Cultura
“Se questo è un uomo”
di MARIA DEL ROSSO
Una delle più intense poesie di Primo Levi
“Se questo è un uomo” di Primo Levi, è una delle poesie più profonde della letteratura sulla seconda guerra mondiale.
Levi è uno degli scrittori più conosciuti per aver pubblicato libri sull’ inferno vissuto in prima persona nei campi di concentramento ad Aushwitz.
Primo Levi ha lottato come tutti i superstiti per aver avuto rispetto e memoria per testimoniare alla nuove generazioni quello che è accaduto al popolo ebraico, le atrocità subite dalla politica della violenza.
Inizialmente lo scrittore ha dovuto non solo superare l’inferno dei Lager ma dimostrare all’ umanità e ai non credenti gli orrori compiuti dal fascismo e dal nazismo, capitanati da Hitler e Mussolini.
Levi ha vissuto un periodo complicato dopo il rientro in Italia, da quel lontano 27 gennaio 1945, quando l’Armata Russa ha aperto i cancelli di Aushwitz.
La triste vicenda è legata alla pubblicazione di “Se questo è un uomo”, il cui manoscritto è stato rifiutato per ben due volte dalla casa Editrice Einaudi.
Il libro di Levi è stato accolto dall’ editore Einaudi solo una decina di anni dopo, nel 1958.
La sua esperienza l’ha raccontata nei suoi libri ed in modo particolare nella poesia “Se questo è un uomo” tra speranza e dolore.
La poesia inizia con parole che scuotono la coscienza degli uomini a non restare indifferenti, avvolti dall’ egoismo, immobili alla ferocia dell’odio razziale, diffusa dal nazifascismo.
“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici”.
C’ è un invito ai lettori ad interessarsi del mondo che ci circonda, ad immergerci nella storia per divenire protagonisti attivi nella società, ad essere attenti ai moderni fascismi affinchè sia tutelata la dignità umana nel mondo.
Il razzismo nei confronti di un popolo nasce dalla paura verso il diverso, lo straniero che diviene il capro espiatorio dei nostri fallimenti, della nostra cattiveria, della nostra insicurezza.
La persecuzione degli ebrei ha avuto inizio con una derisione sui giornali e locandine per poi sfociare nell’ emarginazione, nell’ esclusione dalla scuola e dal mondo del lavoro, dai negozi e dalla vita pubblica attraverso gli slogan “Vietato l’ingresso ai cani e agli ebrei” . L’ odio razziale si è manifestato con le leggi antiebraiche del 1938 ed infine mediante la deportazione e con la soluzione finale nei campi di concentramento.
Nel novembre del 1938 Mussolini, il governo e il re decretarono il divieto assoluto di matrimonio tra un cittadino italiano ariano e una persona appartenente a qualsiasi altra razza, comprese quella ebraica e quelle africane.
Il razzismo verso la popolazione ebraica e quello verso i neri si sono intrecciati e sono cresciuti nel corso della guerra d’ Etiopia del 1935-1936.
Il regime ha colpito altre popolazioni come quelle dei rom, dei sinti e dei camminanti.
É importante ricordare che l’introduzione di norme di discriminazione si è manifestata già nell’ aprile del 1937 con il regio decreto legge mirato a punire i rapporti tra cittadini italiani e quelli definiti sudditi dell’Africa orientale italiana per evitare che venisse inquinata la razza.
L’ Italia ai tempi del fascismo è stata complice del governo tedesco nella persecuzione degli ebrei mediante il proprio apparato logistico, amministrativo e di sicurezza per le procedure di arresto, internamento e deportazione degli ebrei verso i campi di concentramento e sterminio dell Est.
Il nostro Paese è stato il primo ad espellere “le persone di razza ebraica” dalle scuole di ogni ordine e grado. Un evento tragico per la nostra Storia che si è sporcata di crimini che hanno distrutto la vita a milioni di ebrei, giudicati solo perché si è nati, considerati il nemico della Patria da eliminare fino a tal punto da negare loro la dignità.
Il concetto di dignità è posto in evidenza nel componimento poetico di Primo Levi:
“Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane fino a inverno
Che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’ inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi,
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi”.
Levi ci ricorda che i deportati nei campi di concentramento sono stati denudati, marchiati da un numero di matricola, privati dei loro affetti, dei loro oggetti, dei loro abiti e delle loro professioni, rapati, violentati e costretti a patire la fame.
Lo scrittore conclude la sua poesia con la speranza che confida nelle nuove generazioni ad essere attenti sulle tematiche sociali perché l’orrore può ritornare con altri nomi, altri popoli, altre culture e altri fascismi.
Basti pensare all’ Europa di oggi minacciata dai populismi, dai venti di guerra, dal razzismo contro i migranti che giungono sulle nostre coste dall’ Oriente nel viaggio della speranza sui barconi nel Mar Mediterraneo in cerca di dignità.
Un’ Italia sempre più ostile verso il diverso, lo straniero che richiama agli slogan fascisti che difendevano la superiorità della razza ariana con “Prima gli italiani”.
La politica della violenza nell’ Europa dei nostri giorni è fomentata da alcuni partiti politici, è attuata con la divisione dell’umanità in “noi” e “voi” costruendo fili spinati e innalzando muri per scaricare la propria responsabilità sul nuovo capro espiatorio, i migranti.
Un tempo sono stati gli ebrei ad essere individuati una minaccia, gli stranieri nemici, gli esseri umani respinti dall’ Europa, oggi sono i fratelli marocchini ad essere considerati una minaccia per lo sviluppo e per l’ equilibrio economico.
Dietro gli occhi che incrociamo dei migranti c’ è una storia, un nome, una cultura da rispettare e da tutelare.
Negli ultimi anni il 27 gennaio è la giornata della memoria, è divenuta una ricorrenza da calendario ma bisogna comprendere la profondità dell’ evento e individuare il soggetto attivo che ha permesso la deportazione degli ebrei in Italia, il fascismo.
I fascisti hanno avuto un ruolo importante nel 1938 con la persecuzione degli ebrei e poi nel 1943-45 hanno partecipato alle deportazioni e quindi alla realizzazione della soluzione finale, la morte nei campi di concentramento, gasati nelle camere a gas, torturati, impiccati, violentatati nella loro dignità.
La politica fascista ha dominato negli anni di guerra nell’ indifferenza dei molti che hanno preferito l’ uomo al governo che decidesse per gli altri. Bisogna essere vigili e attenti al peso delle parole, a chi afferma a gran voce che “Il fascismo ha fatto cose buone” .
Di certo, ha adottato una politica razzista contro il popolo ebraico, di rifiuto e di emarginazione ma anche di violenza contro gli oppositori al governo. Tra “le cose buone”, il governo Mussolini ha messo a disposizione i treni italiani per deportare gli ebrei nei vagoni merce, ammassati e trattati come bestie per raggiungere i campi della morte.
E allora combattiamo il virus del razzismo mediante il vaccino della cultura, studiando la storia, ascoltando le testimonianze di coloro che hanno vissuto gli anni bui affinchè il passato non ritorni con altre sembianze e altri fantasmi.
Accogliamo la speranza di Primo Levi ad essere umani e non indifferenti, a non guardare dall’ altra parte per convenienza, ad avere memoria di milioni di ebrei morti a causa
dell’ odio e della violenza mediante la partecipazione attiva nella società in difesa della dignità umana.
E come afferma la senatrice a vita, Liliana Segre : “Non siate indifferenti, non omologatevi e stupitevi del mare altrui”.
La foto è del web.