Attualità
Una storia e mille storie di donne che non si arrendono al cancro
Si chiama Maria Rita, da Sora. La sua però è una storia dai mille volti e dai mille luoghi.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Si chiama Maria Rita, da Sora. La sua però è una storia dai mille volti e dai mille luoghi.
Una storia di donne che lottano contro il cancro.
Una lotta quotidiana tra lacrime, speranze e difficoltà.
Nel 2017 avevamo già raccontato la storia di Maria Rita.
Decidiamo di risentirla dopo sette anni. Ora Maria Rita è “guarita”. Lei, però, ci tiene a chiarire che è una guarigione “sospesa”. “Fai dei controlli ogni sei mesi. Quando hai il risultato negativo sei contenta ma subito pensi che è un risultato sui sei mesi precedenti e già ti preoccupi per i risultati futuri”.
Maria Rita è diretta, determinata. Perché quella contro il cancro è una guerra senza esclusioni di colpi. Una guerra in cui a volte arrivano momenti di sconforto. Bisogna comunque andare avanti minuto dopo minuto. Non bisogna rimanere fermi. Un malato di cancro non ha bisogno di pietà e per motivarti, per scuoterti, può servire anche un “calcio in culo” come dice Maria Rita.
Molte donne, come Maria Rita, hanno subito l’asportazione di organi per impedire il progredire del male. “Non è facile quando qualcosa di te viene portato via e sostituito con qualcosa di estraneo. Con il tempo ci si abitua ma non si dimentica”.
Un malato di cancro conosce bene il valore della prevenzione. Esami periodici sono indispensabili. Maria Rita è categorica ma con una punta di amarezza “Fare prevenzione è l’unico modo per salvare delle vite e risparmiare sofferenze. Le liste d’attesa, però, sono lunghe spesso bisogna rivolgersi al privato. Perché lo Stato non fornisce un buono da spendere in prevenzione?”.
Parlando con Maria Rita ti rendi conto che dal cancro non guarisci completamente. Come un soldato che ritorna dal campo di battaglia con gli effetti post-traumatici.
Certo ora Maria Rita si sente un po’ più padrona del suo tempo “Nel pieno della malattia guardavo mio figlio e temevo di non poter assistere alla sua prima comunione. Ora guardando i miei figli so che ci sarò”.
Curare un cancro per una donna significa devastare il proprio corpo. Perdere i capelli, le ciglia. Vedere la propria femminilità sparire. Un colpo tremendo che si aggiunge ad una lotta per non morire.
Anche Maria Rita ha visto il proprio aspetto cambiare a causa della chemio. Ha deciso di fare qualcosa. Il suo lavoro oggi è conservare la bellezza delle donne. Impedire che possano sentirsi “nude”.
Perché non è solo questione estetica. Curare il proprio aspetto significa curare il proprio animo. Il cancro lascia tante cicatrici. Nel fisico e nell’animo. Cicatrici che non puoi cancellare ma possono diventare monumento alla forza e alla bellezza che non si arrende.
Maria Rita non è mai uscita dalla trincea. E con lei tante donne che noi pensiamo guarite ma che devono tenere uniti i pezzi con fatica e tenacia. Perché il cancro ti fa a pezzi e ricostruire è durissima.
Donne che non smettono di sorridere. Un sorriso che è rinascita. Un sorriso prezioso. Per tutti noi.
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