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Luca Anacoreta: ” in Italia non si da il giusto valore agli sport di nicchia”

Intervistiamo il vice campione europeo di Brazilian Jiu Jitsu

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DI FABRIZIO RESTA

Credit foto: gentile concessione di Luca Anacoreta

Ciao Luca, benvenuto su ilsudest.it, ti ringrazio in anticipo per il tempo dedicatoci e senza perder troppo tempo ti chiedo da subito com’è nata la tua passione per il BJJ.

Ciao grazie a voi per l’opportunità, la passione per il Jiu Jitsu è nata quando avevo 16 anni nel 2006 e mio fratello appena tornato da una vacanza in Brasile, dove provò per la prima volta questa disciplina mi portò con sé in una palestra a Roma.

Chiunque si dedica ad uno sport ha un campione a cui si ispira. Qual’è il tuo o per quale motivo?

In realtà non è ho solo uno ma se devo citarne uno nell’ambiente del Jiu Jitsu direi Fernando Augusto “Terere” un pluricampione mondiale, che ho avuto la fortuna di conoscere e stringerci un amicizia che va avanti tutt’ora.

Il ricordo più bello che hai nel bjj e quello meno bello?

Il più bello probabilmente è stato quello di vincere il primo Europeo, il meno bello quello di perdere una finale Mondiale per decisione arbitrale.

Per ogni sportivo curare l’alimentazione è una cosa importantissima quanto l’allenamento. Tu ad un certo punto hai deciso di diventare vegano. Cosa ti ha spinto a questa scelta?

Inizialmente perché vedevo un mio amico e rivale Norvegese riuscire a rientrare nella divisione di peso facilmente grazie ad una dieta vegana, quindi una parte prettamente agonistica e salutare, ora invece lo è diventata soprattutto per il rispetto e l’amore che ho per il mondo animale.

Come vivono i campioni durante il Covid. Qual è stata la tua esperienza?

Deprimente perché per me non è solo sport ma è anche il mio lavoro, quindi dal nulla mi è stato tolto tutto.

BJJ in Italia: quanto siamo lontani dai paesi di “prima fascia” e cosa manca per colmare questo gap?

Abbiamo tutte le carte per poter essere tra le nazioni migliori ma in Italia non si da il giusto valore agli sport di nicchia come il nostro e per molti atleti poter allenarsi e gareggiare non è possibile a causa dell’assenza totale di supporti economici.

A livello di competizioni, e di atleti,cosa è cambiato a livello italiano ,da quando iniziasti tu, ad oggi?

Una volta facevamo a gara per essere i migliori e sfidare i migliori, oggi si fa a gara per fingere di essere i migliori a causa dei social che ci hanno dato molto ma tolto altrettanto.
Veramente pochi hanno la vera fame e la vera voglia di arrivare.

Tu ti sei allenato al Atos di Andrè Galvao, ora sei anche insegnante. Quali sono gli errori che cerchi di correggere sin dall’inizio?

Si è stata un esperienza unica che mi ha fatto crescere moltissimo come atleta e mi ha fatto vedere molti errori che commettevamo come insegnanti.
Come per esempio dividere le classi per livello.

Cosa conta maggiormente nel tuo sport: la fisicità, la tecnica o le qualità mentali?

Sono tutti e 3 requisiti fondamentali ma la più importante in assoluto è la mentalità.

Il tuo prossimo obiettivo?

Polaris Squads Team Europe vs Team Usa che si svolgerà a Londra con data da confermare. E aprire una seconda filiale insieme a mio fratello Fabio.
Vi ringrazio nuovamente per l’intervista un saluto a tutti i lettori di Sudest.


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Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo