dell’anno vivere di rendita. La famiglia proprietaria della pensione Arno a Cattolica, che ancora esiste, dove negli anni ’70 alloggiavo nei fine settimana, per 800 lire al giorno, finita la stagione estiva andavano in montagna per lavorare a stipendio presso hotel e pensioni . Altro che Caraibi!!.
Fattori politici ed economici
Sul deficit del turismo incidono fattori politici ed economici strutturali nazionali . Lo stato italiano è una idrovora che assorbe la gran parte delle risorse economiche della società. In cima c’è il costo dell’energia, che condiziona i prezzi di tutti i beni e servizi, che è altissimo in quanto lo stato si prende, tra spese accessorie, tasse, accise e l’iva, il 70%. Qualche mese fa’ il governo ha “rimodulato” l’accisa sul gasolio, aumentata dell’1%, “c’è l’ha ordinato l’Europa” ma il gettito lo incassa il nostro Ministero delle Finanze. L’energia è al centro dei costi di tutti i settori economici e quindi lo stato è al centro di tutti i costi. Ma l’elemento che incide maggiormente nel deficit di turismo nazionale sono certamente i bassi salari, che affliggono sempre più il ceto medio, che negli ultimi 20 anni sono andati sempre più perdendo potere d’acquisto soprattutto in relazione ai costi degli alimentari e dell’energia che sono saliti in soli 6 anni del 30%. A questo si somma quella flessibilità di cui si è tanto parlato come una svolta moderna alla rigidità del vecchio lavoro ma che in Italia significa principalmente precarietà . La finti governi di sinistra di Prodi, Renzi, Gentiloni, Letta sono stati quelli più colpevoli per avere favorito questa situazione di più precarietà, più flessibilità e minore reddito. Si diceva che aumentare la flessibilità diminuendo l’incidenza della contrattazione collettiva, che determina la base salariale, si sarebbe favorita la contrattazione di secondo/terzo livello che avrebbe aggiunto ulteriore reddito in base alle esigenze dell’azienda e alle capacità del lavoratore. Chiacchiere. La capacità di incidere nella contrattazione con il datore di lavoro è in relazione con la mobilità della forza lavoro che non c’è perché ne mancano i presupposti sociali. Chi deve spostarsi per lavorare preferisce andare all’estero dove ci saranno pure difficoltà sociali ma saranno affrontate con redditi che sono il doppio o il triplo di quelli che percepirebbe anche nelle migliori zone economiche italiane. Con redditi più alti e aliquote di imposte dirette più basse il lavoratore ha le risorse per pagarsi una assicurazione sanitaria con cui è in grado entro poche ore di farsi curare. In Francia e Germania non esistono liste di attesa “annuali”. Nel mondo delle banche, che conosco meglio, non esistono più i ruoli e non esistono più le deleghe. Il famoso direttore di banca, che normalmente era un funzionario, non esiste più al suo posto viene messo un impiegato “facente funzione” che deve solo gestire l’ordinaria amministrazione della filiale. Non ha alcuna delega, non conta niente e guadagna in busta paga 100€ in più di indennità. La crisi economica e di identità del ceto medio salariato si sta estendendo anche alle attività professionali se oramai sono 10 anni che vi sono più cancellazione che iscrizioni agli albi.
Fattori macroeconomici
Nelle campagne elettorali, compreso l’ultima americana, tanto si chiacchiera di voler favorire soluzioni che pongano un freno al declino del ceto-medio ma poi si approva la “bellissima riforma ” fiscale di Trump che toglie a tutti per dare a pochi ricchi o la flat tax di Salvini-Meloni che avvantaggia i redditi alti. In tutto l’occidente le rendite e le attività speculative sono tassate molto meno dei redditi da lavoro contribuendo in modo decisivo alla deindustrializzazione soprattutto negli degli Stati Unti. Il capitale non va più a investire in imprese, che sono sempre a rischio e se mai ben tassate, se un fondo equity ti paga il 7,l’8 o il 10% netto sul capitale con poche tasse e pochi rischi. La finanziarizzazione del sistema bancario americano partito da Regan ma certificato da Clinton ha favorito la nascita e la crescita mostruosa delle banche d’affari che stanno fagocitando come buchi neri le attività produttive e manufatturiere. Le banche commerciali che anche in Italia raccoglievano i risparmi e finanziavano le attività produttive in quello che nel dopoguerra era il patto sociale fra imprese e dipendenti non esistono più.
Cosa fare
Sull’impoverimento del ceto medio italiano possiamo fare poco e non è certamente questo governo che dare una svolta perché dipendiamo da ciò che ci arriva dagli Stati Uniti dove sono divenuti prevalenti i fattori raziale ed esterno che Trump sintetizzava in campagna elettorale “stiamo diventando più poveri perché i migranti lavorano per pochi soldi e perché l’Europa e i nostri alleati hanno vissuto in sicurezza alle nostre spalle”. E’ evidente che se gli americani, che sono vissuti per 70 anni oltre le loro possibilità , sfruttando due terzi delle risorse del pianeta, danno la colpa del loro declino “agli altri” vuole dire che stanno alla frutta e che la loro storia non finirà bene. Ma di questo ho scritto in altri articoli. Dove ritengo si possa fare moltissimo è proprio sul fattore turistico in cui siamo totalmente i padroni del nostro destino. Che l’Italia sia solo al quinto posto come flussi turistici mondiali è la certificazione del fallimento e dell’incapacità della politica e dell’imprenditoria nella gestione di questa industria che usufruisce, nostro mal grado, del 50% del patrimonio mondiale artistico e culturale e una varietà nell’offerta fra mare, montagna, città d’arte e enogastronomia superiore a qualsiasi altra nazione al mondo. L’industria turistica dovrebbe essere al primo posto degli interessi di qualsiasi governo e affidata ai migliori professionisti di cui disponiamo o, se non ne abbiamo, anche di operatori che vengono da fuori. Guardavo la Notte della Taranta e pensavo di quanto sarebbe significativo far divenire itinerante uno spettacolo così affascinante e intrigante che invece è relegato a pochi giorni e poche manifestazioni sempre molto locali. Non esite un’offerta museale e artistica del Salento che è pieno zeppo di luoghi e opere di interesse storico spesso abbandonato o mal gestito e che dovrebbe essere ristrutturato e riorganizzato in una offerta turistica, mare, arte e cibo e folklore, da far conoscere in tutto il mondo per attrarre turismo. Si può cambiare la realtà socio-economica di un territorio. Quando ero all’Università di Perugia l’Umbria era una regione con una economia prevalentemente industriale il turismo era solo di origine religiosa a concentrato su pochi luoghi come Assisi o Gubbio. Ora in Umbria di fabbriche c’è ne sono poche ma l’offerta turistica ed enogastronomica è cresciuta enormemente portando vera e duratura ricchezza diffusa su tutto il territorio. E’ possibile incidere sulle dinamiche e nei flussi delle preferenze dei turisti ma per farlo è necessario capire che è l’immagine dell’Italia come depositaria della storia artistica e culturale dell’ occidentale che va’ esportata. Per farlo è quindi necessario progettare, finanziare e realizzare un’offerta così come una impresa confeziona un prodotto da esportare in tutto il mondo ma anche da gestire al meglio in relazione alle aspettative che si creano e alle tendenze sempre variabili nei gusti e nelle preferenze del turismo. Si può fare: si, sapremo farlo?: si?. Auguri!!.
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