10 Novembre 2025
Giustizia da rifondare: come garantire davvero la presunzione d’innocenza, processi rapidi e risarcimenti equi
Un Paese dove l’innocenza non basta

Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Iniziata la campagna referendaria sulla riforma della giustizia approvata dal Governo Meloni. Si o No? In realtà il vero, drammatico, problema non viene affrontato da questa riforma.
In Italia capita ancora troppo spesso che una persona finisca in carcere da innocente per rimanerci anni. Succede per errori d’indagine, tempi infiniti dei processi, o perché la custodia cautelare viene usata come pena anticipata. Poi arrivano le assoluzioni, ma quando ormai la vita è spezzata: reputazione distrutta, famiglia in crisi, anni persi.
Criticità riassunte nella vicenda di Enzo Tortora. Più recentemente nella vicenda del colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo. Sottoposto a custodia cautelare dopo 14 anni trascorsi dai fatti contestati. Quali esigenze cautelari possono esserci dopo quattordici anni? Dovrà affrontare un lungo iter processuale che alla fine, visti gli elementi friabili a sostegno delle accuse, lo vedrà probabilmente assolto.
Ma chi lo ripagherà del suo onore di militare messo in discussione? Delle sofferenze sue e della sua famiglia?
La Costituzione dice chiaramente che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”, ma la realtà racconta un’altra storia. Tra fughe di notizie, processi mediatici e sentenze che arrivano troppo tardi, la presunzione d’innocenza è spesso solo una formula di rito.
La presunzione d’innocenza: una dettato costituzionale, non una parola
Il primo passo per riformare la giustizia è far rispettare davvero questo principio.
Oggi, basta un avviso di garanzia per finire in prima pagina come “indagato eccellente”. E anche se dopo anni si viene assolti, la notizia non fa mai lo stesso rumore.
Servono regole più rigide:
Stop ai processi mediatici: procure e forze dell’ordine dovrebbero comunicare solo i fatti essenziali, senza commenti o interpretazioni.
Sanzioni per chi viola la riservatezza: pubblicare intercettazioni o atti non ancora discussi in aula deve comportare multe pesanti e, nei casi più gravi, la sospensione.
Un garante indipendente dell’informazione giudiziaria, capace di intervenire subito contro abusi e fake news giudiziarie.
La custodia cautelare deve vedere gli arresti domiciliari come scelta di default. Con il carcere come eccezione da motivare in maniera rafforzata. Il carcere lascia segni indelebili. Devastanti poi per una persona innocente.
Difendere la presunzione d’innocenza non significa difendere i colpevoli, ma difendere tutti dal rischio di un errore.
Una semplice formula: processi più veloci, giustizia più giusta
La lentezza è la malattia cronica della giustizia italiana. Un processo penale può durare anche dieci anni. Nel frattempo, l’imputato resta sospeso in un limbo, magari senza poter lavorare o viaggiare.
E quando la condanna arriva, spesso è troppo tardi per rieducare o riparare.
Per invertire la rotta, servono misure concrete:
Tempi certi e vincolanti: ogni processo deve avere una scadenza indicativa, e chi la supera senza motivo ne risponde davanti al CSM.
Digitalizzazione reale degli uffici, con personale tecnico che liberi magistrati e avvocati da montagne di burocrazia.
Indagini preliminari con tempi massimi , prorogabili solo in casi eccezionali.
Non si tratta di “fare presto” a tutti i costi, ma di restituire al cittadino il diritto a un processo in tempi umani.
Risarcire chi ha pagato da innocente
Solo nel 2024 sono state emesse 589 ordinanze di accoglimento delle richieste di indennizzo per ingiusta detenzione. Per un totale di 26,9 milioni di euro. Ma la cifra media raramente compensa anni di libertà perduti, stigma sociale e traumi familiari.
Una vera riforma dovrebbe prevedere:
Risarcimenti automatici, senza che l’assolto debba avviare una nuova battaglia legale.
Importi minimi garantiti per ogni giorno di privazione della libertà, con maggiorazioni per i danni morali e mediatici.
Diritto all’oblio giudiziario, con la cancellazione delle notizie online per chi viene assolto.
Supporto psicologico e reinserimento lavorativo per chi ha subito un’ingiusta detenzione.
Non è solo una questione economica: è una questione di dignità.
Una cultura della responsabilità condivisa
La riforma della giustizia non può limitarsi alle leggi. Serve un cambio culturale che coinvolga magistrati, avvocati, giornalisti e politici.
La giustizia deve tornare a essere percepita come un servizio pubblico, non come un’arena.
Perché un processo non è un reality show e un indagato non è un colpevole “in attesa di conferma”.
Come ricordava Piero Calamandrei, “la giustizia è una cosa seria”. Che deve funzionare bene, con rispetto, umanità e tempi certi.
Garantire la presunzione d’innocenza e riparare gli errori non è buonismo: è la condizione minima per uno Stato che voglia continuare a dirsi civile.
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