Connect with us

Esteri

SECONDO AMUNDI LE SANZIONI VERSO LA RUSSIA NON STANNO FUNZIONANDO

In questi giorni una bomba è esplosa nelle cancellerie Nato rimbalzando dal conflitto russo-ucraino , non ha fatto vittime, ma ha procurato danni gravi alle certezze   dell’occidente.

Published

on

Credit foto https://www.fondazioneluigieinaudi.it/sanzioni-alla-russia-perche-la-lezione-di-david-ricardo-e-valida-ancora-oggi/

Di Fulvio Rapanà

In questi giorni una bomba è esplosa nelle cancellerie Nato rimbalzando dal conflitto russo-ucraino , non ha fatto vittime, ma ha procurato danni gravi alle certezze   dell’occidente. Per Monsieur Vincent Mortier, CIO di Amundi, il più grande gestore di fondi di investimento europei : “Amundi prevede che il prodotto interno lordo (PIL) della Russia crescerà dell’1,5% nel 2024 e del 2% nel 2025, rispetto allo 0,5% e all’1,2% della zona euro” e  ha aggiunto “è evidente che gli Stati Uniti, l’Europa, il Giappone, l’Australia  non sono stati in grado di sanzionare efficacemente  un paese delle dimensioni della Russia” e ancora  “possiamo deplorarlo, ma è una realtà che l’impatto delle sanzioni è stato sensibile in termini di congelamento dei beni per un certo numero di persone ma non ha inciso tanto sulle importazioni ed esportazioni della Russia. Le principali economie emergenti sotto l’ombrello BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), così come  la Turchia e il Kazakistan, hanno beneficiato delle sanzioni, poiché la Russia è riuscita a spostare il suo import/export dai Paesi occidentali, verso e a mezzo questi paesi”, la parte finale della dichiarazione è quella peggiore :”È un controllo di realtà. Alla fine, se facciamo un bilancio della guerra in Ucraina e delle sanzioni che sono state varate: L’Europa ha sofferto direttamente e fortemente; per gli Stati Uniti l’impatto è stato neutro; ma la Turchia, l’Asia Centrale e l’Asia più in generale ne hanno beneficiato”.

