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Inchiesta

Marcella Giannitti e Renata Moscatelli, quando si muore si muore soli

Roma è una metropoli. Grande e affollata. Dove vicende personali e storiche si intrecciano.

Dove, spesso, persone lontane geograficamente e socialmente vengono accomunate dallo stesso destino.

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Credit foto Flory Morelli e https://www.chilhavisto.rai.it/dl/clv/articolo/ContentItem-cbf68c5b-8f43-4aef-883b-42cada75dfc8.html

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Roma è una metropoli. Grande e affollata. Nonostante ciò vicende personali e storiche si intrecciano.

Dove, spesso, persone lontane geograficamente e socialmente vengono accomunate dallo stesso destino.

Come tra il 20 e il 21 ottobre 1984.

Due donne diverse per età ed estrazione sociale vengono trovate uccise.

La prima è Marcella Giannitti. Ventisei anni e una vita difficile. Molto difficile.

Soffriva di poliomielite e di problemi psicologici. Una ragazza intelligente, volenterosa ma fragile. Molto fragile.

Fragilità che la porta nel 1980 ad abbandonare l’abitazione paterna di via dell’Usignolo a Roma.

Cerca la sua strada. Purtroppo finirà nel tunnel della droga.

Riuscirà a disintossicarsi. La sua vita si svolge tra centri di recupero per tossicodipendenti, cliniche per malattie mentali e il centro di riabilitazione per poliomielitici di Palidoro. Dove conosce un rappresentante di commercio con il quale va a vivere a Ferentino.

Marcella aveva un diploma e stava prendendo la patente ma il suo era un cammino difficile.

Nell’aprile 1984 era  stata ricoverata nella casa di cura per malattie mentali “Colle Cesarano” di Tivoli. Da dove era scappata per poi rientrare. Temeva di avere una malattia mentale.

Il 19 ottobre 1984 comunica al suo convivente che da Ferentino si sarebbe recata a Roma.

Viene ritrovata cadavere intorno alle ore 12 di domenica 21 ottobre 1984 nel Parco Lemonia a Roma, nella boscaglia che costeggia via Tito Labieno.

Marcella è in posizione supina, nuda. Con il vestito posto sul volto e fermato con una pietra. Stivale e collant solo sulla gamba sinistra. Strangolata, forse con il collant. Probabile violenza sessuale.

Colpita al volto per tre volte con una pietra: il primo colpo attinge la parte destra della fronte, il secondo la parte sinistra e il terzo sfonda lo zigomo.  L’omicidio avviene in un luogo diverso da quello del ritrovamento.

Accanto al corpo viene trovata la borsa. Mancano i soldi, vengono ritrovati biglietti ferroviari del 6 e 7 ottobre 1984 per Roma Termini-Firenze-Bologna-Orte(via Foligno)-Roma Termini-Ferentino.

Pochi giorni prima di morire Marcella, che percepiva una pensione di invalidità, aveva chiesto del denaro alla sorella.

Per l’omicidio di Marcella Giannitti venne sospettato Maurizio Giugliano ma venne poi scagionato.

Le modalità dell’omicidio di Marcella Giannitti sono molto simili a quelle degli omicidi di Bruna Vettese e Lucia Rosa https://ilsud-est.it/attualita/inchiesta/2023/08/28/bruna-vettese-la-dignita-nella-verita/: viste in vita l’ultima volta di venerdì, uccise con colpo di pietra alla testa e strangolate, chiara matrice sessuale, episodi che le avevano rese fragili ( Bruna Vettese aveva divorziato e perso il lavoro, Lucia Rosa aveva problemi di droga e lo sfratto).

Esisteva un serial killer predatore a Roma che uccideva donne in difficoltà? Forse dietro la facciata di benefattore.

Mentre la Polizia Scientifica scattava le foto al corpo di Marcella Giannitti, Renata Moscatelli viveva le sue ultime ore.

Renata Moscatelli, 67 anni, viveva da sola in via Carlo Poma 4 1° piano Palazzina E. Per anni si era occupata del padre ex generale dei Carabinieri di cui era stato vicecomandante.

Aveva una sorella con cui aveva regolari ma vivaci rapporti.

Renata Moscatelli era caratterialmente chiusa. Dava poca confidenza ai vicini. Aveva dotato il suo appartamento di diversi sistemi di sicurezza passiva.

Con il buio non usciva e non apriva mai la porta.

La sua vita ruotava intorno a tre luoghi: il mercato, la parrocchia e casa.

Con la parrocchia faceva viaggi all’estero. Qualche mese prima erano stati in Russia.

Nella serata del 21 ottobre 1984 Renata Moscatelli telefona a Don Marcello della compagnia di San Paolo per chiedere una stanza per il signor Mardocci che aveva perso le chiavi di casa. Qualche ora dopo il sedicente signor Mardocci chiama per disdire la camera.

Il corpo di Renata Moscatelli viene ritrovato all’interno del suo appartamento il 24 ottobre.

L’assassino la colpisce alla testa con una bottiglia e poi la soffoca con un cuscino. Nessun segno di scasso e non manca nulla. I portaritratti sono manomessi ma la domestica dichiara che era abitudine della Moscatelli togliere le foto dalle cornici.

L’assassino era il misterioso signor Mardocci? Forse, sicuramente era riuscito a conquistare la fiducia di Renata ed era riuscito ad entrare senza essere visto.

Dove potrebbe aver conosciuto il signor Mardocci? Nell’ambiente della parrocchia?

Venne sospettata la sorella ma senza risultato. Perché è stata uccisa Renata Moscatelli? Non per rapina. Non sembra l’omicidio di un maniaco. L’assassino cercava qualcosa? Sicuramente ha dovuto costruire nel tempo un rapporto fiduciario con la Moscatelli e ha probabilmente usato un nome falso. Perché così tanto impegno per uccidere una donna indifesa e apparentemente comune? In uno dei tanti film di spionaggio la signora Renata Moscatelli avrebbe avuto il ruolo di involontario e insospettabile corriere di una organizzazione di spionaggio. Una suggestione interessante ma senza elementi a sostegno. Per ora.

Nel 1990 in via Poma viene uccisa Simonetta Cesaroni e anche in questo caso l’assassino non è stato individuato.

Marcella e Renata, così distanti e così simili. Morte da sole e presto dimenticate. Portate via in una piovosa giornata di ottobre.          

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