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Le riforme necessarie e il presidenzialismo dannoso

Bisogna trovare un compromesso tra l’esigenza di governabilità e il sacro principio della rappresentanza.

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Ci siamo. Nuovamente si parla di riforme costituzionali, di bicamerali. Il Governo Meloni punta deciso verso il presidenzialismo. Da vedere se alla francese o il “sindaco d’Italia”. Le opposizioni, tranne Renzi e Calenda, hanno già manifestato contrarietà. Vedremo come andrà a finire.

Diverse volte il Parlamento ha cercato di riformare il  titolo III della Costituzione. Senza successo. Mel 1997 sembrava fatta. Con l’accordo tra D’Alema e Berlusconi. Accordo saltato per un ripensamento di Silvio Berlusconi.

Indubbiamente il titolo III ha bisogno di riforme per rendere il governo più stabile e legato alla volontà popolare. Attualmente la formazione e la caduta del governo accadono nelle segrete stanze di Palazzo. Con repentini cambi di schieramento. Una “procedura” che allontana gli elettori dalla politica.

La soluzione, però, non è il presidenzialismo o la fine del bicameralismo perfetto. Un sistema elettorale e istituzionale basato sulla supremazia assoluta della maggioranza non può funzionare in Italia. Esiste la maggioranza dei voti alle elezioni che deve essere rispettata ma in Parlamento ogni forza politica deve avere non solo rappresentanza ma anche la concreta possibilità di portare un contributo nell’attività legislativa. Qualsiasi atto del Parlamento deve tener conto delle esigenze e aspirazioni di tutta la popolazione.

Bisogna trovare un compromesso tra l’esigenza di governabilità e il sacro principio della rappresentanza. Il sistema elettorale proporzionale, con una soglia di sbarramento e con le preferenze, resta la soluzione migliore per il nostro Paese. La forma di governo necessità di riforme ma la soluzione più equilibrata è quella proposta a suo tempo dalla commissione De Mita-Iotti.

Presidente del Consiglio eletto dal Parlamento in seduta comune. Il Presidente del Consiglio può essere sfiduciato solo indicando preventivamente sia il suo successore e sia la maggioranza che lo sosterrà. Niente crisi al buio. Una riforma che guarda alla Germania e che può garantire stabilità senza sacrificare i fondamentali diritti costituzionali.

Certamente non può essere oggetto di riforma la figura del Presidente della Repubblica. Fondamento della nostra Repubblica. Il suo è un ruolo delicato. Deve rappresentare tutti ed essere garante della Costituzione. Deve essere eletto in Parlamento dalla più ampia maggioranza possibile.

Più di qualche forza politica sostiene che l’elezione diretta del Presidente del Consiglio sarebbe la certificazione di una democrazia italiana finalmente matura. Non è vero. Una democrazia matura garantisce rappresentatività, garantisce i diritti delle minoranze.

L’Italia ha dimostrato durante l’emergenza Covid di essere un paese con profonde lacerazioni. Con un significativo numero di cittadini capaci di credere alle teorie più assurde. Dopo oltre settant’anni esiste ancora una profonda spaccatura figlia della guerra civile. Non riusciamo ad affrontare serenamente l’analisi degli anni di Piombo. In tema di diritti civili esistono allarmanti posizioni negazioniste.

Creare un sistema istituzionale in cui la maggioranza governa praticamente senza controllo andrebbe ad aumentare in modo preoccupante spaccature e divisioni. Sostituire il confronto dialettico con la muscolare forza dei numeri è pericoloso, soprattutto in Italia. Negli Sati Uniti, paese che è fondato sull’elezione diretta, non è garantita alcuna maggioranza al Presidente in carica che spesso non ha la maggioranza in uno dei due rami del Congresso.

La nostra Costituzione nasce con il preciso scopo di creare una Repubblica di tutti e non uno Stato di pochi. La Germania, che ha sperimentato una dittatura esattamente come noi, è stata capace di darsi una struttura istituzionale che garantisce diritti e governabilità. Dobbiamo guardare al futuro senza dimenticare il passato. Soprattutto quello doloroso.

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