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PHOENIX, GLI SQUALLOR, EMANUELA ORLANDI

Cosa lega “gli Squallor” alla vicenda di Emanuela Orlandi? Probabilmente nulla o forse no.

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Credit foto https://emanuelaorlandi.altervista.org/settembre-1983/

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Gli “Squallor”, un mito per molti giovani degli anni 80 e 90. Un gruppo musicale formato da professionisti della musica di primissimo livello che hanno sacrificato un successo certo per dar vita ad un genere che univa musica di altissimo livello a testi pieni di nonsense e tagliente senso dell’umorismo. “Gli Squallor” hanno criticato con ferocia e capacità la politica, la religione e il mondo dell’economia. Hanno raccontato la loro epoca con ironico realismo.

Cosa lega “gli Squallor” alla vicenda di Emanuela Orlandi? Probabilmente nulla o forse no.

Nel 1982 “gli Squallor” pubblicano l’album “Scoraggiando” composto da dieci canzoni. Tra cui “Pierpaolo a Phoenix”.

Nel 1983, il 22 giugno, scompare Emanuela Orlandi. Molte “entità” faranno la comparsa in questa intricata vicenda. Tra cui il “gruppo Phoenix” che farà trovare a Roma alcune lettere. Scritte con un linguaggio che imita quello mafioso: “E’ cosa nostra porre termine alla situazione Orlandi”. Un linguaggio più da film in realtà.

Credit foto https://emanuelaorlandi.altervista.org/ottobre-1983/

Secondo alcuni dietro il “gruppo Phoenix” si nascondeva il Sisde che voleva minacciare e far pressioni sui rapitori di Emanuela Orlandi. Credibile come teoria? Molto poco.

La mafia e il Sisde avevano sicuramente metodi di pressione e minaccia più rapidi e soprattutto efficaci. Non dimentichiamo, ad esempio, le vicende di Roberto Calvi, Vincenzo Casillo e Aldo Semerari.

Se il Sisde e la malavita volevano Emanuela Orlandi libera, la ragazza sarebbe ritornata a casa. Come nel caso di Ciro Cirillo. Con la differenza che Cirillo era stato effettivamente rapito. Emanuela Orlandi no. Nel caso Cirillo le trattative sono avvenute in luoghi riservati come il ristorante “la Conchiglia” a Roma nei pressi di via Nomentana. Non tramite lettere sgrammaticate.

Abbiamo già visto come la vicenda di Emanuela Orlandi sia stata, probabilmente, funestata da depistaggi con tecniche teatrali e cinematografiche https://ilsudest.it/attualita/inchiesta/2023/05/22/emanuela-orlandi-il-provino-e-la-recita-di-mario-lamericano/. “Mario” da poche parole estrapolate da un articolo è stato capace di creare una “recita” di oltre venti minuti. E che dire del film “Il trucido e lo sbirro” del 1976 che contiene elementi che ritroviamo “casualmente” nelle comunicazioni dei “rapitori” nel caso Orlandi?

Credit foto archivio “Il Messaggero”

La quantità industriale di telefonate e lettere dimostra che i presunti “rapitori” di Emanuela Orlandi erano semplicemente mitomani. La storia criminale italiana insegna che nei rapimenti la prima regola è dimostrare l’esistenza in vita dell’ostaggio. Con una fotografia.

Perché inviare alla famiglia lettere con decine di presunti elementi di prova e non una fotografia? Potevano consegnare uno degli oggetti di Emanuela. Le Brigate Rosse fecero avere ai parenti la catenina indossata da Cirillo.

Quindi il “gruppo Phoenix” nasce dalla fantasia di “attori” che prendono spunto anche dagli “Squallor”? Considerate le demenziali telefonate “dell’americano” tutto è possibile in questa tragica vicenda. Dopo la scomparsa di Emanuela qualcuno ha deciso di dare vita a dei fantasmi grotteschi. Tra farsa e tragedia. Per sadico divertimento? Sicuramente per depistare. Forse anche per depistare le indagini sulla scomparsa di Mirella Gregori https://ilsudest.it/attualita/inchiesta/2023/07/31/mirella-gregori-e-larticolo-da-cui-ripartire/.

L’unico modo per arrivare alla verità è dimenticare completamente quanto accaduto dei giorni e mesi successivi. Concentrando l’attenzione unicamente su quanto accaduto il 7 maggio e il 22 giugno 1983. Senza altre distrazioni perché come cantavano “gli Squallor”: il tempo se ne va.

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