27 Ottobre 2025
La guerra civile sta arrivando in Europa?

Di Fulvio Rapanà
La domanda che sempre più insistentemente circola negli ambienti politici e nelle redazioni dei media è se l’inasprirsi dello scontro politico e sociale in atto negli Stati Uniti, fra trumpiani e progressisti, si allargherà all’Europa nella quale sono già presenti partiti che si definiscono trumpiani . Per guerra civile nell’immaginario collettivo intendiamo quella avvenuta a metà dell’ 800 fra gli stati del nord e del sud degli Stati Uniti e dimentichiamo di includere le ferite ben più profonde e ancora aperte delle due guerre civili del 1914 e del 1939. Spero che nessuno politico o opinione pubblica europea ha veramente voglia di chiedere una rivincita o una riperdita, a secondo dei punti di vista, rispetto a quegli eventi.
Il contagio passerà dagli USA all’Europa?
Negli USA dibattendo sull’argomento di solito sono i progressisti ad avvertire che il populismo o il trumpismo stanno conducendo gli Stati Uniti verso l’abisso mentre nella politica europea lo schema è diverso e la preoccupazione per una possibile guerra civile tende a essere più comune tra i conservatori. Tuttavia con differenze sostanziali legate alla diversa composizione politica e sociale dei due continenti fattori simili producono una alta possibilità che anche in Europa si possa verificare uno scontro violento. Il fenomeno immigratorio e le sue conseguenze politiche e sociali sono un parametro concreto per verificare che su certe materie l’Europa è più esposta degli Stati Uniti ad una crisi sistemica. Le tensioni tra residenti e nuovi arrivati sono comuni su entrambe le sponde dell’Atlantico, ma quella europea è una immigrazione, rispetto a quella americana, ancora molto recente per avere determinato un sistema di coabitazione pacifica e inoltre le differenze etniche e religiose sono probabilmente più marcate in Europa che negli Stati Uniti dove la spinta dell’immigrazione ha dato inizio, 250 anni fa, alla fondazione dello stato americano e, con più ondate immigratorie quasi sempre di razze, nazionalità e religioni omogenee , continuamente cambiato e modificato l’assetto della società avendo il tempo necessario per assimilarne le differenze . In Europa c’è un separatismo sociale e culturale molto più marcato nelle comunità di immigrati della periferie di Parigi o Londra piuttosto che a Los Angeles o Chicago, e questo crea un malcontento, latente e diffuso, nelle società europee che ha dato origine alle rivolte elettorali di questi anni. Diversamente dagli USA vi sono fattori che potrebbero rendere l’Europa meno esposta ad una crisi sistemiche, primo: nelle costituzioni europee pur essendo sempre presente la libertà di parola e di stampa, non esiste un equivalente del Secondo Emendamento della Costituzione americana, questo permette ai sistemi politici europei, più centralizzati rispetto a quello statunitense, di controllare meglio il dissenso politico e prevenire uno scontro sociale; secondo: per l’Europa non circolano una quantità e qualità di armi detenute da privati cittadini, come negli Stati Uniti, che in qualche modo possano sfidare il monopolio della forza detenuto totalmente dagli stati.
L’incidenza dei partiti di destra nel variare l’agenda politica
Fino a qualche anno fa’ ritenevo che società ancora ricche, agiate e invecchiate come quelle europee e americane fossero poco inclini a soluzioni rivoluzionarie delle questioni. Ma da un decennio la crescita di partiti populisti e nazionalisti ha cambiato l’agenda politica delle democrazie e la tendenza verso una composizione pacifica e condivisa del confronto fra conservatori e progressisti. Il declino e la stagnazione economica e la decrescita demografica invece di generare uno scontro sociale e una lotta di classe sotto la spinta delle destre hanno generato rabbia e violenza verso gli immigrati che nulla hanno a che fare con la carenza di politiche necessarie ad invertire la crisi delle nostre società. Le manifestazioni sindacali di massa per i salari, gli orari di lavoro, il welfare, l’età pensionistica, l’assistenza sanitaria sono spesso sostituite da scoppi di rivolte anti immigrati. Cosa fanno o faranno i progressisti e la sinistra rispetto a questa nuova agenda politica che spesso coincide con la riduzione delle libertà individuali e collettive?.
