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Perché questa volta dovremmo essere noi a copiare la Cina
Il 19 settembre il commissario per il commercio dell’Unione Europea, Vladis Dombrovskis, incontrerà il suo omologo cinese, Wang Wentao, per discutere di una questione cruciale: evitare i dazi sulle auto elettriche prodotte in Cina. Finora, l’UE ha respinto tutte le proposte di tregua commerciale avanzate da Pechino, nel tentativo di rilanciare l’industria automobilistica europea ormai in declino se non addirittura morta. Tuttavia, secondo le stime più recenti pubblicate da UNRAE, “nei primi sei mesi del 2024 il mercato automobilistico europeo è cresciuto del 3,6%”. In altre parole, le auto si comprano, ma non le produciamo.
di Alessandro Andrea Argeri
Il 19 settembre il commissario per il commercio dell’Unione Europea, Vladis Dombrovskis, incontrerà il suo omologo cinese, Wang Wentao, per discutere di una questione cruciale: evitare i dazi sulle auto elettriche prodotte in Cina. Finora, l’UE ha respinto tutte le proposte di tregua commerciale avanzate da Pechino nel tentativo di rilanciare l’industria automobilistica europea ormai in declino se non addirittura morta. Tuttavia, secondo le stime più recenti pubblicate da UNRAE, “nei primi sei mesi del 2024 il mercato automobilistico europeo è cresciuto del 3,6%”. In altre parole, le auto si comprano, ma non le produciamo.
Così l’ACEA (Associazione Europea dei Costruttori di Automobili) fotografa la crisi: “L’industria automobilistica dell’UE ha investito miliardi nell’elettrificazione per immettere veicoli sul mercato, ma mancano ancora gli ingredienti necessari per una transizione di successo.” Tra i fattori critici citati ci sono: la carenza di infrastrutture di ricarica; un ambiente produttivo non competitivo; l’assenza di energia verde a prezzi accessibili; l’insufficienza di incentivi fiscali. In breve, l’UE non ha ancora creato le condizioni per un’adozione di massa delle auto elettriche.
A fronte di un valore complessivo di 46 miliardi di euro, la Cina detiene il 5% del mercato automobilistico europeo, con il 70,8% delle auto cinesi immatricolate in Europa da gennaio a settembre 2023 dotate di motori elettrici. Per contrastare questa penetrazione, la Commissione Europea valuta da mesi l’imposizione di dazi sulle auto elettriche “Made in China”. Tuttavia la risposta di Pechino non si è fatta attendere: la Cina pensa già di costruire fabbriche direttamente sul suolo europeo. Questa mossa non solo consentirebbe al Paese di aggirare i dazi ma renderebbe più difficile per gli Stati membri opporsi a tali investimenti in quanto significherebbe rinunciare a posti di lavoro per i loro cittadini. Ma è davvero un compromesso accettabile?
La storia recente della Cina offre interessanti spunti di riflessione. Dopo la morte di Mao, la Repubblica Popolare, allora il più grande Paese comunista dopo l’Unione Sovietica, avviò una profonda trasformazione sotto la guida del nuovo leader Deng Xiaoping. Con le riforme economiche, riassunte nella famosa formula del “socialismo di mercato”, la Cina favorì l’iniziativa privata e aprì le porte agli investimenti stranieri. Il risultato fu una costante crescita del Pil intorno 10%.
Tuttavia, c’è un aspetto spesso trascurato di questa strategia: dopo aver importato una vasta quantità di beni dall’estero, la Cina iniziò ad aumentare i dazi per costringere le aziende straniere a produrre localmente. Di conseguenza, le case automobilistiche occidentali dovettero aprire joint venture con partner cinesi con cui condividere il loro “how-known”. Come evidenziato da Federico Rampini, “questo sistema ha permesso alla Cina di compiere enormi progressi tecnologici, modernizzando il proprio settore automobilistico a spese delle aziende straniere”.
La domanda che dovremmo porci è: perché l’Europa non può adottare una strategia simile? L’auto elettrica rappresenta un futuro in cui la Cina è in netto vantaggio rispetto all’Occidente. Per ragioni tanto geografiche quanto storico-culturali, noi europei ci troviamo nello schieramento opposto a quello di Pechino, ma dobbiamo considerare le implicazioni di questa sfida. Se non vogliamo perdere ulteriormente terreno, è essenziale riflettere su come riorganizzare il nostro approccio industriale, proteggere le nostre tecnologie, rafforzare le politiche di investimento.
Il problema c’è, non è più rinviabile, pertanto dobbiamo muoverci in fretta. Del resto anche Mario Draghi nel suo Rapporto sulla Competitività ha espresso il problema senza mezzi termini: “Il settore automobilistico è un esempio chiave della mancanza di pianificazione dell’UE, dell’applicazione di una politica climatica senza una corrispondente politica industriale.”
In questo periodo storico la vecchia Europa sembra trovarsi in una posizione in cui le sue politiche ambientali avanzate non sono supportate da una strategia industriale altrettanto solida. Riusciremo a colmare il gap?
Fonti:
https://it.motor1.com/news/704195/vendite-esportazioni-auto-cina-europa
https://unrae.it/sala-stampa/autovetture/6805/mercato-auto-europa-a-giugno-torna-in-positivo-36
https://www.acea.auto/news/auto-industry-concern-on-2025-co2-targets-as-ev-market-stagnates/https://ageei.eu/auto-a-46-miliardi-di-euro-il-mercato-2023-e-record/