Attualità
Lo stato (e le sue istituzioni) è stato il mandante!
La storia di Adelina Adeluna (all’anagrafe Alma Sejdini), nata a Durazzo (Albania) nel 1974, è una storia di eroismo tragico, quanto inumano e solitario.
Il tragico epilogo dell’eroina anti-tratta Adelina Adeluna
Articolo e foto di Maddalena Celano
La storia di Adelina Adeluna (all’anagrafe Alma Sejdini), nata a Durazzo (Albania) nel 1974, è una storia di eroismo tragico, quanto inumano e solitario. La conobbi, per la prima volta, nel 2015. Successivamente, la incontrai nel 2016 e nel 2017. La vidi, l’ ultima volta, nel febbraio 2017 a Roma, nei pressi degli Studi RAI, prima di rilasciare l’ennesima intervista alla TV di stato. Conservai, per lungo tempo, con lei, una fitta corrispondenza in cui si evidenziava, spesso, la sua profonda solitudine e il lassismo (o l’ eccessiva burocrazia) delle istituzioni che ignoravano i suoi numerosi appelli e le sue frequenti mobilitazioni. Un eroismo che, malauguratamente, non ha incontrato un lieto fine. Adelina (come amava farsi chiamare) è un’ex vittima di tratta di origini greco-albanesi che fece, della lotta al racket della prostituzione, la sua principale ragione di vita.
Venne rapita da minorenne, quando aveva ancora 17 anni. Ma fu liberata, dalla sua inumana condizione, solo nel 1998, grazie alla sua tenace volontà di denunciare i suoi aguzzini. Liberò dalla schiavitù della tratta un’altra decina di donne, denunciando i suoi vessatori e non temendo le frequenti minacce di morte a cui era sottoposta. Le sue dichiarazioni consentirono una brillante operazione della Questura di Varese che terminò in trentasei arresti totali per induzione e sfruttamento della prostituzione, riduzione in schiavitù e traffico di esseri umani. Subito dopo la denuncia e la sua liberazione, non potè più tornare in Albania: non solo sopportando torture, sequestri e tratta, Adelina è passata di padrone in padrone patendo sulla propria pelle il crimine del traffico di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione, fenomeno secondo gli ultimi dati in crescita anche in Italia.
In Europa e in Italia si parla molto di diritti dei minori ma la triste realtà è che solo nel nostro paese attualmente ci sono 189.600 persone vittime di schiavitù e sfruttamento, tra cui un’alta percentuale di minorenni.
Un articolo, pubblicato su Agoravox (su internet: http://www.agoravox.it/Tratta-di-esseri-umani-2o-business.html) afferma che all’Europol, l’Ufficio di Polizia europeo, nel 2015 risultano entrati in Europa oltre 10 mila minori che sono poi scomparsi, di cui 6.135 soltanto in Italia.
Continua l’ articolo:
“nel 2016, secondo il rapporto del Ministero dell’Interno, in Italia sono entrati 25.846 minori non accompagnati. Il dato più agghiacciante lo cita il documento, “Grandi speranze alla deriva”, dove si denuncia che solo nei primi sei mesi del 2016 si sono perse le tracce di 5.222 di questi minori. I piccoli spariscono perché vogliono “continuare il loro viaggio” con l’obiettivo di raggiungere “altri paesi europei”, afferma il rapporto, ma si teme che quasi la metà di loro finisca nelle mani delle reti criminali, per essere poi sfruttati in vario modo.
Sempre in Italia i dati indicano 112.000 ragazze avviate alla prostituzione, di cui oltre 37.000 risultano minorenni; numeri possibili perché in Italia c’è tanta richiesta, ovvero tanti italiani adulti che pagano per andare con minorenni poco più che bambine. Tutto questo avviene quotidianamente sotto i nostri occhi, eppure di ciò poco o nulla si parla.
Dietro ad ognuna di queste ragazzine avviate alla prostituzione si celano storie raccapriccianti; basta andare in strada come volontari, nelle periferie dimenticate di tante città italiane per leggerle sui loro volti, nei loro sguardi, nei loro prolungati silenzi.
