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Cultura

Il sapere come “cunto de li cunti”

Narrazioni come quelle contenute nell’Iliade e nell’Odissea secondo alcuni studi avevano la funzione di legittimare un certo potere costituito, che creava i propri eroi per rafforzarsi e conservarsi nel tempo. Altri studi offrono interpretazioni diverse, ma nessuna di esse è in grado di negare il ruolo di adattamento della realtà, ed alla realtà che il sapere attraverso il racconto ha svolto e non soltanto in epoche lontane.

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di Rosamaria Fumarola

Se chiedessimo ad un giovane studente che cosa è un racconto, ci risponderebbe che è la narrazione di un fatto accaduto o inventato che qualcuno fa in  forma scritta oppure orale. Non diversa sarebbe la risposta di un adulto. Nessuno di loro penserebbe che il valore di un racconto sia più ampio del contenuto dei fatti narrati; solo l’adulto forse, constatando la presenza delle narrazioni lungo l’intero arco della sua vita, potrebbe sospettare che esse accompagnino da sempre l’uomo, caratterizzandolo come la parola o qualunque facoltà che siamo abituati a considerare precipua della sua natura.

Non solo a scuola ci hanno insegnato che sapere è potere e nel secolo scorso Borges ci ha ricordato che chi governa i linguaggi governa il mondo. 

Per chi è solito pensare che a governare le nostre sorti siano il potere politico e quello economico, le parole dello scrittore argentino possono apparire come una provocazione poetica, distaccata dalle regole della realtà quotidiana, nella quale siamo ostaggio di necessità che solo il danaro (o quasi) può soddisfare. Nonostante ciò le osservazioni di Borges non possono considerarsi come una speculazione ad uso esclusivo di chi dedica la propria vita alle lettere chiuso in una turris eburnea e che non conosce la durezza della lotta per la sopravvivenza, che percepiamo invece come la sola padrona dei nostri giorni. Prova ne sia che l’analfabetismo delle masse è stato da sempre uno strumento di cui i potenti nei secoli si sono serviti per sottometterle. Conoscere il nome delle cose ci permette di “chiamarle” ed in qualche modo farle nostre, di servircene; non conoscerlo ci esclude dal possesso e dal godimento di esse. Certo oggi l’accesso ai linguaggi non ci viene impedito, o almeno così sembra e dunque non comprendiamo quale effettivamente sia il loro potere, visto che se lo desideriamo impariamo a decodificare linguaggi,  accedendo ai mondi che da essi sono governati e che questo è consentito a tutti. Non è infatti un caso che storicamente il benessere generalizzato al quale siamo abituati sia un unicum mai raggiunto prima nella storia, sebbene non sempre siamo in grado di rendercene conto. Questo dimostra come il legame tra la conoscenza dei linguaggi e l’accesso ai beni ed al potere, a cui Borges ha dedicato tanta parte della sua ricerca è fondato. 

Tornando però alla riflessione iniziale sul significato del racconto e sulla sua presenza costante in ogni epoca della storia dell’uomo, non si può non cogliere in essi un tentativo di dare un senso al reale, individuandone un fine per non sentirsene schiacchiati,  per non  smarrirsi ed anche in questo caso per essere i soli padroni della nostra vita e di ciò che ci circonda. Narrazioni come quelle contenute nell’Iliade e nell’Odissea, secondo alcuni studi avevano la funzione di legittimare un certo potere costituito, che creava i propri eroi per rafforzarsi e conservarsi nel tempo. Altri studi offrono interpretazioni diverse ma nessuna di esse è in grado di negare il ruolo di adattamento della realtà ed alla realtà che il sapere attraverso il racconto ha svolto e  non soltanto in epoche lontane, nelle quali la conoscenza era “unica” e  non aveva ancora subito il processo che avrebbe portato alla specializzazione dei saperi. Oggi infatti, persino una narrazione di carattere scientifico mantiene la componente di racconto a cui sopra si è fatto riferimento e che è risultata essere congeniale all’uomo anche perché soddisfa il suo bisogno di vedersi vivere. Tale interpretazione non esaurisce tutte le funzioni che il racconto ha svolto nella storia dell’uomo, che sono evidentemente molteplici e tante ancora sconosciute, ma individua un nucleo fondamentale e basilare dal quale la trasmissione del sapere si è sviluppata e che ci parla sempre di una fragilità per combattere la quale siamo stati in grado di investire le nostre risorse migliori e senza la quale non saremmo arrivati fin qui.

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano