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17 Novembre 2025

Argentina in ginocchio: l’accordo Milei-USA e il ritorno del colonialismo in America Latina

La storia ci sta chiamando. E la nostra risposta definirà il destino di generazioni.

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Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

Ciò che è accaduto il 13 novembre 2025 non è stato un semplice annuncio commerciale. L’accordo tra Javier Milei e gli Stati Uniti rappresenta, secondo i principali analisti progressisti, il più grave atto di sottomissione di un paese latinoamericano al potere nordamericano dagli anni ’90. Non siamo di fronte a diplomazia economica — siamo di fronte a un progetto strategico: ricolonizzare l’America Latina in un momento in cui il mondo si dirige verso la multipolarità.

L’Argentina è stata scelta come porta d’ingresso dell’offensiva, e Milei ha accettato di svolgere il ruolo di vassallo storico. Come ha detto Leonardo Attuch: “Hanno trasformato l’Argentina in un laboratorio di distruzione, un modello di saccheggio per tutto il continente.”

L’accordo Milei-USA non è commercio — è capitolazione

Secondo i commentatori di Brasil 247, l’accordo concede agli Stati Uniti accesso illimitato ai mercati argentini, vantaggi per le esportazioni di macchinari, veicoli, tecnologia dell’informazione e prodotti farmaceutici, oltre all’eliminazione di licenze e controlli che proteggevano i settori nazionali. Ancora più grave: l’Argentina accetta gli standard regolatori degli Stati Uniti, il che significa perdita diretta di autonomia sulle proprie norme sanitarie, ambientali e del lavoro. Settori strategici come minerario, tecnologico ed energetico vengono spalancati al capitale straniero.

In cambio, l’Argentina riceve vaghe promesse di riduzione tariffaria, una dipendenza finanziaria ancora maggiore, uno swap valutario condizionato agli interessi della Casa Bianca e, alla fine dei conti, nessun beneficio concreto per il popolo.

José Genoíno lo ha sintetizzato con precisione: “Milei ha messo l’Argentina in ginocchio. Questo non è un accordo, è sottomissione coloniale.” E indica il vero obiettivo: “Fa parte della strategia degli Stati Uniti di destabilizzare l’America Latina, dichiarando guerra al Venezuela, osteggiando la Colombia e facendo pressione sul Brasile.”

La dimensione bellica: la guerra degli USA contro il mondo multipolare

Lejeune Mirhan è stato diretto: “Questo accordo fa parte della guerra geopolitica degli USA per preservare la propria egemonia.” Né Milei, né i suoi ministri, né i media tradizionali ne parlano, ma la sinistra lo vede con chiarezza: gli Stati Uniti stanno perdendo influenza globale. La Cina avanza in America Latina con investimenti, tecnologia e infrastrutture. Il Sud globale inizia a sperimentare la sovranità. E l’accordo con Milei è una risposta aggressiva a questo movimento.

Apre la strada a una guerra economica contro la Cina, bloccando progetti argentini finanziati con capitale cinese. Prepara il terreno per una guerra diplomatica e militare contro il Venezuela, le cui riserve petrolifere e posizione strategica infastidiscono Washington. Permette la destabilizzazione della Colombia, paese fondamentale nella rotta amazzonica e che ha tentato una diplomazia più autonoma sotto Petro. E, infine, crea le condizioni per una pressione tariffaria contro il Brasile, principale potenza della regione e difensore della pace mondiale.

Genoíno ha ricordato che l’America Latina fino ad ora era una zona di pace. Ma gli USA hanno deciso di cambiare questo scenario, e l’Argentina di Milei sarà il punto di partenza di questa offensiva.

La tragedia interna: perché a soffrire sarà il popolo argentino

Il giovane argentino che ha partecipato alla diretta di 247 ha spiegato con emozione contenuta: “Non riusciamo a sopravvivere. Il cibo raddoppia di prezzo. Lo stipendio evapora. Niente migliora. Ogni misura di Milei peggiora tutto.”

E gli analisti confermano: l’economia argentina, dollarizzata artificialmente e senza una solida base industriale, non può assorbire la valanga di prodotti degli Stati Uniti. Ciò che accadrà è una cascata prevedibile e devastante: le piccole e medie imprese falliranno, la disoccupazione esploderà, l’industria automobilistica e metallurgica collasserà. La povertà, che già raggiunge livelli allarmanti, aumenterà ancora di più. I giovani fuggiranno dal paese. La dipendenza dal dollaro si approfondirà e l’Argentina perderà totalmente la propria autonomia economica.

Il Brasile subirà conseguenze, certamente — come principale partner commerciale dell’Argentina. Ma il Brasile ha strumenti per reagire: politica industriale in ricostruzione, mercato interno robusto, Banca Centrale che opera in valuta propria e integrazione internazionale diversificata. Chi è totalmente vulnerabile, senza rete di protezione, è il popolo argentino.

Attuch lo ha detto chiaramente: “Il popolo argentino sarà schiacciato. Il Brasile perde, ma l’Argentina scompare.”

L’attacco al Mercosur e il piano di disintegrazione dell’America Latina

José Genoíno ha evidenziato un punto centrale: “L’accordo calpesta il Mercosur e rompe la logica d’integrazione regionale.” E perché? Perché l’obiettivo è ovvio per chi osserva oltre i comunicati ufficiali: distruggere il Mercosur, isolare il Brasile, impedire qualsiasi blocco latinoamericano sovrano, indebolire i rapporti con la Cina e i BRICS — il gruppo di economie emergenti che include Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica — e ricostruire l’antico “cortile di casa” storico degli Stati Uniti.

Genoíno ha avvertito: “Questa è la continuazione della vecchia Dottrina Monroe: l’America per gli americani — e gli americani, in questo caso, sono loro.” Quella dottrina del 1823, che è servita da giustificazione per innumerevoli interventi, colpi di stato e invasioni nel corso di due secoli, è tornata. Solo con una nuova veste: accordi commerciali, swap valutari e retorica del libero mercato.

La minaccia globale: Trump può portare il mondo a una nuova guerra

Non è allarmismo — è analisi strategica basata sui fatti. Diversi pensatori internazionali, come Jeffrey Sachs e Paul Krugman, hanno già avvertito che Trump rompe sistematicamente gli accordi internazionali, crea crisi per rafforzare il proprio potere interno, vede il mondo in termini di nemici assoluti, usa tariffe e sanzioni come armi di guerra, considera la Cina una minaccia esistenziale ed è circondato da falchi disposti al confronto diretto.

Henry Kissinger, prima di morire, ha avvertito con l’autorità di chi conosceva i retroscena del potere: “Quando una potenza egemonica si sente minacciata, la guerra diventa una probabilità reale.” Per questo, molti analisti politici, anche negli Stati Uniti, affermano senza mezzi termini: se Trump continuerà a intensificare i conflitti economici e militari, il mondo potrebbe avviarsi verso una terza guerra mondiale.

E dove inizia una guerra globale? Sempre nelle periferie. Sempre nei paesi fragili. Sempre dove l’imperialismo fiuta un’opportunità. L’America Latina è tornata sulla scacchiera — non come protagonista, ma come territorio in disputa.

Conclusione: il bivio dell’America Latina

L’accordo Milei-USA chiarisce che l’Argentina è diventata un laboratorio neoliberista, che gli Stati Uniti riprendono il progetto di dominio continentale e che la regione viene spinta verso la guerra economica e geopolitica. Il Mercosur e l’integrazione regionale sono sotto attacco diretto. Il rischio di conflitto globale cresce ogni giorno. E il futuro dell’America Latina è in gioco proprio in questo momento.

Ma la sinistra latinoamericana ha un compito storico davanti a sé: denunciare ciò che sta accadendo, spiegare al popolo con chiarezza e senza paura, costruire l’unità regionale al di là delle differenze, difendere la pace, la sovranità e i diritti sociali con tutte le forze. E, soprattutto, impedire che trasformino il nostro continente in un campo di battaglia di potenze straniere.

La storia ci sta chiamando. E la nostra risposta definirà il destino di generazioni.