Inchiesta
Aree di crisi nel mondo 8-3-2019
di STEFANO ORSI
Oggi è l’8 marzo per cui ne approfitto per fare i miei migliori auguri a tutte le lettrici e le redattrici del giornale, buona Festa della Donna e grazie di sopportarci sempre.
Aree di crisi nel mondo
Affronteremo oggi quegli scenari che in questa settimana hanno presentato alcune novità di rilievo.
Iniziamo innanzitutto con il Venezuela che più di ogni altro presenta le caratteristiche tipo per destare giustificate preoccupazioni per una escalation esponenziale che può portare ad una guerra civile nel Paese.
Vediamo cosa è successo in questi giorni.
Caracas
Dopo il fallito primo tempo del golpe richiesto e voluto dagli USA, il loro drone radiocomandato Guaidò ha fatto ritorno nel Paese che, a detta sua, sarebbe governato dal “sanguinario dittatore “Maduro, chissà che sorte lo ha atteso all’aeroporto se di dittatore vero si tratta…
Non è successo nulla Guaidò tranquilli, è arrivato all’aeroporto e è andato a casa sua sempre da libero cittadino, magari con seri problemi di narcisismo, ma pur sempre libero, ad attenderlo qualche centinaio di fans, ben motivati finanziariamente che lo hanno accompagnato.
In seguito è ricominciata la solita manfrina con la richiesta di inasprimento delle sanzioni verso il suo Paese, anche se si è dimenticato di aver pubblicamente detto che non era vero che queste ci fossero e che causino enormi e devastanti danni economici per il Paese, e vera causa della precarietà delle finanze del Paese.
Se dovessi elencare i reati che quest’uomo sta commettendo quotidianamente ce ne sarebbe dall’istigazione alla diserzione, rivolta all’esercito, all’alto tradimento, chiedendo a gran voce l’invasione militare del suo Paese. In poche parole Juan Guaidò in qualunque delle nostre democrazie, sarebbe come minimo agli arresti domiciliari, mentre in quella “feroce dittatura” risulta essere ancora libero, e questo ci fa pensare veramente molto alla veridicità di quanto scrivano o dicano i nostri media sulla reale situazione di quel Paese.
In queste ore a Caracas si è verificato un pesante blackout, dura da più di 15 ore e riguarda sia la capitale che una parte del Paese. Le opposizioni naturalmente stanno incolpando la negligenza del governo, ma può essere una chiave di lettura corretta?
Se torniamo indietro con la mente a pochi anni fa, negli USA si verificò un prolungato blackout nella rete elettrica, e di questo accusarono i famigerati “Hacker russi” vero spauracchio buono per ogni occasione, ma perché scrissero degli hacker? Perché una rete elettrica è virtualmente vulnerabile ad attacchi informatici che eludendo blocchi di sicurezza e sequenze di controllo, possono mettere in crisi la rete stessa e causarne il distacco e anche gravi danni alle apparecchiature.
Quello che quindi si sta configurando appare , molto più probabilmente, come un vero e proprio attacco dall’esterno al Venezuela, cosa che se provata, costituirebbe di per se una vera e propria aggressione, da parte di una potenza straniera. È difficile ipotizzare un sabotaggio interno, ma di certo ad un attacco informatico può servire un appoggio dall’interno , magari anche solo per connettere alcune apparecchiature vitali ad una rete per poter essere attaccate dall’esterno.
Qui trovate un chiaro esempio di come la propaganda USA adoperi il terrorismo informativo.
Naturalmente ora, ciò che negli USA od in Europa altro non era che un attacco, viene invece attribuito a carenze del governo a Caracas. Credo sia opportuno invece valutare meglio altre opzioni, data la concomitanza con il rientro del burattino Guaidò, qui i casi e le coincidenze valuto siano da escludere decisamente.
Ciò che gli USA accusano altri di fare, sono sicuro invece stiano facendo loro stessi, e che magari lo abbiano fatto di proposito anche nel loro stesso Paese al fine di causare preoccupazione e tensione continua nella popolazione, la paura infatti rende più malleabile il controllo dell’opinione pubblica.
Un blackout elettrico può quindi preludere ad altre opzioni, dall’intervento militare diretto, a tentativi di golpe interni.
Nulla di buono in nessuna ipotesi.
Da Mosca stanno lanciando allarmi sulla volontà non sopita da parte USA di attuare una opzione militare per sovvertire l’ordine democratico nel Paese, infatti il totale fallimento del tentativo del 23 febbraio, allontana la possibilità di vedere diserzioni nell’esercito bolivariano, che appare compatto e fedele alla Costituzione dello Stato.
Le pesanti minacce di alti funzionari statunitensi, ivi compresi esponenti di spicco del governo, lasciano presagire che gli stati Uniti vogliano e siano disposti ad arrivare a causare un bagno di sangue anche in Venezuela, dopo quanto causato sia in medio oriente che in Ucraina ed in Africa.
Per domani il Presidente Maduro, ha richiesto alla popolazione di scendere in piazza e di manifestare in difesa della sovranità del Paese, si attende una imponente mobilitazione da parte dei Venezuelani per difendere la loro libertà.
Un noto personaggio italiano, tale Antonio Tajani, già il nome suscita ilarità, che solo per uno scherzo del destino beffardo si trova a ricoprire la carica di Presidente del Parlamento Europeo, pensate un po’ a che livelli sono scesi in quel di Bruxelles, ha invitato il sedicente Presidente ad interim Juan Guaidò a passare qualche giorno di villeggiatura a Strasburgo, a spese nostre, in Europa e di recarsi al trovarlo al Parlamento europeo, proprio non c’ più un briciolo di dignità nelle nostre istituzioni comunitarie, una volta si invitavano veri capi di stato.
