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17 Novembre 2025

Il Ponte Garibaldi come soglia del sacrificio civile: da Giorgiana Masi ad Adelina Sejdini (e l’ombra di Pasolini)

 Roma, città dei martiri civili

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Di Maddalena Celano

Roma non è solo una capitale politica: è un corpo vivo, ferito, sacro e contraddittorio.

 Nelle sue piazze e sui suoi ponti si consumano riti civili che assomigliano a sacrifici.

 Ogni epoca ha i suoi martiri della verità: figure che muoiono in circostanze emblematiche, in luoghi che sembrano scelti da una regia invisibile per rivelare, ancora una volta, la distanza tra la giustizia proclamata e quella negata.

2. Giorgiana Masi: il sacrificio della libertà

Il 12 maggio 1977, durante una manifestazione radicale per la democrazia e i diritti civili, la diciannovenne Giorgiana Masi venne colpita da un proiettile sul Ponte Garibaldi.

 Era un giorno di festa politica e di speranza, ma si trasformò in un’epifania di morte.

 Quel proiettile, partito da uomini dello Stato travestiti da civili, non colpì solo una ragazza: colpì l’idea stessa di libertà.

Il ponte Garibaldi, dedicato all’eroe dell’unificazione italiana, divenne così un altare laico, un luogo di passaggio tra l’innocenza e la repressione, tra la promessa democratica e la violenza istituzionale.

 La morte di Giorgiana è ancora oggi un enigma sospeso sul Tevere, un fantasma che Roma non riesce a dissolvere.

3. Adelina Sejdini: la libertà tradita

Nella notte tra il 5 e il 6 novembre 2021, sullo stesso ponte, Adelina Sejdini (all’anagrafe Alma Sejini), ex vittima della tratta e attivista contro lo sfruttamento sessuale, si toglie la vita.

 Aveva denunciato i suoi aguzzini, aveva collaborato con la giustizia, aveva creduto nello Stato italiano. Ma lo Stato, alla fine, non ha creduto in lei: sola, abbandonata, priva di sostegno economico e psicologico, Adelina scelse di attraversare l’ultimo ponte.

Morire su un ponte significa, in tutte le culture, compiere un passaggio.

 Ma morire su quel ponte, già insanguinato da Giorgiana Masi, nel tempo sacro dei defunti (tra il 5 e il 6 novembre), è un atto che trascende il dolore individuale: è un grido simbolico contro la cecità morale delle istituzioni.

 Nel linguaggio numerologico, il 5-6 novembre rimanda al numero 11, cifra della soglia, del portale, del sacrificio rivelatore.

4. L’ombra di Pasolini: l’uomo libero sacrificato

Non si può evocare la morte sul Tevere, o ai suoi margini, senza ricordare Pier Paolo Pasolini, ucciso nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia, anch’egli nel tempo dei morti.

 Pasolini era un omosessuale, intellettuale, dissidente, e come Adelina e Giorgiana rappresentava il corpo libero, indocile, che la società non sa integrare e finisce per distruggere.

Il suo assassinio, rimasto ambiguo e mai del tutto chiarito, fu un rito di espiazione collettiva: la società italiana eliminava colui che la metteva a nudo.

 Anche lui, come loro, morì tra due rive, in uno spazio liminale: né città né campagna, né vita né morte.

 È la stessa soglia simbolica che accomuna l’Idroscalo e il Ponte Garibaldi: luoghi di verità negate, dove la città offre il corpo del suo testimone come sacrificio alla menzogna.

5. Il ponte e la soglia: simbolismo e archetipo

Il ponte è da sempre un archetipo potente. Nelle mitologie antiche è il passaggio tra la vita e la morte, tra il noto e l’ignoto, tra l’ordine e il caos.

 Morire su un ponte, o nei pressi di esso, è una forma di rito di transito: un atto che segna non solo una fine, ma una rivelazione.

Per Carl Gustav Jung, gli archetipi della soglia e del sacrificio rappresentano la tensione tra coscienza e inconscio collettivo.

 In Giorgiana, Adelina e Pasolini vediamo tre varianti dello stesso mito urbano:

● la giovane libertà uccisa;

● la donna redenta e tradita;

● l’uomo omosessuale e profetico annientato.

Tre corpi diversi, un solo significato: la verità non sopravvive al potere.

6. Roma come corpo mitico

Roma è la protagonista silenziosa di tutte e tre le morti.

 È la madre ferita che genera e divora, la città che accoglie e tradisce.

 Ogni suo ponte, ogni suo fiume, ogni periferia diventa un luogo iniziatico, dove la società italiana si confronta con i propri fantasmi: la repressione, la misoginia, l’omofobia, l’ipocrisia politica.

In questo senso, il Ponte Garibaldi è più di un luogo: è una soglia simbolica del sacrificio civile.

 Da Giorgiana Masi ad Adelina Sejdini, passando per l’ombra di Pasolini, racconta la storia di un’Italia che ancora non ha imparato a riconoscere la libertà come valore sacro.

7. Conclusione: il silenzio dei vivi

Ogni 2 novembre, ogni 5-6 novembre, ogni 12 maggio, Roma torna a respirare i loro nomi.

 Il fiume Tevere scorre come memoria e oblio, come confessione e colpa.

 In Giorgiana, Adelina e Pier Paolo si specchiano tre forme di innocenza violate, tre linguaggi della verità soffocata.

 Sono i martiri laici del nostro tempo:

 coloro che ci ricordano che la giustizia, quando si fa carne, è destinata a sanguinare.

Bibliografia essenziale e riferimenti teorici

● Carl Gustav Jung, Simboli della trasformazione, Bollati Boringhieri, Torino 1990.

● Gilbert Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Dedalo, Bari 1984.

● Michel Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino 1976.

● Edgar Morin, L’uomo e la morte, Meltemi, Roma 2002.

● Giorgio Agamben, Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino 1995.

● Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane, Einaudi, Torino 1976.

● Giuliana Sgrena, La guerra contro le donne, Feltrinelli, Milano 2016.

● Testimonianze e fonti giornalistiche: Avvenire, 6 novembre 2021; La Repubblica, 13 maggio 1977; Corriere della Sera, 3 novembre 1975