Inchiesta
Elisabetta Ciabani, un delitto all’ombra del mostro di Firenze?
Una ragazza come tante, morta in maniera atroce. Parliamo di Elisabetta Ciabani, morta il 22 agosto 1982 nel Residence Baia Saracena a Sampieri di Scicli, provincia di Ragusa
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Una ragazza come tante, morta in maniera atroce. Parliamo di Elisabetta Ciabani, morta il 22 agosto 1982 nel Residence Baia Saracena a Sampieri di Scicli, provincia di Ragusa. Elisabetta vive a Firenze con sua madre e sua sorella maggiore. Il padre è morto nel 1981. Studia Architettura. Alterna studio e qualche lavoro saltuario. Una ragazza appunto come tante, con il suo ristretto giro di amicizie. Una vita tranquilla, lontana da pericoli e minacce. A dirla tutta però la vita di Elisabetta incrocia la morte violenta. Si, perché Elisabetta è amica di Susanna Cambi, uccisa il 23 ottobre 1981 dal mostro di Firenze. Il 1981 è un anno terribile per Elisabetta, muore il padre e una sua amica. Ha bisogno di staccare, di ricaricarsi di energie. Niente di meglio di una vacanza. Vacanza di 4 settimane nell’agosto del 1982 a Sampieri di Scicli. Una lunga vacanza. Elisabetta non parte sola, è in compagnia della sorella, del fidanzato della sorella e di una anziana parente. La vacanza scorre tranquilla. Elisabetta appare serena. La sera del 21 agosto Elisabetta compra un coltello da cucina, poi torna in camera e passa il resto della serata a parlare con la sua parente. Mentre parla Elisabetta si mette lo smalto rosso sulle unghie seduta sul letto. Qualche goccia di smalto macchia il lenzuolo. L’anziana parente consiglia Elisabetta di smacchiare il lenzuolo usando prima un po’ di acetone e poi lavandolo. La ragazza accetta il consiglio e va a dormire. La mattina del 22 agosto Elisabetta si sveglia presto. Consuma la colazione, poi prende lenzuolo e bottiglietta di acetone, sale le scale e arriva al terrazzo dove si trova il locale uso lavatoio provvisto di lavatrice. Nonostante sia presto è già abbastanza caldo. Elisabetta entra nel lavatoio. Si toglie la maglietta , ha paura di macchiarla con l’acetone. Rimane in costume. Esce quindi dal lavatoio e sul davanzale del terrazzo stende il lenzuolo che bagna con l’acetone. Rientra poi nel lavatoio per mettere il lenzuolo in lavatrice. Un trenta minuti dopo una inquilina del residence trova Elisabetta nel lavatoio in una pozza di sangue, morta. Il corpo presenta le seguenti ferite da arma da taglio: larga ferita alla parete addominale con direzione dall’alto verso il basso; tre ferite poco profonde sempre all’addome; ferita al torace con penetrazione della lama tra le costole ,con perforazione di cuore e polmone; ferita al braccio sinistro. Presenti anche tumefazioni in zona pubica e alla coscia sinistra. L’arma usata è il coltello comprato la sera prima da Elisabetta. Sul manico non sono presenti impronte digitali. Gli investigatori stabiliscono che Elisabetta si sia suicidata. Sinceramente è poco credibile. Come poco credibile appare un collegamento con il mostro di Firenze. Le persone si suicidano nelle maniere più impensabili, questo è vero. Ma risulta difficile credere che Elisabetta possa aprirsi lo stomaco con una coltellata e poi far passare la lama, con un solo colpo, tra le costole perforando il cuore. Inoltre sembra che Elisabetta abbia comprato il coltello a lama larga per stendere la crema per depilarsi. Poco credibile anche che abbia l’accortezza di smacchiare il lenzuolo per poi massacrarsi di coltellate. Perché poi il mostro di Firenze doveva muoversi, di giorno, in un luogo che non conosceva ? Comunque non è mai stato provato alcun collegamento tra le due vicende. Elisabetta era una bella ragazza, si trovava sola e in costume da bagno. Non possiamo escludere che sia diventata oggetto delle attenzioni di qualche malintenzionato che ha tentato un approccio sessuale. Un controllo approfondito di tutte le persone presenti , a vario titolo, nel residence potrebbe dare ancora dei frutti. Si dice spesso che un crimine irrisolto è una storia che aspetta che qualcuno scriva il finale, invece un omicidio irrisolto è come un libro che non si è voluto o saputo leggere fino alla fine. Sarebbe doveroso ricominciare la lettura della vicenda di Elisabetta Ciabani, questa volta arrivando fino alla fine.
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