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La cronaca nera infestata da fake news e cyberbullismo
di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO
Una volta, la verità giudiziaria era frutto dell’iter processuale. Era tutto semplice e codificato. Una corte, un pubblico ministero, avvocati difensori, la parte civile, testimoni e consulenti. Analisi di prove e testimonianze, contraddittorio e poi sentenza. Verità processuale e caso chiuso. Lineare, anche se non sempre perfetto. Ora le cose, sono cambiate. Questa è l’era di internet, dei social. Ora è più facile accedere ad atti e informazioni, quindi è più semplice per il comune cittadino , informarsi sui casi giudiziari ed esprimere la propria opinione. Una buona cosa quindi. O meglio, non sempre. Il comune cittadino, troppo spesso, vuole vestire i panni di giudice e investigatore. Spuntano come funghi esperti di criminologia e cronaca nera, formati dall’università della vita. Lo schema è sempre lo stesso. Usare i social per accreditarsi, fare in modo di avere un buon numero di plaudenti e acritici seguaci e poi sfornare tesi e verità. Gente comune, con attività lavorative che nulla hanno a che spartire con le investigazioni, diventa investigatore per hobby. Letture approssimative degli atti, diventano spesso “verità sconvolgenti “. Spesso questi investigatori dilettanti, vengono supportati da esperti poco attivi in tribunale ma molto in tv o sui social. Solo su Facebook, troviamo decine di investigatori dilettanti e centinaia di gruppi di discussione sui vari casi di cronaca nera. Molte persone scrivono in questi gruppi con il sincero scopo di dare un contributo, altri, però, attaccano violentemente qualsiasi idea diversa dalla propria. Una violenza verbale tale, per contenuti e per durata nel tempo, da creare ansia e malessere nella vittima, così da configurare l’ipotesi di reato di stalking. Succede poi che questi autoproclamati esperti, si scagliano contro professionisti che delle indagini fanno un lavoro. Per esempio. Mercoledì 13 giugno scorso, la trasmissione Chi l’ha Visto? manda in onda un servizio sul presunto collegamento tra Zodiac e il mostro di Firenze. Servizio curato da Giuseppe Pizzo, per molti anni in Polizia, dove ha partecipato alle indagini sui delitti del mostro. Il servizio ha visto il contributo della grafologa forense Sara Cordella, con molti anni di attività in tribunale. Due professionisti quindi. Un servizio senza pretese di offrire o urlare delle verità. La semplice indicazione di spunti investigativi, evidenziando nella lettera analizzata punti di contatto sia con Zodiac e sia con il mostro di Firenze, ma senza alcuna attribuzione . Un contributo tecnico, non certo una sentenza. Le sentenze, arrivano il giorno dopo. Una persona, intervistata durante il servizio, inizia una campagna mediatica contro Chi l’ha Visto?, reo di aver tagliato una parte della sua intervista. La persona in questione, si spinge oltre e accusa la trasmissione di aver diffuso una fake news. Una notizia falsa. Ora i problemi sono due. Il primo, accusare di confezionare e diffondere notizie false, può configurare il reato di diffamazione e calunnia. Oltre al rischio di consistenti risarcimenti in sede civile, per aver leso la reputazione professionale. Secondo, per definire una notizia falsa, non basta la propria opinione personale o l’opinione sempre personale, di esperti chiamati a frettolosa consulenza. Servono dati oggettivi, di un soggetto terzo. La magistratura, che si deve esprimere, con una sentenza. La vicenda del mostro di Firenze, è una vicenda tanto orrenda quanto complessa. Scrittori, giornalisti, esperti forensi, investigatori per hobby, in tantissimi hanno espresso la propria teoria sul mostro. Senza mai, però, riuscire a dare consistenza probatoria alle proprie teorie. Che rimangono opinioni personali. Il processo penale si fonda sui fatti, non sulle opinioni. La prova si forma in tribunale. Non in tv, non sui giornali, non sui social. Una teoria diventa verità, solo dopo aver superato il vaglio del contraddittorio in tribunale. Non possono e non devono esserci altre vie. Quando si parla e si scrive di cronaca nera, è doveroso evitare ogni protagonismo, evitare linguaggio aggressivo e di distorcere i fatti. Parliamo di dolorose vicende, di vite strappate e di famiglie distrutte. Sia di monito e guida il motto scelto dal cardinale Martini. Pro veritate adversa diligere et prospera formidando declinare.
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