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Il rischio di una nuova Nassiriya

Dopo i fatti del 7 ottobre scorso e con la guerra tra, per ora, Israele e Hamas è alta l’allerta in tutte le nazioni. Anche in Italia. Con il rischio di atti di terrorismo da parte di “lupi solitari” o cellule più organizzate.

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Il 12 novembre 2003 a Nassiriya, in Iraq, un attentato terroristico provocava la morte di dodici carabinieri, cinque militari dell’Esercito e due civili. Dopo vent’anni è una ferita ancora aperta.

Per anni ci siamo sentiti protetti dalla stima delle popolazioni locali. “Italiani brava gente”. In Libano, nell’ex Jugoslavia. Già in Somalia le cose sono andate diversamente, con molte vittime tra i nostri militari. Nassiriya ha dimostrato che anche i militari italiani possono diventare un bersaglio. Specialmente nel teatro del Medio Oriente.

Dopo i fatti del 7 ottobre scorso e con la guerra tra, per ora, Israele e Hamas è alta l’allerta in tutte le nazioni. Anche in Italia. Con il rischio di atti di terrorismo da parte di “lupi solitari” o cellule più organizzate.

In queste ore le parole di Basem Naim, uno dei leader di Hamas, fanno aumentare il timore: «Purtroppo il governo italiano ha scelto ancora una volta la destra, la parte destra della Storia. È un errore gravissimo che trasforma l’Italia in una delle parti nell’aggressione del popolo palestinese…Israele non agisce da solo, ma per conto di Usa, Francia, Germania, Regno Unito e purtroppo anche Italia che ha inviato alcune truppe nel Mediterraneo. Come possiamo affrontare tutto questo? Possiamo solo dire che la comunità internazionale ha la stessa responsabilità degli israeliani per tutte le stragi commesse sul nostro popolo». L’Italia ha un contingente in Libano e unità navali nel Mediterraneo.

Quella del leader di Hamas è una minaccia contro l’Italia? Purtroppo non è da escludere. I nostri servizi di sicurezza sono tra i migliori e attacchi sul nostro territorio sono possibili ma più facili da prevenire. Discorso diverso per i nostri militari schierati all’estero.

I gruppi terroristici, come Hamas, dispongono di armi e tecnologie che permettono loro azioni di ogni tipo. Soprattutto droni e razzi che permettono di colpire lontano e con una certa precisione. Massiccio anche l’uso di IED. Il 7 ottobre 2023 ha dimostrato che anche l’esercito più moderno è vulnerabile. La guerriglia usa mezzi, tattiche e armi moderne.

Quindi anche le Forze Armate italiane sono vulnerabili. Sicuramente saranno prese tutte le precauzioni e ci sarà una estesa attività di intelligence. Può bastare? No, purtroppo.

L’Italia deve tornare a fare politica estera con una forte autonomia. Negli anni 70 e 80 l’Italia aveva un canale privilegiato con Arafat e i palestinesi. Eravamo  nella Nato come oggi ma con il mondo arabo sapevamo dialogare. Oggi molto è cambiato.

La nostra è una politica estera appiattita su posizioni atlantiche. Anche nella guerra tra Ucraina e Russia abbiamo rinunciato ad ogni ruolo di mediazione. La diplomazia è sempre stata la nostra arma migliore.

Ogni piano di Pace necessità della comprensione delle esigenze e rivendicazioni di tutte le parti. Anche lo strumento militare deve essere usato secondo le esigenze della politica estera nazionale.

Bisogna prendere atto che ci sono estremisti con i quali non è possibile dialogare. La strage di Nassiriya è il tragico l’esempio. Le nostre Forze Armate e i nostri servizi di sicurezza devono essere messi nelle condizioni di proteggerci da ogni forma di estremismo.

L’Italia può e deve creare un ponte di dialogo tra israeliani e palestinesi. Lo abbiamo fatto in passato e possibile anche oggi. Serve, però, una politica di qualità. Non la politica delle felpe.

La situazione internazionale è delicata. Come non era mai successo. Il minimo errore può provocare una guerra molto estesa.

L’Italia ha già commesso molti errori in Libia e non riesce a gestire l’emergenza dei migranti. Ora, però, ulteriori sbagli sarebbero fatali.

Roma può diventare la sede ideale per una conferenza di pace. Non possiamo permetterci politici che parlano per slogan. Non è tempo di ideologia ma di diplomazia. La diplomazia è l’arte del compromesso.

L’Italia non reggerebbe una seconda Nassiriya. Non è tempo di dilettanti allo sbaraglio che giocano a fare i ministri. Ora serve serietà, prudenza e intelligenza.

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