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“Le mani sopra la città”
Da barese, confesso: è doloroso leggere di una commissione d’accesso inviata dal Viminale per valutare l’eventuale infiltrazione criminale nell’amministrazione comunale, sia perché Bari negli ultimi anni ha dimostrato di essere una città dove l’onestà ha saputo prevalere sull’illegalità sia perché molti onesti credevano nell’attuale amministrazione. Invece ora l’antimafia indaga su un possibile intreccio tra mafia, politica e aziende locali.
di Alessandro Andrea Argeri
Da barese, confesso: è doloroso leggere di una commissione d’accesso inviata dal Viminale per valutare l’eventuale infiltrazione criminale nell’amministrazione comunale, sia perché Bari negli ultimi anni ha dimostrato di essere una città dove l’onestà ha saputo prevalere sull’illegalità sia perché molti onesti credevano nell’attuale amministrazione. Invece ora l’antimafia indaga su un possibile intreccio tra mafia, politica e aziende locali. La reazione del sindaco Antonio De Caro è stata dura, con tanto di scontro con esponenti della maggioranza di Governo. Quando poi una manifestazione in piazza ha confermato il sostegno dei baresi il rischio commissariamento sembrava scongiurato di fronte a una partecipazione popolare rara per i tempi moderni. Tuttavia le parole del Governatore regionale sulla visita, vera o presunta, alla moglie del boss Capriati, sono riuscite a peggiorare ulteriormente la situazione.
Veniamo al caso in sé: da un lato, quando nel tuo comune avvengono 130 arresti per mafia alla fine tu, sindaco, la commissione devi aspettartela; dall’altro nessuno mette in dubbio l’onestà, oltre che la competenza, di Antonio De Caro. Tuttavia quella del Governo è stata una procedura standard, peraltro non finalizzata allo scioglimento del comune, almeno non ufficialmente. In ogni caso, dopo un’indagine tanto ampia per numero di indagati non è credibile ritenere il comune di Bari all’oscuro dei comportamenti di certi suoi esponenti, siano essi di maggioranza o di opposizione.
Dopodiché, secondo punto, l’inchiesta esce proprio a ridotto delle elezioni, dunque è evidente come ormai ci sia un’attività di “dossieraggio”, ovvero di scandali pronti ad uscire al momento opportuno per screditare gli avversari. Eppure è difficile ritenere questo un attacco contro il come di Bari, poiché se così fosse ad essere indagato sarebbe stato lo stesso Decaro, non un assessore come Olivieri. Per questo ad uscirne rafforzato è proprio il sindaco poiché, ancora una volta, si mostra come uno dei pochi onesti in quanto estraneo alle indagini. Sarebbe stato quindi stupido da parte del Governo attaccare così il comune di Bari. Meglio dubitare allora delle dietrologie.
Piuttosto, l’operato di Decaro è insindacabile, infatti i baresi lo amano, se potessero lo eleggerebbero re, anche perché, da vero primo cittadino, è stato il baluardo della lotta alla malavita in un territorio in cui purtroppo molto spesso la mafia arriva prima dello Stato. In 10 Bari è passata da essere la città degli scippi a un punto di riferimento per il turismo pugliese: ha creato infrastrutture, ha attirato imprese, ha portato nuovi posti di lavoro senza costringere le piccole tipicità a scomparire. Il salto di qualità sotto l’attuale amministrazione è quindi evidente, inoltre simili miglioramenti avvengono proprio nel momento in cui si combatte la mafia, non quando la si appoggia.
Tuttavia, come molto spesso accade, in Italia proprio il più pulito finisce per avere la rogna. Forse perché il sindaco è il volto principale della politica cittadina, poco importa se quest’ultimo è da anni sotto scorta. Ma quindi di chi sarebbe la colpa se abbiamo trasformato la politica barese in un film di Francesco Rosi? Secondo De Caro, Bari non sarebbe né della mafia né della politica. Allora di chi? Lo scopriremo alle prossime elezioni, intanto occhio a non trasformarla nella terra di nessuno.
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