Editoriale
Manganelliamo
Forti con i deboli e deboli con i forti. Come definire diversamente chi picchia un centinaio – e non orde – di ragazzini, molti dei quali minorenni, disarmati, in corteo assolutamente pacifico ed, al contrario, non muove un dito in presenza di donne e uomini adulti e ben piazzati intenti ad alzare il braccio destro – vedasi Acca Larenzia – o di agricoltori che bloccano strade e piazze?
di Lavinia Orlando
Forti con i deboli e deboli con i forti. Come definire diversamente chi picchia un centinaio – e non orde – di ragazzini, molti dei quali minorenni, disarmati, in corteo assolutamente pacifico ed, al contrario, non muove un dito in presenza di donne e uomini adulti e ben piazzati intenti ad alzare il braccio destro – vedasi Acca Larenzia – o di agricoltori che bloccano strade e piazze?
A ben vedere, tuttavia, i poliziotti che hanno inspiegabilmente e violentemente manganellato, a Pisa e Firenze, studenti di scuole secondarie ed università che manifestavano a favore delle ragioni palestinesi, non hanno fatto altro che replicare episodi simili verificatisi in tante altre città italiane, tra cui Torino, Roma e Milano. Le cariche sproporzionate della polizia nei confronti di cittadini che scendono in piazza stanno diventando sempre più frequenti, così come gli episodi di inspiegabile esibizione della propria posizione professionale (identificazioni e richieste di documenti) sempre in danno di chi si trovi in luoghi pubblici ad esprimere, pacificamente, le proprie idee.
Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Viminale, con riguardo agli ultimi due episodi toscani, ha ammesso “difficoltà operative” e che quanto accaduto “sarà oggetto di riflessione”. Le – poche – dichiarazioni della maggioranza sembrano tuttavia quasi giustificare gli episodi, o definendoli semplici incidenti contingenti o affermando che la manifestazione non sarebbe stata autorizzata e non ci sarebbe, dunque, da stupirsi per l’intervento delle forze dell’ordine.
E, però, gli accaduti di Pisa e Firenze, già gravi se presi in considerazione singolarmente, sono, se valutati in combinato disposto con i tanti precedenti degli ultimi mesi, il chiaro specchio della deriva autoritaria in cui sta scivolando il nostro Paese, o, per meglio dire, in cui il governo di destra targato Meloni lo sta spingendo.
È un po’ come chi ancora definisce gli episodi di violenza contro le donne frutto della follia dell’uomo di turno, non sapendo o non volendo considerare la reale causa, culturale, alla base degli stessi. Allo stesso modo, le cariche e le manganellate di poliziotti contro manifestanti inermi non sono semplici contrattempi o gravi errori, ma paiono frutto di un disegno governativo ben chiaro.
Gli esempi che vanno in questo senso si sprecano: dall’aumento delle pene e l’istituzione di nuovi reati, alla proposta di allontanare dalla RAI gli artisti che esprimano idee politiche, passando per la riforma istituzionale sul premierato, unitamente ai tanti episodi di repressione violenta delle manifestazioni di idee non apprezzate dalla destra. Si tratta di più indizi che formano una chiara prova dell’intento dell’attuale maggioranza: dirigersi verso un irrigidimento autoritario della nostra democrazia.
Certo, qualcuno dovrebbe spiegare alla Presidente Meloni che le reazioni sproporzionate, a parte eventuali risvolti penali che verranno valutati nelle sedi opportune, non valgono né a controllare né ad incrementare il consenso, rischiando, al contrario, di risultare deleterie. Tra l’altro, almeno stando agli ultimi sondaggi, Giorgia Meloni sarebbe saldamente in cima alle preferenze degli italiani, ragione per cui ancora di più non avrebbe da mostrare i muscoli.
Ciononostante, la maggioranza non riesce a gestire il dissenso in maniera razionale, mostrando particolari difficoltà nei confronti di coloro che evidenzino divergenze culturali e che non siano chiaramente elettori di destra. Se così non fosse, non si spiegherebbe l’atteggiamento estremamente lassista nei confronti di simpatizzanti fascisti ed agricoltori.
Non resta che continuare a scendere nelle piazze, quelle fisiche, e continuare ad urlare il proprio dissenso, contro il genocidio in Palestina e contro tutte le tante altre ingiustizie dei nostri tempi. Se il risultato voluto dal governo fosse davvero quello di zittire il dissenso, non resterebbe altro che farsi sentire in maniera ancora più energica.
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