Oasi Culturale
Addio a Giorgio Armani, il re della moda
Benvenuti su “Oasi Culturale” rubrica de IlSudEst a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo.
Questa settimana rendiamo omaggio a Giorgio Armani recentemente scomparso
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Di Sara D’Angelo
All’età di 91 anni “re” Giorgio è morto. In pochi minuti la notizia è rimbalzata in rete raggiungendo il più lontano angolo di mondo. Il gruppo Armani ha dato l’annuncio:
“Con infinito cordoglio, il gruppo Armani annuncia la scomparsa del suo ideatore, fondatore e instancabile motore. Il signor Armani, come è sempre stato chiamato con rispetto e ammirazione da dipendenti e collaboratori, si è spento serenamente, circondato dai suoi cari”.
Il re della moda italiana e internazionale ci ha lasciato giovedì 4 settembre. Aveva trascorso l’estate nella sua casa a Forte dei Marmi insieme alla sua famiglia, poi un peggioramento delle sue condizioni di salute hanno fermato il cuore di un irripetibile genio applaudito dall’intero pianeta.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha proclamato per lunedì 8 settembre, il giorno del funerale in forma privata, una giornata di lutto cittadino.
A breve distanza dal suo ultimo compleanno (l’11 luglio), la notizia ha sorpreso tutti, dal momento che fino a poco tempo prima l’attività creativa e manageriale dello stilista era in pieno fermento. Armani aveva voluto visionare tutti i look della collezione per i 50 anni protagonisti della prossima Fashion Week, a settembre.
Il Maestro aveva appena acquisito “La Capannina” per sottolineare “un ritorno alle origini” di cui, forse, sentiva una malinconia silenziosa. Fu proprio lì che negli anni Sessanta conobbe l’architetto e stilista Sergio Galeotti, suo compagno di vita nonchè fedele collaboratore dell’azienda. Galeotti morì nel 1985 a soli quarant’anni. In molte interviste Giorgio Armani ricorda quel lutto come un tempo in cui fu sopraffatto da non poche incertezze sul suo futuro privato e lavorativo: “Quando morì Sergio morì una parte di me”. Il genio che abitava in lui esigeva un’energia che si era affievolita a causa dell’immenso dolore.
“Lo stile”, diceva, “è eleganza, non stravaganza. L’importanza è non farsi notare, ma ricordare”.
Lo stile italiano ma non solo.
Armani era affascinato dall’Oriente sempre presente nelle passerelle-vetrine di una maestria sartoriale, tanto da meritare il podio dell’haute couture Giorgio Armani Privé.
Dell’Emporio Armani all’impero Armani il tratto stilistico è sempre più definito, unico, irraggiungibile, leggenda. Hollywood acclama lo stilista italiano votato all’essenziale come unico elemento dell’eleganza senza tempo, capace di far emergere un attore poco conosciuto come nuovo sex symbol.
Era il 1980. Firmando il guardaroba di Richard Gere nel film “American Gigolò”, Giorgio Armani conquistò il cinema d’oltreoceano. La scena cult in cui Julian Kay sceglie quattro giacche e le allinea sul letto, per poi abbinarle ad altrettante camicie e cravatte consacrò l’attore (impegnato in uno dei suoi primi film), in una star di Hollywood.
Intanto il suo nome diventava sinonimo di eleganza anche oltreoceano, Giorgio Armani vestiva le icone di bellezza internazionali sui red carpet più prestigiosi. Julia Roberts, Anne Hathaway, Cate Blanchett, Diane Keaton, Sophia Loren, Michelle Pfeiffer sono icone scolpite del nella storia del cinema che da decenni indossano il successo… e un vestito Armani.
Nel 1982 la popolarità a livello mondiale di Armani fu celebrata con la copertina di Time. Il suo inconfondibile stile si espanse nell’affermazione internazionale di collezioni glamour con la predilezione di tagli nitidi dai colori freddi quali il grigio, il beige, il greige (una tonalità tra il grigio e il beige), simbolo dell’eleganza Armani, che lui stesso ha sempre identificato come una tonalità fredda ma versatile se stilizzato con delle varianti moderne che affrettano la proiezione di uno stile senza tempo.
“Cercavo una tonalità che fosse calda ma allo stesso tempo metropolitana, sobria ma non scontata. E il greige è tutto questo per me: discreto, sofisticato e naturale. Amo i colori naturali, danno un profondo senso di tranquillità e serenità, e sono una base sulla quale si può costruire qualsiasi cosa”.
In questa sede sarebbe indelicato schivare la tappa sul blu Armani, una carezza al tempo delle sue vacanze al mare nell’isola di Pantelleria. Lontano parente del nero, il blu è un pò di cielo in prestito per le notti da ricordare. Armani indossava spesso il blu, un colore sempre presente nelle sue sfilate, nel 2010 dedicò un’intera collezione a quello che per lui “è un colore che trasmette un senso di affidabilità e serenità, ma allo stesso tempo potente e suggestivo”.
Armani non è stato solo il re della moda. Il suo nome è legato a un brand che negli anni è stato fondamento di arredi, accessori, ristoranti, hotel.
E non solo.
Dai giochi olimpici di Londra 2012 Armani ha sempre firmato le divise degli atleti italiani alle Olimpiadi. A partire dal 1994 ha vestito la Nazionale di calcio, andando indietro nel tempo si ritiene opportuno sottolineare che il Piacenza, la squadra della sua città natale, è stata la prima a indossare le divise firmate dal “signor Armani”, così veniva chiamato dal suo staff in segno di rispetto.
Gli applausi all’indirizzo del suo nome acclamato nel corso delle standing ovation, dei numerosi red carpet, si sono riprodotti in una lunga eco che di certo non giustificherà la parola fine con la scomparsa del Maestro.
Lo stilista si è spento circondato dagli affetti più cari, la famiglia e il compagno degli ultimi vent’anni Leo Dell’Orco. Sedicimila persone hanno visitato la camera ardente allestita in via Bergognone a Milano, all’interno dell’Armani Teatro. Dietro un tappeto di lanterne accese e tantissimi fiori bianchi, un maxi schermo riproduce il ritratto di Giorgio Armani e il suo ultimo messaggio: “Il segno che spero di lasciare è fatto di impegno, rispetto e attenzione per le persone e per la realtà. È da lì che tutto comincia”.
Per volontà dello stilista la cerimonia funebre si è svolta in forma privata.
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