Un appello al recupero della prassi diplomatica in Europa è arrivato dalla Vice Presidente del Venezuela, Delcy Rodriguez che non ha mancato di mostrare tutta la grinta di cui deve essere dotata una donna per emergere nella politica in sud America: “Países dla Unión Europea deben recuperar etiqueta y ética diplomática en sus relaciones con el gobierno constitucional de Venezuela, presidido x el Pdte @NicolasMaduro El respeto a la Carta de la ONU y el Derecho Internacional es esencial en la comunidad internacional!”
Nel frattempo, invece, coloro che si vendevano come salvatori, quelli che volevano inviare aiuti alla popolazione, gli USA, minacciano sanzioni verso coloro che osassero ostacolare i loro disegni egemonici aiutando il Venezuela, in evidente contraddizione con l’immagine che vorrebbero dare di se, nessun media fa notare la contraddizione evidente tra ciò che fanno e ciò che raccontano di voler fare.
Domani vedremo in quanti difenderanno il loro Paese da queste continue aggressioni.
Ucraina e Repubbliche del Donbass
Da stanotte entrerà in vigore un nuovo cessate il fuoco, molto atteso dato l’incedere degli attacchi ucraini sulle città delle repubbliche secessioniste e contro le loro linee di difesa del fronte, purtroppo è da alcune settimane che anche le vittime di questo conflitto in fase , apparentemente, silente sono andate aumentando di pari passo con le crescenti difficoltà del fallito presidente ucraino Poroshenko, prossimo, si spera, nel divenire ex.
Una dei principali candidati alla sua successione, la corrotta Tymoshenko, ha promesso in caso di sua vittoria di strappare la Crimea alla Russia e di sottomettere nuovamente le Repubbliche di Donetck e Lugansk.
Vedremo di cosa sarà capace.
Crisi India Pakistan
Non si sono ripetuti gli scontri tra le due potenze atomiche asiatiche, nel frattempo ha fatto rientro in India il pilota del Mig 21 (non mig 27 come avevamo erroneamente scritto e ce ne scusiamo), il comandante Abhinandan Varthaman, accolto come eroe, a lui hanno anche assegnato l’abbattimento di un caccia F16, del quale però, come già scritto la settimana scorsa, non vi sono prove di alcun tipo.
Le elezioni in India nel frattempo si avvicinano e credo che allontaneranno il rischio di nuovi scontri.
Le tensioni ci sono comunque state a causa della vicinanza tra unità navali dei due Paesi, teatro marittimo sul quale pare essersi spostato ora il confronto a muso duro tra i due stati, ma non credo avremo altri episodi come quelli appena trascorsi.
Siria
Ancora non è partita l’offensiva per liberare l’ultima roccaforte del terrore, quella sacca di Idlib che ormai, dopo la vittoria ottenuta sulle fazioni guidate dalla Turchia, è ormai in totale controllo della alleanza qaedista sotto la bandiera di Hayat Tahrir al Sham.
Ci sono sempre quotidiani scontri tra esercito e jihadisti sia a nord di Hama, nella parte meridionale della sacca, che vicino Aleppo e dalla parte opposta, nel settore di Jisr al Shogur,
Posto qui la SITREP in video registrata ieri con Sasha Picciotto di Saker-Italia, per un migliore approfondimento.
https://www.youtube.com/watch?v=c_ahZltvzKk
Turchia ed Iran
Dopo gli incontri di Sochi in Russia, con i Presidenti Putin e Lukashenko, pare si intensifichino i contatti diplomatici tra i due Paesi.
In particolare stanno preparando una operazione congiunta tra le forze speciali dei due Paesi, al confine tra i loro stati, primo caso che si registri tra i due eserciti, il tutto in funzione anti curda, alcune fazioni infatti pare operino a cavallo tra le zone del confine e una operazione congiunta è l’unica opzione per massimizzare l’efficacia contro queste formazioni di terroristi.
Turchia e USA
Prosegue la crisi diplomatica tra la Turchia e gli Stati Uniti, la causa scatenante è stata di certo il tentato golpe del 15 luglio del 2016, che ha visto il palese appoggio sia di Washington che di alcuni stati europei. Questo ha riaperto le porte all’avvicinamento tra Ankara e Mosca, e proprio il contratto per l’acquisto dei sofisticati missili antiaerei russi S400 è causa di scorso e preoccupazione per gli USA, i quali vorrebbero bloccare la vendita di 100 F35 alla Turchia, ma dimenticano che la Turchia , oltre che acquirente, ne sia anche produttrice di molti pezzi occorrenti al loro assemblaggio, una eventuale mancata consegna provocherebbe conseguenze per l’approvvigionamento degli stessi.
Cosa preoccupa gli USA? La reale preoccupazione non è tanto per i sistemi S400 in se, ma per la capacità turca di potersi effettivamente difendere da eventuali minacce degli stati Uniti stessi, inoltre, durane un lungo periodo di tempo, si prevede la presenza di tecnici russi per la formazione continua del personale locale, e in questo periodo i russi avrebbero modo e tempo di tracciare molto accuratamente i profili radar degli F35 americani, in ogni profilo operativo, e questo significherebbe la perdita di quei pochi vantaggi che sembrerebbe avere ancora questo caccia assai contestato e problematico.