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Angelo Depalma: “sfida incredibile e avvincente allenare una squadra meridionale”

Incontriamo l’ex nazionale italiano di hockey su pista e attualmente allenatore della Tecnav HP Matera

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DI FABRIZIO RESTA

Credit foto: per gentile concessione di Angelo Di Palma

Ciao Angelo, prima di tutto grazie di aver accettato la nostra intervista. Prima di tutto come hai cominciato a praticare l’hockey su pista?

Grazie a voi, invece. Del mio sport, l’hockey su pista se ne parla sempre troppo poco. Minore ahimè tra gli sport “minori”. Pertanto ogni occasione per parlarne è per me gradita. Ho cominciato a pattinare dall’età di 3 anni circa. Mio padre era all’epoca un collaboratore della mitica AFP Giovinazzo, pertanto il mio destino era in qualche modo segnato: da piccolo già sempre al palazzetto a guardare l’allenamento della prima squadra. Poi il pattinaggio corse ed insieme tutta la trafila dei campionati giovanili a Giovinazzo.

A 42 anni è il momento dei bilanci. Qual è stato il momento più bello della tua carriera e quello meno bello?

Sì in veste di giocatore ormai potrei tirare le somme. Anche se le mie motivazioni sono ancora grandi ogni volta che scendo in pista. E’ ancora troppo forte il richiamo del campo, del gioco coi compagni, lo scontro con gli avversari, l’adrenalina dell’hockey giocato insomma. Devo dire che una delle mie più grandi soddisfazioni in campo è stato il lungo percorso di ben 11 stagioni consecutive nella massima serie con la squadra della mia città. Un record per la nostra squadra. Ho avuto l’onore di esserne il capitano, anche allenatore. E, complice una stagione da incorniciare, quella 2011/2012, anche la soddisfazione della nazionale senior col terzo posto al Campionato Europeo in Portogallo del 2012. Come allenatore, cosa su cui in realtà oggi sono maggiormente proiettato, la strada è appena cominciata e sono desideroso di fare tutte le esperienze possibili. Tutto sommato la promozione in serie A1 della stagione scorsa alla guida tecnica dell’H.P. Matera, mia attuale società, è una esperienza di cui vado particolarmente fiero. Le delusioni in carriera fanno parte del gioco. Dopo ogni stagione, dopo ogni partita, pensi di aver potuto fare meglio e di più. Ma lo sport è questo. E’ un grande maestro di vita: esso ti insegna a superare le difficoltà e ad andare comunque avanti.

La Tecnav HP Matera ha conquistato la serie A1 per la prima volta nella sua storia e ha subito investito comprando gli argentini Gutierrez e Lampasona e gli italiani Amendolagine e Milillo. Qual è il vostro obiettivo per quest’anno?

L’H.P. Matera in realtà raccoglie i pezzi di altre esperienze hockeistiche, anche in A1, della città. Alcuni dei dirigenti e dei giocatori di quella sfortunata vicenda hanno avuto con questa promozione il giusto e ampiamente meritato riconoscimento per non avere mai mollato e per aver mantenuto accesa la fiamma del nostro amato sport. La promozione di quest’anno è stata meritata, certamente, in quanto la società e la squadra hanno lavorato sodo per tutto l’anno. Certo, siamo andati ben oltre le aspettative iniziali pertanto l’obiettivo per quest’anno è essenzialmente la salvezza. Sarebbe davvero il nostro scudetto.

Cosa significa per te, che come giocatore hai fatto parte della Nazionale italiana e hai giocato in tante squadre importanti come Novara e Reggio Emilia, rivestire il ruolo di allenatore-giocatore in una squadra di A1?

Come detto prima, non ho ancora appeso i pattini al chiodo ed in me è ancora forte il richiamo del campo. Ma è altrettanto vero che ormai faccio più l’allenatore che il giocatore. E la cosa, devo dire, mi piace molto. E’ una sfida incredibile e avvincente. Piena di stimoli, ogni giorno diversi. Quando vedi la squadra migliorare in allenamento, correggere gli errori, aggiungere ogni giorno sempre qualcosa in più al gioco come le tessere di un mosaico. E’ un’attività ad alta tensione ma che ti ripaga a livello motivazionale. Avere la fortuna poi di poter guidare una squadra in serie A1 è davvero un onore.

Le squadre della serie A1 sono del centro-nord, siete  l’unica formazione di tutto il Sud Italia. Quanto è difficile e soprattutto costoso mantenere una squadra del Sud a questi livelli?

Beh, sicuramente l’indice di difficoltà in campionato per una squadra meridionale è triplicato rispetto alle compagini settentrionali. Una motivazione su tutte: le lunghe trasferte che alla lunga ti provano nelle risorse mentali e fisiche. E chiaramente dal punto di vista della società anche nelle risorse economiche. A questo si aggiunga anche la difficoltà di avere a disposizione troppo pochi giocatori in zona. Noi tra Matera Giovinazzo e Salerno siamo davvero in pochi e difficilmente i giocatori si spostano dal Veneto o dalla Toscana per venire a giocare dalle nostre parti. La geografia purtroppo ci penalizza. Ma tant’è, noi ci siamo abituati. Per noi preparare il borsone al venerdì dopo la settimana lavorativa e partire lungo il versante tirrenico o adriatico è la normalità.

Parliamo di Nazionale: A parte la formidabile vittoria al campionato europeo del 2014, e una finale nel 2016, gli azzurri non sembrano riuscire a vincere. Eppure l’Italia ha un grande palmares. Ci avete abituati troppo bene? La Spagna ha 30.000 praticanti, L’Italia 2.500. Cosa si può fare per far crescere questo sport?

Ecco a proposito di Nazionale, ed in generale della difficoltà per il nostro movimento in Italia, la risposta è nella domanda. I numeri sono impietosi. Siamo pochi praticanti. Pochi giocatori soprattutto. In Spagna, ma anche in Portogallo e non ne parliamo in Argentina ci sono migliaia e migliaia di praticanti. Chiaramente parliamo di nazioni in cui sanno insegnare hockey, in cui l’hockey è pane quotidiano. Ma sicuramente sono i numeri che fanno la differenza. E’ palese che se ho a disposizione 100 giocatori forse riuscirò a farne emergere 10, ma se ne ho 1000, beh sicuramente si ottiene molto di più. Il problema è cosa fare per ottenere l’incremento dei praticanti. A mio avviso bisogna portare il pattinaggio prima e l’hockey subito dopo nelle scuole. Bisogna trovare gli spazi giusti, anche piste nei luoghi pubblici delle nostre città dove cominciare a muovere i primi passi. Quando l’hockey è esploso si giocava ancora nelle piste all’aperto dove era maggiormente fruibile anche dai semplici curiosi. Soprattutto bisogna portare l’hockey nelle grandi città e non emarginarlo ai piccoli comuni di provincia.

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Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo