Esteri
Cuba, Venezuela, Iran e Palestina: Quando viaggiare diventa un crimine
Il diritto di muoversi, parlare, incontrare e pensare non può essere subordinato alla compatibilità con l’egemonia imperiale di turno.

Appunti da una cittadina (non allineata)
Di Maddalena Celano
Siamo nel terzo decennio del XXI secolo e viaggiare non è più solo una questione di passaporti e visti. È una questione di allineamento ideologico.
Non serve avere precedenti penali, non serve violare leggi o regole di frontiera. Basta aver visitato i Paesi sbagliati o aver espresso opinioni ritenute “sensibili”, per ritrovarsi improvvisamente esclusi dalla mobilità internazionale.
In alcuni casi, un semplice volo verso l’America Latina o il Medio Oriente può trasformarsi in un campo minato digitale. Basta una parola chiave nei sistemi interconnessi – “Cuba”, “Palestina”, “Iran”, “Nicaragua” – per attivare l’algoritmo del sospetto. Nessuna notifica, nessuna spiegazione esaustiva. Solo un messaggio secco, burocratico e impersonale: “Denied boarding. Decisione governativa.”
E il governo in questione, spesso, non è nemmeno quello del Paese di partenza o di arrivo. È quello degli Stati Uniti d’America. Un potere invisibile ma onnipresente che agisce attraverso software, banche dati, e aziende private in tutto il mondo. Un potere che non ti arresta, ma semplicemente ti cancella dal sistema dei viaggi consentiti.
A quel punto, non sei una criminale, ma una “non gradita”.
Una viaggiatrice che ha osato attraversare territori geopoliticamente scoraggiati. Un corpo che ha oltrepassato il margine della neutralità tollerata.
Il risultato? Una nuova forma di censura: silenziosa, extragiudiziale, algoritmica. Una frontiera non fatta di muri, ma di codici e blacklist invisibili. Il crimine non è quello che hai fatto, ma quello che rappresenti: una presenza non conforme nel grande teatro del controllo globale.
C’è un potere silenzioso, opaco, che si esercita sulle nostre vite senza bisogno di tribunali né sentenze. Un potere che si insinua nei sistemi informatici, nei portali di prenotazione, nei gate aeroportuali. È il potere delle sanzioni unilaterali extraterritoriali imposte dagli Stati Uniti, che colpiscono non solo governi e imprese, ma anche persone comuni. Ne sono testimone diretta.
Dopo diversi viaggi a Cuba – legalissimi, culturalmente arricchenti, storicamente necessari – mi è stato negato l’imbarco per il Nicaragua, un paese con cui gli Stati Uniti mantengono da anni relazioni ostili e un regime sanzionatorio sempre più aggressivo. Al banco Avianca, a Toronto, mi è stato comunicato che il mio volo non poteva essere processato per “motivi governativi”, senza ulteriori spiegazioni. Una decisione opaca, senza possibilità di appello immediato, che ha comportato una perdita economica, psicologica e logistica significativa. E soprattutto una violazione palese del mio diritto alla libertà di movimento.
Le sanzioni che colpiscono i viaggiatori
Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno perfezionato un sistema di “sanzioni ad personam” che, in nome della sicurezza nazionale e della lotta all’autoritarismo, crea vere e proprie liste nere. Attraverso l’Office of Foreign Assets Control (OFAC), il Dipartimento del Tesoro statunitense gestisce programmi sanzionatori che vietano transazioni, congelano conti, bloccano visti e – come nel mio caso – impediscono imbarchi anche fuori dal suolo americano.
Nel mirino finiscono anche cittadini europei che hanno avuto contatti con paesi “ostili” come Cuba, Venezuela, Iran, Palestina, Nicaragua. Basta che il proprio passaporto contenga un timbro sospetto, o che il proprio nominativo sia stato segnalato da un algoritmo collegato al sistema ESTA (Electronic System for Travel Authorization), per ritrovarsi “non idonei al volo” senza alcuna accusa formale.