Una dichiarazione clamorosa per la fonte da cui proviene, apprezzata e riconosciuta per l’indipendenza e la serietà, e che ha fatto saltare dalle sedie tutti i vertici Nato americani compresi. Le prime risposte sono state balbettanti e irritate ma  quello che dice Mortier  nel mondo finanziario ha una rilevanza molto superiore a quella di strateghi e politici, “che sanno bene come sta realmente la situazione dell’economia russa”, e che continuano ad alimentare il conflitto senza porre alcuna prospettiva, se non la resa della Russia, pur sapendo benissimo che lo scontro militare è finito con pochi e limitati obiettivi dell’una come dall’altra parte.  Mortier, con l’analisi e le previsioni finanziarie ed economiche  su Russia, Europa, Usa ecc ha sollevato il coperchio dei dubbi, dello scetticismo, delle critiche e anche le contrarietà  che dal primo momento hanno accompagnato l’evoluzione delle sanzioni (1). Con  il dodicesimo pacchetto, varato dall’ultimo  Consiglio europeo, si è raggiunto il totale dei sanzionati a 1.673 persone e 295 entità. Quelle applicate alla Russia sono le sanzioni più dure, vaste e intrusive mai imposte contro uno stato: tutte le banche russe sono state isolate  dal sistema di compensazione globale (swift); sequestrati i beni esteri di centinaia di capitalisti; bandita la compagnia aerea da tutto lo spazio aereo europeo e del nord atlantico; congelati 403 mld di dollari su 630 mld di attività estere della Banca Centrale Russa; limitato l’export di gas e petrolio di cui la Russia è la prima produttrice a livello mondiale; revocati i trattati commerciali. Ma nonostante l’entità enorme di queste misure l’economia russa non è crollata come si sosteneva dai vertici del blocco occidentale. Il 1° marzo del 2022, all’inizio dell’invasione , il ministro francese delle Finanze Bruno Le Maire affermò: Le sanzioni provocheranno il crollo dell’economia russa e comunque mirano a bloccare o frenare la macchina da guerra del Cremlino”. Diciamo che i compiti sono stati fatti bene ma il risultato migliore ottenuto dalle sanzioni è stato quello di mandare in recessione l’occidente. E’ evidente che  l’economia russa non gode di buona salute , le riserve valutarie continuano a scendere , nei primi dieci mesi del 2023 ha mostrato un deficit pari a circa 40 miliardi di euro, portando le riserve disponibili della Banca centrale di Russia   a 180  mld; molti beni di largo consumo mancano nei negozi o sono a prezzi altissimi; il rublo da gennaio 2023 ha perso il 30% ma si è assestato sui valori di inizio conflitto. Davanti a questi risultati efficaci verso la Russia ma molto disastrosi per l’Europa , meno per gli Usa, nelle cancellerie ci si interroga su cosa  realmente non sta funzionando . Le analisi degli esperti convergono su tre punti che si intrecciano fra di loro. Primo, le dimensioni delle sanzioni: in passato le sanzioni di questa portata hanno colpito nazioni piccole o medio piccole come l’Iran,  mai una superpotenza energetica, mineraria e alimentare come la Russia, che è il primo produttore ed esportatore al mondo di idrocarburi, cereali e metalli rari, come il palladio,  indispensabili per le moderne economie tecnologiche e per  la transizione energetica e digitale. Secondo le esportazioni: la Russia ha spostato le esportazioni dall’occidente verso nazioni, rappresentate nei Brics , particolarmente Cina e India, che non aderiscono alle sanzioni e che pur non essendo dichiaratamente alleate di Mosca  tuttavia rappresentano il 55% del Pil mondiale, contro il 45% del blocco occidentale, che negli anni 80 rappresentava il 70% del Pil mondiale, con una popolazione di 7 mld. di abitanti (età media di 28 anni) contro 1,2  mld dell’occidente (età media di 42 anni) .Si tratta di economie in piena espansione che crescono a velocità molto superiore a quelle dell’occidente e che richiedono sempre più energia, materie prime e alimentari   per alimentare la crescita. Terzo le importazioni: Mosca ha continuato ad importare  materiale e merci sensibili necessarie  all’industria militare attraverso il “contrabbando”, o commercio illegale, che salta le sanzioni con triangolazioni di paesi  e aziende compiacenti  come la Turchia, il Kazakistan ecc; nel  2022 il valore di questo commercio è stato valutato in 9 mld. $. Oltre agli effetti diretti le sanzioni  producono effetti distorsivi che colpiscono al cuore le economie dell’area UE. Di qualche giorno fa l’affermazione del ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck secondo il quale “gli sgravi fiscali all’industria tedesca, per moderare il costo dell’energia,   sono indispensabili per non mettere a repentaglio la nostra competitività internazionale. È in particolare il settore industriale e manufatturiero che necessita di sussidi statali per la transizione ecologica al fine di rimanere competitivo, la Cina paga un prezzo dell’energia quasi il 70% meno di quello pagato dalle nostre aziende”. Ci sono inoltre gli effetti amplificativi  delle sanzioni sui mercati mondiali per cui bastano anche piccole turbolenze per far scoppiare il panico e innescare una impennata dei prezzi di petrolio, gas, grano, rame, nickel, fertilizzanti, oro ecc. con ricadute negative per la stabilità del sistema economico dell’occidente e ricadute positive per la Russia e gli altri stati esportatori di materie prime, che incassano di più dalla vendita. Preso atto che le sanzioni e gli aiuti militari non stanno raggiungendo gli obiettivi che ci si prefiggeva i vertici politici si interrogano su cosa fare. Soluzioni facili e semplici non c’è ne sono.   Da una parte Zelensky e i politici ucraini,  il Dipartimento di Stato,  i vertici della UE, Von Der Lyen in testa,  i vertici Nato e gli stati europei ex sovietici,  sono per un  inasprimento delle sanzioni e ulteriori aiuti militari costi quel che costi perché alla fine le economie del blocco occidentale sono più forti di Mosca. I militari, compresa una parte del comando ucraino, il Pentagono, un numero  consistente di Repubblicani al Congresso , molti capi di stato europei sono per mettere Zelensky seduto ad un tavolo con Putin. Opinioni contrapposte con motivazioni diverse ma ambedue politicamente valide. Molto tacitate sono le opinioni pubbliche che in modo diverso fra Europa e Stati Uniti si confrontano con i costi della guerra e le conseguenze delle sanzioni. Negli Usa l’opinione pubblica è in gran parte indifferente alle questioni russo-ucraine, il mondo politico è favorevole ad inasprire le sanzioni ma incomincia a prevalere una opinione contraria all’invio di aiuti in armi e denaro. Influenti senatori come  Scott Perry , generale in pensione, e JD Vance scrivono a Biden: “la nostra gente non riesce a pagare le bollette del gas e dell’elettricità e a comprarsi da mangiare. Dobbiamo pensare a loro prima di mandare assegni in bianco ad altri paesi, e inoltre  non voteremo ulteriori aiuti all’Ucraina a meno che non ci siano risposte chiare su alcune questioni dirimenti: che fine hanno fatto i soldi finora stanziati? come sta andando davvero la guerra? c’è una strategia per farla finire?”. Questo significativo scostamento tra opinione pubblica e politici sta  nel fatto che ponendo la questione su basi ideologiche non si fa capire ai cittadini che l’aumento del costo dell’energia, e parte rilevante dell’inflazione che falcidia i redditi fissi,  è fortemente legato alla guerra e alle sanzioni  con vantaggi evidenti per la Russia e per gli utili delle compagnie petrolifere ed energetiche occidentali .

Cosa fare  senza abbandonare l’Ucraina ed ammettere la sconfitta anche per gli  equilibri geostrategici futuri?, è questo che vogliamo?  ancora oggi vale la pena continuare con le sanzioni e gli aiuti militari ad alimentare una guerra il cui epilogo appare segnato e i prezzi maggiori dopo l’Ucraina li paga l’Europa? La risposta è si: ne vale la pena perché il segnale contrario potrebbe apparire come un segno di debolezza, un via libera a Mosca per rivolgere le sue mire sulla Moldavia o sulle repubbliche baltiche ed anche oltre. Ma bisogna cambiare strategia e ragionare su mediazioni reali, su accordi di pace che possano garantire anche la Russia. Solo ragionando e lavorando su un doppio binario, continuare ad aiutare economicamente e militarmente l’Ucraina e mettere in campo seriamente la diplomazia, si può addivenire alla fine di un conflitto combattuto in casa nostra, che ha distrutto una nazione, ucciso la migliore gioventù di due paesi e consentito al resto del mondo di indebolire e di minare le prospettive economiche e sociali di Europa e Russia insieme. In altri termini è evidente che il parziale fallimento delle sanzioni dimostra che per mettere fine alla guerra in tempi brevi la strada obbligata è quella di arrivare ad una reale mediazione con Mosca. Forse sarebbe stato meglio leggere e riflettere sugli allarmi inviati al mondo politico da Kissinger relativi alla questione russo-ucraina.

1)https://www.piie.com/blogs/realtime-economics/russias-war-ukraine-sanctions-timeline

RIPRODUZIONE RISERVATA ©