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Crolla la costa a Polignano: per Legambiente Puglia una Regione a rischio erosione

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di NICO CATALANO

A distanza di circa un mese dal crollo della Falesia nei pressi della spiaggia salentina di Torre dell’Orso, nei giorni scorsi, il pericoloso evento si è ripetuto nel barese.


A Polignano a Mare, un pezzo di costa si è sgretolato, franando e trascinando nelle acque sottostanti un imponente mole di roccia in corrispondenza di Lama Monachile, uno dei luoghi più caratteristici e suggestivi della Puglia. L’area, per precauzione è stata subito posta sotto sequestro dalle autorità competenti ed interessata da un’ordinanza emessa dalla capitaneria di porto, tramite la quale è stata totalmente vietata la balneazione, la pesca subacquea e la navigazione fino a dieci metri di distanza dalla parete rocciosa della Lama Monachile.

Il fenomeno nefasto, che fortunatamente non ha provocato danni sia alle persone così come ai vari manufatti presenti nella zona, ha interessato una delle mete pugliesi maggiormente frequentate dal turismo internazionale, quella costa di Polignano a Mare, ultimamente sempre più sottoposta ad un’azione antropica non rispettosa dell’ambiente e dei cicli ecologici.

Infatti, durante le scorse settimane, la cronaca regionale, è stata interessata dalla vigorosa protesta organizzata da semplici cittadini e associazioni ambientaliste verso un progetto approvato dalla Regione Puglia e presentato dalla Serim. L’intervento urbanistico, che tramite la realizzazione di un villaggio turistico prevede la “riqualificazione” di Costa Ripagnola, un tratto di litorale a nord di Polignano, inevitabilmente sconvolgerebbe l’unicità e la peculiarità dei luoghi interessati, in cui sono presenti sia beni paesaggistici sottoposti a vincolo ma anche una biodiversità da tutelare.

In un’Italia, in cui il consumo di suolo dovuto alla cementificazione selvaggia è una delle principali cause del diffuso dissesto idrogeologico, la Puglia è una delle prime regioni interessate da questi odiosi fenomeni. Secondo un rapporto redatto da Legambiente, il tacco d’Italia è al terzo posto per erosione costiera, con oltre il 65% dei litorali a rischio dell’azione erosiva. Un fenomeno questo, presente in modo uniforme dal Gargano sino al Salento, una vera e propria emergenza, difatti negli ultimi dieci anni, su un totale di 800 chilometri di costa, ben 500 di essi sono stati modificati irreversibilmente. Dalle dune costiere dell’alto Salento, da poco diventate Patrimonio naturale dell’Unesco “sostituite” dall’alto numero di costruzioni e lidi a pagamento al limite dell’abusività, al disarmonico sviluppo urbanistico costiero registrato nel Gargano sino agli scempi in onore della febbre di profitto con cui sono state soggiogate le coste del basso Salento ionico e adriatico.

Le Autorità hanno cercato di frenare il fenomeno, lodevole è stato in tal senso il varo del PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale) redatto dalla Regione Puglia grazie all’impegno dell’assessore della giunta Vendola Angela Barbanente, un piano rimasto in questi anni spesso disatteso per mancanza di continuità d’azione.

Negli ultimi 15 anni la Regione Puglia è stata amministrata da giunte di centro sinistra, con la presenza di assessori provenienti dalle forze ambientaliste e addirittura da partiti che annoveravano la parola “ecologia” a chiare lettere nel proprio simbolo, un paradosso questo, con  la presenza di diffusi smottamenti e frane, causate sia della forza del mare e del vento ma soprattutto dell’azione sconsiderata dell’uomo, fenomeni che generano l’arretramento della costa pugliese, cambiano il paesaggio e aumentano i rischi dovuti al dissesto idrogeologico di un territorio diventato una pericolosa “groviera”.

Fonte della foto: Ticketpuglia

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo