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29 Settembre 2025

Assata Shakur: vita di resistenza, mito di libertà

Dalla lotta nelle strade di New York all’esilio a L’Avana, la storia di una donna che ha sfidato il potere e lasciato un’impronta indelebile nella memoria dei movimenti per la giustizia sociale.

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Di Maddalena Celano

Assata Shakur si è spenta il 25 settembre 2025 a L’Avana, all’età di 78 anni, chiudendo il capitolo di una vita segnata da lotta, esilio e simbolismo. Nata Joanne Deborah Byron nel Queens il 16 luglio 1947, la sua infanzia oscillò tra l’energia vertiginosa di New York e il silenzio pesante della segregazione in Carolina del Nord. Quei primi anni, intrisi di ingiustizia e discriminazione, plasmarono una coscienza che non avrebbe mai accettato l’oppressione.

Giovanissima, si trasferì a Oakland, California, dove entrò nel Black Panther Party. Lì, il suo impegno fu concreto e visibile: organizzava colazioni gratuite per i bambini, cliniche sanitarie per la comunità e programmi di sostegno sociale, trasformando le parole di libertà in azioni tangibili. Ma l’esperienza nel partito le apparve presto insufficiente: le dinamiche interne e la limitata conoscenza della storia afroamericana tra i membri la spinsero a cercare una militanza più radicale. Nacque così l’adesione all’Esercito di Liberazione Nera, un gruppo che mescolava impegno politico e tattiche di guerriglia ispirate ai Vietcong e ai combattenti per l’indipendenza algerini.

Il suo cammino fu segnato da conflitti diretti con lo Stato. Nel maggio del 1973, uno scontro a fuoco con la polizia del New Jersey portò alla morte dell’agente Werner Foerster. Arrestata e condannata a vita nel 1977, Shakur riuscì a evadere nel 1979 grazie all’aiuto di membri del BLA e, dopo anni di latitanza, trovò rifugio a Cuba nel 1984, dove il governo di Fidel Castro le concesse asilo politico. A L’Avana costruì una nuova vita, studiando, imparando lo spagnolo e formando una famiglia, senza mai perdere la sua influenza sui movimenti di giustizia sociale.

Negli Stati Uniti, Assata Shakur rimase per decenni una figura controversa: considerata terrorista, fu inserita nel 2013 nella lista dei “terroristi più ricercati” con una taglia di un milione di dollari. Lei, però, continuò a proclamare la propria innocenza, sostenendo di essere stata perseguitata per le sue convinzioni e il suo impegno a favore della comunità afroamericana.

La sua autobiografia, Assata: An Autobiography (1987), divenne un testo fondamentale per comprendere la sua visione del mondo e la sua esperienza di lotta. Il libro influenzò generazioni di attivisti, artisti e leader di movimenti sociali, continuando a ispirare anche il movimento Black Lives Matter.

Assata Shakur rimane una figura complessa: simbolo di resistenza e libertà per molti, soggetto di condanna politica e giudiziaria per altri. La sua morte chiude un capitolo significativo della storia dei diritti civili e delle relazioni internazionali, ma la sua eredità continua a vivere, potente e provocatoria, ricordandoci la forza della determinazione e del coraggio di chi sfida il potere.