Un controllo globale senza limiti
Questa politica ha un nome preciso: extraterritorialità delle sanzioni. Gli Stati Uniti non si limitano a imporre restrizioni entro i propri confini: pretendono che le compagnie aeree, le agenzie di viaggio, i sistemi bancari e persino i governi terzi rispettino le loro liste nere. Il rifiuto può significare multe salatissime e l’esclusione dal mercato americano.
Nel mio caso, non mi trovavo né negli Stati Uniti né su un volo americano. Eppure la compagnia colombiana Avianca, che serve anche il mercato statunitense, ha preferito negare l’imbarco, senza nemmeno offrirmi una spiegazione chiara o un rimborso immediato. Il solo sospetto di “non conformità” ha trasformato un biglietto valido in un documento inutile.
Violazioni dei diritti e assenza di trasparenza
Queste prassi rappresentano una chiara violazione del diritto internazionale. Secondo l’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornarvi. Inoltre, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea garantisce la libertà di circolazione dei cittadini europei. Eppure, nel nome di una politica estera aggressiva e unilaterale, questi diritti vengono sospesi.
Nel mio caso, mi sono rivolta a un team legale specializzato che ha avviato una procedura di rimborso e accertamento delle responsabilità. Ma l’assenza di trasparenza e il rimpallo di responsabilità tra compagnia aerea, agenzia di prenotazione e autorità governative rendono la battaglia ancora più ardua.
Una chiamata alla responsabilità
Questa non è solo la mia storia. È la storia di chiunque abbia deciso di conoscere il mondo senza farsi dettare i confini da Washington. È la storia di chi crede ancora nella diplomazia, nel diritto, nel dialogo tra popoli. Ed è soprattutto un appello all’Unione Europea: è inaccettabile che cittadini europei siano sottoposti a misure punitive decise da potenze straniere senza possibilità di difesa legale.
Chiedo che le istituzioni europee intervengano con fermezza per proteggere la sovranità dei propri cittadini. Chiedo che le compagnie aeree non diventino complici di politiche discriminatorie. Chiedo che viaggiare non sia più considerato un atto sovversivo.
Perché la vera sicurezza nasce dalla libertà, non dal controllo.
Sanzioni ad personam degli Stati Uniti: come funzionano e quali effetti producono sul diritto alla mobilità internazionale
Le sanzioni ad personam sono misure restrittive imposte dagli Stati Uniti contro individui specifici, spesso funzionari governativi, imprenditori, militari o attivisti accusati di violazioni dei diritti umani, corruzione, terrorismo, traffico di droga o minacce alla sicurezza nazionale americana. Tuttavia, negli ultimi anni queste sanzioni sono state estese anche a semplici viaggiatori, diplomatici o cittadini stranieri coinvolti — direttamente o indirettamente — in attività ritenute “ostili” agli interessi politici e strategici statunitensi.
Base giuridica delle sanzioni
Le sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti poggiano su una serie di leggi federali e ordini esecutivi, tra cui:
- International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977
- Global Magnitsky Act (2016) – permette al Presidente di imporre sanzioni a soggetti accusati di gravi violazioni dei diritti umani o corruzione sistemica.
- Trading with the Enemy Act (TWEA) – usato per sanzionare Paesi ritenuti nemici, come Cuba.
- Patriot Act – che consente restrizioni in nome della sicurezza nazionale e antiterrorismo.
Le sanzioni sono amministrate principalmente dall’Office of Foreign Assets Control (OFAC), un’agenzia del Dipartimento del Tesoro.
Come funzionano le sanzioni ad personam
Quando un individuo viene sanzionato, può essere:
- Inserito nella SDN List (Specially Designated Nationals and Blocked Persons List)
- Le persone su questa lista vedono bloccati tutti i loro beni negli Stati Uniti.
- Le transazioni con aziende USA (incluse compagnie aeree, banche e agenzie di viaggio) diventano illegali.
- Colpito da divieti di viaggio
- Gli individui sanzionati non possono ottenere visti d’ingresso.
- Anche compagnie aeree straniere che usano software USA per la gestione dei dati passeggeri (Passenger Name Record – PNR) possono essere costrette a negare l’imbarco.
- Limitazioni indirette tramite software e app
- Anche se la compagnia è latinoamericana o europea, se utilizza software con componenti statunitensi (come Sabre o Amadeus con sede negli USA o con licenze statunitensi), è soggetta alle normative USA, e può ricevere multe se permette a un soggetto sanzionato di viaggiare.
Effetti collaterali e casi emblematici
- Cittadini europei, latinoamericani o africani sono stati spesso rifiutati all’imbarco per viaggi verso Cuba, Nicaragua, Venezuela, Siria, Iran o Corea del Nord, senza alcuna notifica ufficiale, ma semplicemente a causa del blocco informatico nei sistemi condivisi con le autorità USA.
- Alcuni viaggiatori scoprono di essere bloccati preventivamente perché hanno visitato o dichiarato di voler visitare Paesi soggetti a embargo, come Cuba.
- Le compagnie aeree e le agenzie di prenotazione online (come eDreams, Trip.com, Expedia, ecc.) spesso si adeguano in automatico per non rischiare ritorsioni legali o commerciali da parte del governo USA.
Esempi di attivisti e intellettuali colpiti per il loro impegno su Palestina e Iran
Conseguenze dirette sul diritto al viaggio
🔴 1. Haneen Zoabi (Palestina/Israele)
Ex parlamentare araba israeliana, ha subito numerosi attacchi mediatici e istituzionali per il suo attivismo a favore della causa palestinese. Le sue visite in Europa e partecipazioni a conferenze internazionali sono state spesso ostacolate. Alcune università statunitensi e canadesi hanno annullato inviti o boicottato incontri per “preoccupazioni legate alla sicurezza”.
🔴 2. Shirin Ebadi (Iran)
Premio Nobel per la Pace 2003, ex giudice iraniana in esilio, ha denunciato di essere stata soggetta a restrizioni nei movimenti e nei trasferimenti bancari a causa delle sanzioni statunitensi contro l’Iran. Pur essendo oppositrice del governo iraniano, ha subito limitazioni per il solo fatto di essere cittadina iraniana, dimostrando l’assurdità delle misure ad ampio spettro.
🔴 3. CodePink (USA, pro-Palestina e pro-Iran)
L’organizzazione femminista e pacifista statunitense è stata sottoposta a sorveglianza dall’FBI e attaccata pubblicamente da lobbisti pro-Israele per le sue campagne contro le sanzioni all’Iran e per il boicottaggio di aziende legate all’occupazione israeliana. Alcune leader di CodePink, come Medea Benjamin, hanno subito interrogatori ai confini e temporanee esclusioni da eventi pubblici e università.
🔴 4. Norman Finkelstein (USA)
Storico e politologo ebreo statunitense, figlio di sopravvissuti alla Shoah, è stato bandito da Israele per dieci anni per il suo attivismo pro-Palestina e la sua denuncia dell’uso politico della memoria dell’Olocausto. Nel 2008 fu espulso da Israele all’arrivo all’aeroporto di Tel Aviv. Ha anche incontrato difficoltà nei viaggi internazionali, e le sue conferenze sono spesso boicottate da gruppi filosionisti.
🔴 5. Zahra Billoo (USA, pro-Palestina)
Avvocata per i diritti civili e direttrice del Council on American-Islamic Relations (CAIR), ha denunciato molestie aeroportuali e controlli speciali ogni volta che viaggia. Ha dichiarato che, dopo aver visitato la Palestina e aver parlato pubblicamente contro l’apartheid israeliano, è stata inserita in liste di controllo del DHS (Department of Homeland Security).
🔴 6. Syed Mohammad Marandi (Iran)
Accademico iraniano, professore di letteratura inglese e portavoce informale del governo iraniano durante i negoziati sul nucleare, è spesso soggetto a restrizioni nei viaggi in Europa e negli Stati Uniti. Le sue presenze a conferenze accademiche in Occidente sono regolarmente osteggiate, nonostante non sia sotto sanzioni dirette. Il suo caso dimostra la logica “ad personam” estesa anche ad accademici o intellettuali non allineati.
Cuba: il caso più emblematico di embargo e criminalizzazione del viaggio
Cuba rappresenta uno dei casi più emblematici di sanzioni unilaterali e punizioni extraterritoriali imposte dagli Stati Uniti. Il blocco economico, commerciale e finanziario contro l’isola — attivo formalmente dal 1962 — è stato rafforzato nel tempo con leggi come la Helms-Burton Act (1996) e le restrizioni dei titoli III e IV, che puniscono anche cittadini e imprese non statunitensi per il solo fatto di commerciare o collaborare con l’isola.
Ma ciò che rende il caso cubano particolarmente inquietante è l’estensione delle misure punitive ai singoli viaggiatori, perfino europei o latinoamericani, che si sono recati legalmente a Cuba per motivi culturali, accademici o turistici. Alcuni di essi, al momento di richiedere un’autorizzazione ESTA per viaggiare negli Stati Uniti, scoprono di essere automaticamente esclusi solo per aver visitato l’isola socialista dopo il 2021, quando Washington ha reintrodotto Cuba nella lista dei “Paesi sponsor del terrorismo” — una classificazione ampiamente contestata dalla comunità internazionale.
Non è raro che passeggeri in partenza per altre destinazioni vengano bloccati da compagnie aeree che utilizzano software statunitensi, proprio perché i loro dati di volo includono precedenti transiti o soggiorni a L’Avana, Santiago de Cuba o Cienfuegos. In alcuni casi, la sola dichiarazione di aver viaggiato a Cuba attiva un algoritmo di allerta nei sistemi interni delle agenzie di prenotazione.
Questo tipo di controllo extraterritoriale non solo criminalizza la scelta di visitare un Paese con un sistema politico alternativo, ma nega a Cuba stessa il diritto alla normalizzazione delle relazioni culturali e umane. La sanzione non colpisce solo lo Stato, ma ogni corpo che ha attraversato quel territorio. In un mondo in cui viaggiare dovrebbe essere un ponte fra i popoli, Cuba continua ad essere trattata come un virus geopolitico, e chiunque abbia avuto contatti con essa come un sospetto da isolare.
Conseguenze sul diritto alla mobilità
Le sanzioni ad personam, pur essendo strumenti unilaterali di pressione politica, interferiscono con il diritto alla libertà di movimento, sancito da convenzioni internazionali come:
- Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
- Articolo 12 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR)
Molte di queste restrizioni si applicano extraterritorialmente, violando il principio di non ingerenza negli affari interni degli Stati sovrani, e possono colpire anche individui non direttamente coinvolti in atti criminali o violazioni.
Critiche e controversie
- ONU, UE e vari organismi umanitari hanno più volte denunciato l’abuso delle sanzioni ad personam da parte degli USA come strumento di coercizione politica.
- Alcuni Paesi — come Cina, Russia, Cuba, Iran, Venezuela e Nicaragua — hanno accusato gli Stati Uniti di usare le sanzioni per minare la loro sovranità.
- Le sanzioni si basano spesso su liste opache, dove è difficile sapere chi ha inserito un nome e perché, e non sempre è possibile fare ricorso.
Le sanzioni ad personam degli Stati Uniti, dietro una parvenza di lotta per i diritti umani e contro la corruzione, sono strumenti geopolitici potenti che incidono direttamente sulla vita di individui, anche innocenti, in tutto il mondo. Colpiscono non solo governi nemici, ma anche persone comuni, viaggiatori, giornalisti, studenti e attivisti. In un’epoca in cui la mobilità internazionale è parte integrante della cittadinanza globale, queste misure pongono interrogativi etici e giuridici cruciali sul diritto alla libertà di movimento e sulla legalità delle misure extraterritoriali.
Come difendersi dalle sanzioni ad personam: strumenti pratici e resistenza politica
🛡 Difendersi sul piano pratico: cosa può fare il singolo
- Evitare il sistema ESTA e optare per visti tradizionali
- I viaggiatori che hanno visitato Cuba, Iran, Siria, Corea del Nord, Yemen o Sudan non possono usare l’ESTA per entrare negli USA. Tuttavia, possono richiedere un visto B1/B2 all’ambasciata, dove è ancora possibile (in teoria) difendersi e spiegare le proprie motivazioni.
- Attenzione: anche solo transitare per un Paese sanzionato può attivare il blocco ESTA.
- Limitare l’uso di software e piattaforme statunitensi per prenotazioni
- Evitare portali come Trip.com, eDreams, Expedia, Skyscanner, che utilizzano software e metadati USA. Usare invece agenzie indipendenti, piattaforme europee (dove disponibili), oppure prenotare direttamente con la compagnia aerea, preferibilmente non statunitense o non alleata degli USA (es. Turkish, Ethiopian, Cubana, Aeroflot, Conviasa, Mahan Air, etc.).
- Monitorare la propria presenza nei sistemi PNR
- Il Passenger Name Record (PNR) contiene informazioni che possono essere condivise con autorità USA anche senza il consenso del passeggero. Chiedere l’accesso ai propri dati personali alle compagnie aeree e chiedere eventualmente la cancellazione o la rettifica (GDPR, art. 15 e 17).
- Si può fare richiesta scritta alla compagnia o al Garante della privacy del proprio Paese.
- Consultare un legale esperto in diritto internazionale
- In caso di negato imbarco o “blacklisting” informale, è utile documentare tutto (screenshot, email, motivazioni scritte) e avvalersi di avvocati esperti in violazioni del diritto alla mobilità, estraterritorialità e sanzioni internazionali.
- Richiedere protezione diplomatica o parlamentare
- In qualità di cittadino europeo, è possibile sollecitare interrogazioni parlamentari, rivolgersi a eurodeputati, ambasciate, uffici consoliari o organismi come il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa, per denunciare abusi di extraterritorialità da parte statunitense.
✊ Difendersi politicamente: cosa può (e deve) fare la società civile
- Denunciare l’arbitrarietà e l’illegalità delle sanzioni unilaterali
- Le sanzioni ad personam, se imposte unilateralmente e senza procedura trasparente o giudiziale, violano il diritto internazionale e i trattati sui diritti umani (come il Patto ICCPR).
- Organizzazioni e comitati per i diritti civili devono mobilitarsi per contrastarle nelle sedi ONU, UE, ALBA, NAM (Paesi non allineati), Unione Africana, ecc.
- Sostenere campagne contro l’extraterritorialità delle sanzioni USA
- Come già accaduto per il blocco a Cuba (condannato 30 volte dall’ONU), si può promuovere una campagna contro l’uso politico del sistema finanziario e del trasporto globale, con appelli, petizioni, pressioni sulle istituzioni europee e alleanze Sud-Sud.
- Creare reti di protezione e solidarietà tra viaggiatori colpiti
- Un’azione collettiva è più forte di una difesa individuale. È utile documentare i casi, creare banche dati alternative (in Europa, America Latina, MENA), denunciare pubblicamente i soprusi, e unire le voci dei colpiti.
- Alcune ONG e comitati legali internazionali (es. Center for Constitutional Rights, European Center for Constitutional and Human Rights, Legal Team for Palestine) offrono supporto.
- Fare pressione per l’adozione di leggi contro le sanzioni extraterritoriali
- L’UE, pur criticando spesso le sanzioni USA, continua a collaborare con Washington. Serve una legge europea che vieti alle imprese di applicare sanzioni extraterritoriali (sulla scia del Blocking Statute del 1996), con sanzioni alle aziende che violano il diritto alla mobilità dei cittadini europei.
- Boicottare Compagnie aeree statunitensi et similia, agenzie e compagnie di viaggio statunitensi et similia, possibilmente evitare persino di utilizzare o visitare software e siti statunitensi per prenotare e, ancora meglio, evitare di utilizzare anche marchi di PC e di cellulari di diretta fabbricazione statunitense. Meglio privileggiare la tecnologia asiatica.
Difendersi dalle sanzioni ad personam è oggi un atto di sopravvivenza democratica e di resistenza geopolitica. È necessario un doppio binario: tutela legale individuale e pressione collettiva contro un sistema sempre più pervasivo, in cui le scelte politiche e i movimenti del corpo umano sono sottoposti a controllo algoritmico. Il diritto di muoversi, parlare, incontrare e pensare non può essere subordinato alla compatibilità con l’egemonia imperiale di turno.