In Italia purtroppo manca ancora una legge seria che possa quanto meno gettare le basi e fornire gli strumenti di modo per prevenire e liberare migliaia di donne, uomini e bambini vittime di una vera e propria schiavitù, di violenze, di degrado e di miseria umana. Una legge sul modello dei paesi scandinavi, che di recente sulla stessa base è stata approvata anche in Francia, una legge che vuole, sull’esperienza di altre legislazioni europee, punire il cliente come complice dello sfruttamento sessuale, per togliere così alle organizzazioni criminali la fonte di guadagno e per combattere lo sfruttamento di persone vulnerabili, colpire la domanda per contrastare le conseguenze devastanti che la prostituzione crea. Le ragazze che oggi arrivano sulle nostre strade, tramite le reti criminali hanno 15 o 16 anni, in qualche caso 13 o 14…”. Come si fa a parlare di ‘libera scelta’?
Le donne che si prostituiscono arrivano da ambienti familiari e sociali degradati, hanno alle spalle storie di povertà, violenza e abusi. Non può esistere nessuna libertà in un comportamento che nasce da una catena di sopraffazioni e miseria”.
Indubbiamente si tratta di un tema molto articolato e per affrontarlo è necessaria la creazione, in Italia ed Europa, di un forte movimento trasversale, sociale, culturale e politico, che riesca a comunicare, sensibilizzare e al tempo stesso fare pressioni per l’approvazione di una legge nazionale che realmente tuteli donne, uomini e bambini, aiutandoli a liberarsi in generale dallo sfruttamento e in particolare dalla schiavitù della tratta.
È quello che ha fatto Adelina, in tutti questi anni, quando, spostandosi di città in città, provava ad incontrare donne e uomini di varie organizzazioni sociali e civili per promuovere azioni positive sul territorio.
È quello che ha fatto Adelina quando, spostandosi di città in città, con una piccola telecamera nascosta, girò diverse video-inchieste che attestano e testimoniano il degrado e l’inumanità del fenomeno prostituente.
Adelina ha realizzato tutto questo esclusivamente con le sue sole forze, non avendo mai ricevuto adeguato supporto e sostegno da alcuna istituzione o organizzazione.
Recentemente ha dovuto affrontare un’altra tragica odissea: quella del tumore al seno diagnosticatole nella primavera del 2019 e divenuto, successivamente, metastatico. Malgrado il determinante aiuto fornito alle forze dell’ordine italiane per fermare lo sfruttamento sessuale di tante donne, come lei, Adelina 113 (questo è stato, per lungo tempo, il suo ‘nome d’arte’) è stata costretta a vivere nella miseria, senza la forza economica essenziale per affrontare le dure cure oncologiche.
Non le fu riconosciuta la cittadinanza italiana, condizione necessaria affinché l’Inps possa concedere adeguati sussidi economici, una pensione e l’accompagnamento di cui lei, ammalata di un grave cancro, aveva diritto e disperato bisogno.
Qui, di seguito, troverete il disperato appello, al Presidente della Repubblica, on. Sergio Mattarela, per la soluzione del “caso Adelina Adeluna”.
Al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
OGGETTO: Alma Sejdini – Nazionalità XXX
Signor Presidente, Le scriviamo per sottoporLe con urgenza la situazione di Alma Sejdini. La storia di Alma è ben conosciuta alla cronaca, con il nome Adelina 113, una donna simbolo di legalità e coraggio per il suo attivismo nella lotta al traffico di esseri umani di donne e minori costrette alla prostituzione.
Certe di poter contare sulla sua indiscussa fedeltà alla nostra Costituzione in merito ai diritti umani, fondati sui principi di solidarietà politica, economica e sociale, veniamo a chiederLe di fare tutto quello che è in suo potere e nel più breve tempo possibile, al fine che ad Alma Sejdini sia data la Cittadinanza Italiana, e possa così finalmente vedere rispettati i suoi diritti (ma non solo), anche riconosciuti i suoi meriti.
Prima di farLe una sintesi della storia di Alma Sejdini, dobbiamo ricordarLe che già nel 2018, Alma Sejdini fece un accorato appello, sia attraverso i media che in via ufficiale, al Ministero dell’Interno e a Lei Presidente, e proprio dal suo Ufficio fece seguito una lettera di risposta, che alleghiamo, che pareva desse speranza di una pronta soluzione, in seguito poi rimasta elusa.
Così, non possiamo non informaLa, di quanta amarezza e disperazione, Alma abbia sentito e sopportato in questi ultimi due anni di silenzio e indifferenza, e abbia incassato ulteriore dolore nel riscontrare, nel frattempo, le innumerevoli onorificenze, premiazioni, riconoscimenti (2018/2019), rilasciate dallo Stato Italiano, che per nulla togliere ai meriti per ognuna delle persone meritevoli, hanno duramente sottolineato l’ulteriore senso di abbandono nei suoi confronti.