La soluzione europea rispetto a quella americana
Negli Stati Uniti è probabile che si arrivi alla costituzione di un diverso e nuovo stato federale composto da stati governati dai democratici. In Europa escludo sia questa soluzione che uno scontro fra stati ma ritengo possibile l’affermarsi, prima dentro gli stati poi a livello continentale, di una separazione costituzionale fra grandi comunità, come Parigi, Londra, Berlino, Istanbul, Milano e Roma, Barcellona, Belgrado, Budapest, che pur vivendo in stati governati da partiti nazionalisti e illiberali sono amministrate da forze progressiste. Anche negli USA grandi città sono governate dai progressiste in stati conservatori. Questa situazione si lega a doppio filo con le motivazioni che sono alla base della crisi delle democrazie liberali.
La crisi delle costituzioni liberali
Le attuali Costituzioni sono state scritte e approvate da forze progressiste vittoriose dopo guerre devastanti , guerra civile americana, prima e seconda guerra mondiale, che hanno la pretesa di contenere e assecondare tutte le istanze sociali con una ottica di democrazia liberale condizionata da idee e ideali socialisti. Questa impostazione è stata messa in crisi dall’ azione delle forze politiche di destra che colgono istanze eluse dalle costituzioni come la protezione della razza , la simbiosi con la terra dei propri avi, il riconoscimento esclusivo della famiglia originale e dei principi religiosi. Nelle grandi comunità questi valori, pur essendo comunque presenti, vengono meno percepiti come rilevanti rispetto a fattori inerenti la vita sociale della comunità come le scuole, gli asili, la viabilità, i trasporti, l’assistenza agli anziani, il funzionamento delle strutture sanitarie e ospedaliere. Il trasporto urbano ha molta più rilevanza a Parigi piuttosto che in una piccola città dove si è più sensibili al costo dei carburanti. La promiscuità scolastica a Milano è una normalità rispetto a Monfalcone dove è sentita come una minaccia. Questa è la realtà non solo in Italia ma in tutta Europa e in tutto l’Occidente anche se con modulazioni differenti. Ambiti con istanze e priorità diverse che richiedono soluzioni che la politica non riesce più a mediare e integrare unitariamente con i reciproci difensori politici che spingono più verso la separazione piuttosto che verso la composizione.
Esperimenti in corso
Negli Stati Uniti queste idee sono già diffuse tra le élite tecnologiche, passate dall’adorazione per Obama a Trump, che stanno favorendo vari tentativi di creare comunità con statuti autonomi e realizzare una effettiva sovranità fisica su un pezzo di terra. Progetti o esperimenti come Próspera in Honduras o il California Forever della contea di Solano vanno verso questa direzione. C’è anche Musk che in Texas progetta di fondare le sue comunità private autonome. Zuckerberg ha fondato durante la pandemia una comunità scuola che vorrebbe espandere, e rendere autonoma, per migliaia di persone . Per il momento si tratta di progetti a livello di esperimenti realizzati da aziende ma che evidenziano la volontà di “uscire” dal sistema degli stati nazionali, per garantire la sovranità di nuclei di persone su un territorio; semplificando: comunità autonome organicamente strutturate e organizzate per le specifiche esigenze delle persone che le abitano. Le chiamano “città charter”. L’Italia e la nostra Costituzione sono il caso più concreto di quello che potrebbe succedere. Una nazione tendenzialmente di destra che ha quasi tutte le grandi città governate dai progressisti le quali attraverso il titolo V° della Costituzione avrebbero la possibilità di assumere un forte decentramento su base comunale e non regionale. Non si tratterebbe di una totale autonomia ma sarebbe un primo passo verso quella. E’ possibile che si vada verso comunità cittadine che si coagulano intorno ad una nuova costituzioni, prima nazionale quindi europea, con forti autonomie normative senza escludere la presenza e le funzioni degli attuali stati nazionali. Almeno nella prima fase. Ipotesi fantasiose di un futuro improbabile?. A pensarla così sono in buona compagnia.
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