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Inchiesta

Aree di crisi nel mondo 15-3-2019

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di STEFANO ORSI

Torniamo ad occuparci di Siria oltre alla nuova rubrica che allarga lo sguardo ad altre aree ricche di tensione nel mondo.



Sacca di Idlib

In questo periodo è difficile parlare di fronti operativi nell’ambito della guerra in Siria, questo in quanto stiamo attraversando una fase di sostanziale silenzio operativo, ci sono scontri e bombardamenti, ma in sostanza non vi è alcuna offensiva in corso.

Similmente a quanto accaduto in Donbass, i fronti si trovano su posizioni che vengono rispettate, non ci sono avanzate ma leggiamo comunque di ripetuti attacchi di attentati, di bombardamenti sia con caccia che con artiglieria pesante.

Ad essere bersagliati in questi giorni sono state alcune basi di Hayat Tahrir al Sham, nei pressi di Idlib, ma anche vicino al confine con la Turchia. Ad operare questi attacchi ci sono naturalmente i caccia siriani, ma il ruolo preponderante è tornato ad essere quello degli aerei russi che sono tornati protagonisti di queste iniziative offensive.

I dintorni di Idlib sono stati nel centro del mirino russo, mediante uso di munizionamento di precisione, sganciato con l’ausilio del sistema SVP-24, depositi militari e caserme di al Qaeda sono stati colpiti ripetutamente, il ritorno dei caccia russi ad operare su questi cieli farà sicuramente sentire tutto il suo peso contro le strutture difensive dei terroristi. Un deposito in particolare è stato distrutto, si trattava di un bersaglio sito nei pressi della Prigione di Idlib.

Fonti russe hanno affermato che a tutti questi attacchi avvenuti questa settimana, siano stati concordati con le autorità siriane, sia visti i buoni rapporti manifestati durante  recenti incontri a Sochi, sia per via della presenza militare di Ankara impegnata nel pattugliamento di diversi settori della sacca occupata.

Nella Sacca di Idlib non mancano di far sentire la loro presenza le forze di intelligence sia russa che siriana, lo sappiamo per due motivi principali, i video che continuamente inviano all’esercito siriano anche per farsi beffe dei terroristi, sia per gli attentati in cui vengono eliminati pericolosi capi delle fazioni armate dei qaedisti. Questo lavoro è di importanza basilare in quanto non solo permette l’individuazione dei bersagli celati in mezzo a zone residenziali, è una usanza tipica di questi terroristi, ma anche di eliminare fisicamente i loro avversari con particolare attenzione ai comandanti delle formazioni.

Nella zona di Raqqa, sono tornati in azione i partigiani che stanno resistendo all’occupazione a matrice USA, “Resistenza popolare di Raqqa” hanno infatti colpito un convoglio guidato da americani in un villaggio dei sobborghi.

La tecnica utilizzata per l’attacco è stata la collaudata esplosione di una bomba improvvisata fatta detonare al passaggio dei militari.

A fare da contraltare, nel settore sud della Siria, nella Provincia di Daraa e in quella di Quneitra, ci sono stati attacchi sostenuti invece da gruppi di armati definiti “cellule dormienti”. Per il momento si tratta di episodi molto sporadici, segno evidente che gli 8 anni di guerra hanno lasciato il segno e laddove molti si attendevano una certa resistenza, invece abbiamo il sostanziale controllo moderato da parte delle truppe governative e gli sporadici episodi ben testimoniano come la popolazione abbia accolto bene il ritorno del controllo governativo su questi territori ed in tutti gli altri dove i terroristi sono stati scacciati.

Del resto i dati diffusi in questi giorni ben testimoniano il successo incredibile delle iniziative di “riconciliazione” cui hanno aderito oltre 40.000 miliziani prima “ribelli”

Ultima notizia dalla sacca di Idlib, dobbiamo segnalare come si vadano ancora aggiungendo Unità militari allo schieramento siriano, al momento diverse unità del 5° Corpo d’Armata siriano sono state schierate a rinforzo del fronte di Mahrdeh dove già si trova la 4° Divisione Corazzata. Son previsti ulteriori arrivi di altre Brigate dislocate in altri settori del Paese.

Aleppo

Si svolgerà nei giorni 14-15- e 16 marzo il Sinodo dei Vescovi di Aleppo, altri incontri sono stati fissati per il 21, 22 e il 24 di marzo la conclusione con la Messa.

Alla presenza di sua eccellenza il Vicario Apostolico Mons. George Abou Khazen, l’evento rappresenta la grande vitalità della Comunità Cristiana presente in Siria, nonostante gli anni di occupazione  in Aleppo è sopravvissuta e ora è impegnata nell’assistere gli orfani di tutte le fedi e nella loro istruzione. L’iniziativa ha coinvolto esponenti di ogni ordine sacerdotale secolare, e regolare, suore e laici.

Una iniziativa importante per mantenere unita la Comunità in vista delle sfide ardue della ricostruzione in Siria e in Aleppo.

Siria occupata

Per Siria occupata si intendono tutti i settori sotto controllo straniero dalle SDF-YPG, truppe mercenarie al soldo USA, sia i settori a nord sotto occupazione turca.

Le SDF ancora non sono riuscite ad avere ragione degli ultimi casolari in mano ai terroristi ISIS, alcuni dati circolati però rendono difficoltoso seguire gli eventi, ogni giorno infatti i bollettini emessi dai mercenari degli USA parlano di migliaia di terroristi che si arrendono loro, ma non si comprende davvero come potessero essere tanti in poche case alla periferia di un villaggio già piccolo come Baghuz.