Alma Sejdini nasce a Durazzo in Albania, il 14 luglio 1974. Arriva in Italia nel 1996, dopo essere stata rapita, stuprata in gruppo per settimane, sottoposta a disumane torture sessuali per essere iniziata alla prostituzione coatta. Portata in Italia su un gommone viene venduta al racket e schiavizzata, costretta a prostituirsi sui marciapiedi, in diverse città italiane.
Dopo circa quattro anni di schiavitù, nella città di Varese, trova il coraggio di ribellarsi e chiede aiuto facendo il numero 113. Da quel momento, Alma Sejdini, diventa Adelina 113, e la sua stretta collaborazione con le forze dell’ordine permette alle stesse di fermare il racket locale, arrestando una quarantina di sfruttatori, tutti condannati successivamente con 15/20 anni di carcere.
Ma l’impegno di Adelina è stato, da allora, costante, quotidiano, e la sua esperienza di vita, la sua conoscenza delle metodologie di reclutamento, sia di violenza, sia di sfruttamento, ha permesso di salvare molte donne su tutto il territorio nazionale e a contribuire attraverso le sue competenze a sensibilizzare in merito al traffico di esseri umani che porta migliaia di donne in cerca di una vita migliore, ad essere prostituite e a diventare schiave sessuali. Adelina non solo si è battuta per contrastare la tratta, ma si è impegnata per la dignità di tutte le donne, contro l’omertà e la collusione sociale che spesso si riscontra nel tema della prostituzione.
Per quasi vent’anni Adelina ha collaborato con le Forze dell’Ordine, le Procure, innumerevoli Associazioni; ha partecipato ad iniziative, convegni, dibattiti ed è stata voce e immagine per diverse campagne di sensibilizzazione; ha scritto libri, ha collaborato con canali radio, giornali nazionali e partecipato a diverse trasmissioni televisive.
Per ultimo, ma per primo, ha portato la sua voce in diverse occasioni al Senato e, nonostante le sue condizioni, molto recentemente, a ottobre di quest’anno, ha parlato al Senato, in qualità di esperta sul fenomeno della prostituzione, per la Prima commissione, Affari Costituzionali. È sconcertante, Signor Presidente, che in tutti questi anni, nonostante l’attivismo di Adelina, nessuno si sia mosso al fine di darle quel minimo di riconoscimento, quale la tranquillità di esistere per lo Stato al quale ci si presta. Eppure, è chiaramente palese che l’impegno di Adelina non è e non può passare inosservato.
Ma ancora oggi, dicembre 2019, i documenti di Adelina sono una condanna esistenziale: Cittadinanza XXX e certamente, Signor Presidente, Lei sa cosa possano significare in termini di vita, salute, lavoro, futuro, quelle tre XXX. Certamente nulla che possa abbracciare la nostra Costituzione. Nella primavera ad Adelina viene riscontrato un tumore al seno. I mesi di attesa per il rinnovo del permesso provvisorio hanno portato a quel drammatico ritardo nelle cure, che ha aggravato notevolmente la situazione arrivando ad oggi a un tumore metastatico. Adelina vive a Pavia, in una stanza, concessa dalla Curia, ed è al settimo mese di chemioterapia e, per quanto riguarda la sua malattia, sono in programma ad oltranza altri cicli di chemio per i prossimi mesi del nuovo anno.
In questo momento drammatico, non ha nessuno vicino, nessuno che l’accudisca, che si prenda cura di lei e, per colpa di quelle XXX, l’Inps, pur riconoscendo la sua invalidità al 100%, non le riconosce una pensione e un accompagnamento, che seppure non le permetterebbe l’autonomia totale, quantomeno potrebbe coprire quel minimo di necessità indispensabile.
Signor Presidente, Adelina è oggi.
L’aiuto era doveroso e fondamentale e sarebbe dovuto arrivarle subito, non tra mesi, non tra tre anni…
Eppure Adelina è stata lasciata, per l’ ennesima volta, sola dalle istituzioni: senza supporto di alcun genere. Non si è parlato neanche di supporto umano.
Fino al suo tragico epilogo.
Sempre più sola, malata e depressa, si reca il sabato 06/11/2021 a Roma.
La sera dello stesso giorno, nel freddo e sotto una pioggia torrenziale, si getta da ponte Garibaldi, morendo sul colpo.
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