22 Settembre 2025
Non è solo un caso: il suicidio di Paolo Mendico e il fenomeno del bullismo a scuola
La morte di un adolescente riaccende il dibattito: bullismo e cyberbullismo non sono “ragazzate”, ma una minaccia reale alla salute mentale.

Famigliari e compagni parlano di vessazioni, la Procura indaga. L’Italia si interroga sulle responsabilità delle scuole, delle famiglie e della comunità. E sulle soluzioni concrete per prevenire nuove tragedie.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
La comunità di Santi Cosma e Damiano (Latina) è sotto shock: un ragazzo poco più che adolescente si è tolto la vita nella sua camera. Dietro la tragedia, raccontano familiari e amici, ci sarebbero episodi di bullismo e insulti ripetuti, anche sui social https://www.skuola.net/news/inchiesta/paolo-mendico-suicida-bullismo-intervista-genitori.html . La Procura ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di istigazione al suicidio.
Un lutto che diventa un grido d’allarme: quante volte il bullismo, minimizzato come “scherzi fra ragazzi”, nasconde invece un dolore profondo, capace di spezzare una vita?

Gli esperti definiscono il bullismo come una sequenza di comportamenti aggressivi, intenzionali e ripetuti, diretti contro una vittima che fatica a difendersi: insulti, esclusione, minacce, violenze fisiche o umiliazioni online.
Con i social network il fenomeno non si limita più ai muri della scuola: il cyberbullismo espone la vittima 24 ore su 24, rendendo virali immagini o frasi offensive che diventano impossibili da cancellare.
Il bullismo nasce da più fattori:
dinamiche di gruppo che premiano l’aggressività e l’esclusione;
famiglie assenti o poco comunicative;
scuole prive di strumenti di prevenzione;
fragilità personali, mancanza di empatia o difficoltà a gestire emozioni e conflitti;
l’uso distorto della tecnologia, che moltiplica la portata della violenza.
Le conseguenze sono pesantissime: ansia, insonnia, calo del rendimento, isolamento. A lungo termine: depressione, autolesionismo e pensieri suicidari.
Gli studi italiani confermano che il suicidio giovanile è un problema di salute pubblica in crescita. Ogni episodio scuote non solo una famiglia, ma l’intera comunità scolastica, incrinando fiducia e senso di sicurezza.
Prima di trattare i provvedimenti necessari iniziamo da cosa non fare
Minimizzare il fenomeno come “ragazzata”.
Colpevolizzare la vittima.
Agire solo con punizioni isolate, senza un piano educativo.
Rimuovere lo smartphone senza affrontare la radice del problema.
Passiamo alle possibili soluzioni
Le buone pratiche indicano una strada multilivello:
A scuola: protocolli chiari contro il bullismo, formazione obbligatoria degli insegnanti, programmi di educazione emotiva e mediazione tra pari.
Con i ragazzi: supporto psicologico tempestivo, interventi restaurativi che riparino il danno invece di limitarsi a punire.
Tecnologia: regole chiare sull’uso dei social e collaborazione con le piattaforme per rimuovere contenuti offensivi.
Famiglie e comunità: sportelli di ascolto, incontri scuola-genitori, reti tra servizi sociali, ASL e forze dell’ordine.
Livello nazionale: investimenti nella salute mentale degli adolescenti e monitoraggio costante dei fenomeni.
In primo intervento non può non partire dalle famiglie. I famigliari devono saper cogliere eventuali segnali d’allarme
Cambiamenti improvvisi di umore.
Ritiro sociale, chiusura in camera.
Calo improvviso del rendimento scolastico.
Frasi di disperazione o autolesionismo.
Se emergono questi segnali, non minimizzare: parlare con il ragazzo, chiedere aiuto a un professionista, informare la scuola. Se l’incolumità fisica o psichica è a rischio presentare denuncia alle Forze dell’Ordine.
La tragedia morte di Paolo Mendico ha scosso l’Italia intera. Con commozione e sdegno.
Commozione e sdegno che devono portare a misure concrete. Come task-force provinciali contro il bullismo. Task-force composta dal Prefetto, dirigenti scolatici di ogni istituto, psicologi, assistenti sociali, Polizia postale, Carabinieri, neuropsichiatri infantili, associazioni, rappresentati dei genitori e degli studenti.
Bisogna costruire strutture operative e trovare i relativi fondi. Bisogna fare squadra. Inoltre bisogna parlare del suicidio. Analizzare cause e dinamiche. Segni premonitori. Trattare il tema suicidio con gli adolescenti.
Perché il bullismo prospera nel silenzio e nella solitudine delle vittime: prevenirlo significa salvare vite e ricostruire fiducia.
RIPRODUZIONE RISERVATA ©
