Cultura
NICHI VENDOLA CI RACCONTA “PATRIE”
“Patrie” è il nuovo lavoro dedicato alla poesia di Nichi Vendola.
Nichi Vendola ci racconta la sua raccolta di poesie “Patrie” pubblicato da il Saggiatore.
In questi anni lo abbiamo conosciuto per essere stato il Presidente della Regione Puglia e parlamentare della Repubblica.
È un uomo del Sud coraggioso che spinto da una grande passione per la buona politica con dedizione, con competenza, con preparazione e con impegno ha saputo far rinascere la Puglia e renderla una bellissima terra fertile e generosa di artisti e di poeti, di creativi e di “bollenti spiriti”, divenendo una delle regioni più amate nel mondo.
Nichi Vendola si dedica non solo all’ attività politica ma anche alla scrittura e alla poesia.
Tra le sue opere ricordiamo : “Ultimo mare” (Manni, 2011), e “Vestire gli ignudi, seppellire i morti” (Marcianum Press, 2016).
“Patrie” è il suo ultimo lavoro.
È un viaggio nell’ anima di Nichi, negli ideali, nelle sue esperienze, nella sua terra, nella sua sensibilità di politico e di uomo, nelle sue “Patrie” in cui emozionarsi e lasciarci travolgere dalla sua penna autentica che racconta il nostro tempo e la nostra storia.
“Patrie” a chi è ispirato?
“A tutte le meravigliose creature che hanno arricchito la mia vita, a tutte le persone che ho amato e che amerò sempre.”
Tre aggettivi per descrivere il suo libro.
“Autentico, eretico, dolente.”
Nel libro c’ è molto della sua terra come si nota nella poesia dedicata al Salento.
Da quali aspetti è affascinato delle terre di Puglia e di cosa non può farne a meno?
“Amo i colori, i sapori, gli odori, le storie, le leggende, le musiche, le campagne, il mare, i castelli, le torri, i campanili, amo tutta la bellezza molteplice della mia terra. Amo il Sud, non amo il sudismo, detesto la retorica del lamento, non sopporto la convivenza culturale con i codici delle mafie, con l’omertà, con il ‘farsi i fatti propri’.”
Sfogliando le pagine di “Patrie” c’ è un riferimento a Sarajevo.
Come ha vissuto quest’ esperienza e c’ è un aneddoto che vorrebbe raccontare su don Tonino Bello?
“Esperienza durissima, la guerra vista da vicino fa schifo, è molto meno eroica e cinematografica di quella che possiamo immaginare, è un gigantesco mercato di miserie e crudeltà, è la dittatura di un mondo capovolto. Don Tonino Bello, già assediato dalle metastasi del suo cancro, volle rompere il formalismo dei protocolli diplomatici e partì con la sua ‘Onu dei poveri’ verso la povera martoriata Sarajevo, attraversando i Balcani in fiamme. Per portare un gesto di pace e fraternità. Partì il giorno dell’Immacolata del 1992. Io, sulle sue orme, partii a Natale dello stesso anno e in Bosnia sentii la puzza orribile di una guerra fratricida.”
Nella sua raccolta poetica affronta il dramma della violenza sulle donne come è accaduta a Paola Labriola, psichiatra.
Al riguardo, cosa bisogna fare concretamente per combattere il male del nostro tempo ed educare alla non violenza?
“Occorre un radicale cambio di mentalità, direi una conversione culturale, per liberarsi da secoli di parole sbagliate con cui abbiamo edificato un immaginario orrendo: le donne non sono prede per l’attività venatoria di maschi-cacciatori, la differenza femminile non è un minor valore che subordina la donna al potere maschile, la libertà femminile non è un oltraggio perché gli uomini non sono i proprietari delle donne. Ho indicato solo dei titoli: ma il lavoro da fare è tanto.”
C’ è una poesia di “Patrie” a cui è particolarmente legato?
“La poesia in cui racconto la morte di mia madre, si chiama ‘Quando lei’.”
Un motivo per leggere “Patrie”.
“Beh, io non lo so dire: magari ti sono antipatico e allora leggimi per criticarmi. Oppure leggimi per scoprirmi. Oppure non leggermi e amici come prima.”
Quali sono i suoi poeti di riferimento e c’ è un poeta a cui si ispira?
“Pasolini, Rocco Scotellaro, Sandro Penna, Dario Bellezza. Ma anche i grandi poeti di lingua spagnola come Lorca o Neruda. Il pugliese che amo di più e che per me è un vero riferimento è Vittorio Bodini.”
Durante la sua carriera ha vissuto l’ esperienza di essere il Presidente della Regione Puglia per molti anni. Come ha trovato all’ inizio
dell’ incarico la Regione e quali sono stati gli aspetti fondamentali della “primavera pugliese” ?
“Ho trovato una Puglia ingessata e congelata, un regione senza racconto e senza una precisa vocazione. Io ho provato a scongelare questa terra che era sconosciuta nel mondo, l’ho messa in connessione con i luoghi della modernità, l’ho spinta a investire in cultura, ne ho riorganizzato la macchina burocratica, le ho dato coraggio chiamando energie giovani e innovative a costruire la narrazione della ‘primavera pugliese’. E poi attorno a me ho convocato nella squadra di governo le migliori energie intellettuali e morali della Puglia: e credo che abbia funzionato.”
Di cosa oggi ha bisogno la Puglia?
“La Puglia ha bisogno di buona politica, che significa soprattutto capacità di progettare il futuro nel segno della giustizia sociale e dei diritti.”
Tra pochi giorni vivremo le festività natalizie. Un augurio ai suoi lettori e alle sue “Patrie”.
“Auguro a tutti la forza di non convivere con la disumanità, con la violenza, con la menzogna, con l’ indifferenza. Auguro a tutti il coraggio di cercare la bellezza: nell’amicizia, nella cultura, nella memoria, nella coscienza, nella fraternità, nella cura del bene comune.”
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Ph. di Maria del Rosso, scattata in occasione della presentazione del libro “Patrie” presso la libreria Luna di Sabbia a Trani.
Maria del Rosso