Possiamo infatti ritenere che si stia volutamente esagerando i numeri per creare allarmismo sui pericoli di un ritorno del Califfato in Siria e giustificare attraverso questo escamotage un eventuale prolungamento della permanenza USA in Siria, peraltro ancora non si hanno notizie di ritiro delle forze americane.

Presso Al Tanf ad esempio, le forze filo americane impediscono ancora ai profughi di fare ritorno alle loro case nella Siria liberata dei terroristi. Le milizie stanno ferocemente reagendo alle proteste dei siriani sequestrati nel campo, foto satellitari hanno mostrato la presenza di una fossa comune con circa trecento tombe, in questi giorni sono emersi altri due siti attorno al campo, dove sono stati sicuramente seppelliti molti siriani deceduti nel campo, Chiaramente si può trattare di vittime da epidemie sanitarie dovute alla precaria condizione in cui tante migliaia di persone sono costrette.

Ciò , comunque,non alleggerisce di alcuna responsabilità per questi crimini gli USA.

La seconda parte di questo articolo la dedichiamo alla parte che interessa invece le Aree di Crisi nel mondo.

Venezuela

Anche le fonti più vicine alla propaganda USA, ormai ammettono che dopo il sabotaggio operato ai danni della rete elettrica Venezuelana e gli attentati contro cabine elettriche, sottostazioni essenziali alla distribuzione locale dell’elettricità, ormai l’80% del Paese, tutti i settori maggiormente abitati, hanno nuovamente una erogazione stabile e continuativa della corrente elettrica, il che ha permesso il ritorno alla normale vita di tutti i cittadini.

Ciò che gli organizzatori del blackout speravano, saccheggi, rivolte, violenza, non si è verificato.

In questo leggo una ennesima conferma del livello di sostegno che il governo ha nella popolazione più umile e numerosa del Paese, coloro che fino alla rivoluzione bolivariana erano i reietti del Paese, tenuti in stato di miseria, analfabetismo ( che raggiungeva percentuali del 70 percento fino agli anni 90 ) e totale assenza di diritti.

Speravano i servizi americani, che la popolazione, devastasse il Paese con atti di sciacallaggio, e devastazione, ma non è stato così, l’ordine e la pazienza hanno prevalso, la fiducia nel lavoro delle squadre di operai, instancabili e veri artefici di questo miracolo, hanno lottato per riparare i danni che i sabotaggi avevano causato, vincendo una battaglia difficile.

Restituendo la corrente elettrica hanno restituito anche la piena fiducia nelle loro istituzioni.

Un POPOLO UNITO non può essere sconfitto!

Dall’altra parte il golpista Guaidò ha seminato nuovamente accuse, false, e notizie, false anch’esse, ha speculato sulle vite di bambini,dicendo che ne fossero morti 80, un numero a caso, mentre ad oggi persino fonti autorevoli in USA come Forbes o il NYT hanno affermato che ne risultino non più di 14, dovuti a complicanze in persone malate o che erano sottoposte ad intervento chirurgico durante il blackout.

Per domani Guaidò annuncia una mobilitazione di piazza, per spargere altre balle, si presume, il tempo è sempre più a suo sfavore, e presto ai suoi protettori potrebbe divenire più utile da morto che da vivo, se spiego bene il significato di ciò che leggo.

Gli avvertimenti a priori degli USA sulla salvaguardia di Guaidò al suo rientro in Venezuela non servivano e non erano diretti al governo del Paese, gli USA sapevano benissimo che il Presidente Maduro non aveva dato ordine prima di arrestare Guaidò e non lo avrebbe dato dopo, questa battaglia infatti intende vincerla nelle urne delle prossime elezioni politiche, no, gli USA parlavano al mondo, per dire intanto che il Venezuela non aveva agito contro il loro protetto solo grazie alle minacce proferite da loro stessi, togliendo quindi i reali meriti di Maduro, ma leggo anche un secondo fine, quello di creare i presupposti necessari ad un intervento militare diretto loro e dei vicini accondiscendenti, più probabile la Colombia che non il Brasile, dove pare che le follie di Bolsonaro non trovino sempre il placet dei militari che lavorano per il Brasile e non per gli USA. Un presupposto plausibile infatti potrebbe nascere dalla eliminazione clamorosa di Guaidò, ucciso in un attentato o da un tiratore scelto,operazione tipica dei servizi made in USA, ne sanno qualcosa molti paesi noi compresi.

Alla eliminazione fisica del burattino seguirebbe una inevitabile escalation militare, cui potrebbero fare fronte solo i soldati venezuelani e i loro vicini più prossimi come Cuba, unica base realmente utilizzabile dagli alleati del Venezuela Cina e Russia in caso di attacco USA al Paese, Cuba infatti ha già dato disponibilità all’invio di 5000 soldati per difendere meglio il Paese, per ora però l’esercito venezuelano appare determinato,compatto e sicuro dei suoi mezzi.

Sul terreno, la motivazione ed un buon addestramento sono la base della riuscita, i mezzi tecnologici danno un margine di vantaggio ma alla fine è la motivazione e l’addestramento delle truppe a fare la differenza sul campo.

https://www.nytimes.com/2019/03/10/world/americas/venezuela-aid-fire-video.html

https://www.forbes.com/sites/kalevleetaru/2019/03/09/could-venezuelas-power-outage-really-be-a-cyber-attack/#4b9f272c607c

Ritengo questi articoli una vittoria per noi tutti e una conferma che le nostre analisi siano di buona qualità ed affidabilità.


 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo