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Province insicure, il caso Frosinone

La bella e operosa provincia italiana. Dove vivere con serenità e in sicurezza. La provincia raccontata in tanti film e romanzi.

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

La bella e operosa provincia italiana. Dove vivere con serenità e in sicurezza. La provincia raccontata in tanti film e romanzi.

La provincia di Peppone e Don Camillo. Poi un giorno abbiamo scoperto che a Brescello, il paese di Don Camillo e Peppone, è arrivata la ndrangheta.

Orrore e sconcerto. Eppure sono decenni che in tutte le province italiane le cose sono cambiate. In peggio.

Un caso emblematico è Frosinone. La provincia dei Santi, delle Abbazie e della cultura. Dell’industrializzazione di Stato che oggi perde molti colpi e pezzi.

Per anni in televisione si parlava della Ciociaria per le sue bellezze, per la sua cultura o per le parodie di Nino Manfredi a Canzonissima.

Adesso sono i telegiornali a parlare della provincia di Frosinone. Nella cronaca nera.

Lo scorso 9 marzo in pieno centro a Frosinone, Mikea Zaka ha sparato uccidendo Kasem Kasmi e ferendo altre tre persone. Tutti albanesi, scontro tra bande criminali il movente. Almeno questo sembra emergere.

Il 30 gennaio 2023, ad Alatri, un colpo di pistola uccide Thomas Bricca. Il processo è appena iniziato.

Il 27 marzo 2017 ad Alatri venne ucciso, massacrato di botte, Emanuele Morganti.

Solo a Frosinone quattro sparatorie negli ultimi otto mesi.

Negli anni la provincia di Frosinone ha visto l’infiltrazione malavitosa sempre più aggressiva. Non solo della malavita italiana ma anche di quella straniera. Specialmente albanese.

“Il clan della Porta d’Oriente affidava i suoi affari ciociari a piccoli boss albanesi trasferiti in provincia. Con loro pianificava il traffico di clandestini, organizzava i nascondigli segreti dove sistemare nel frusinate per alcune notti gli immigrati durante il trasferimento dalle coste di Brindisi fino al nord Italia. Indirizzi sicuri e luogotenenti fidati, ai quali spettava il compito di ritirare i carichi di droga e armi destinati alla Ciociaria o da smistare poi in Abruzzo e Pontino”. Questo scriveva Alessio Porcu su “Il Messaggero”. Nel novembre 2000. Addirittura 24 anni fa.

Un fenomeno “antico” quindi. Le forze dell’Ordine e la Magistratura contrastano con tenacia l’infiltrazione del territorio. Purtroppo, però, lo Stato ha perso il controllo di una parte del territorio.

Emblematico il caso del complesso di edilizia popolare di viale Spagna a Frosinone. Il “Casermone”, diventato una importante piazza di spaccio. Perché è successo? Il degrado può essere fermato da politiche sociali efficaci e radicate nei territori.

Cosa possono fare i servizi sociali con poco personale e scarsi fondi? I servizi sociali dovrebbero dipendere direttamente dal Governo perché essenziali per la prevenzione.

Anche la presenza delle Forze dell’Ordine dovrebbe essere più radicata. Non solo pattuglie su veicoli ma anche pattuglie a piedi a presidio, anche H24, dei luoghi sensibili come i tanti “Casermone” italiani o i punti di aggregazione. Nel caso pensando al ritorno degli ausiliari per le Forze dell’Ordine.

La malavita ingrassa sfruttando il degrado sociale e occupando militarmente il territorio.

Il contrasto alla malavita richiede un notevole sforzo economico ed organizzativo. Possibile solo con una forte volontà politica. Ma questa volontà esiste?  

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