29 Settembre 2025
Le macerie di Gaza sono quelle dell’imperialismo americano
Trump ha messo fine al monopartitismo annettendosi la fazione repubblicana che ha fuso con il movimento MAGA e creato un partito trumpiano che ha come obiettivo un tipo di società conservatrice e reazionaria molto diversa da quella voluta dai democratici

Di Fulvio Rapanà
L’impero di Roma è durato dai 10 ai 15 secoli , quello spagnolo 3 secoli come quello inglese , 2 secoli quello mongolo . L’impero americano nato 80 anni fa non è certo che durerà 100 anni. E’ un periodo di tempo decisamente breve se commisurato alla dimensione territoriale, alla popolazione e alle risorse che gli Stati Uniti detengono rispetto agli altri imperi. Gli storici e gli economisti hanno formulato più ipotesi sulle ragioni del declino degli imperi precedenti e anche per questo americano incominciano a fare analisi e valutazione se si tratta di vero declino e dei motivi che stanno lo stanno favorendo. Alcuni studiosi smentiscono questa interpretazione dell’odierna fase geopolitica USA e propendono per un riassestamento, un riposizionamento rispetto alle dimensioni del sistema mondiale che nel ’45 generava PIL per 1,6 triglioni di $ aumentati a 3,4 triglioni nel 1970, a 83,5 triglioni di $ nel 2020. Secondo questa tesi gli Stati Uniti stanno andando verso una co-gestione con la Cina e altre potenze da una posizione di primus inter pares con le banche d’affari che hanno sostituito le fabbriche. In un articolo molto realistico Hussein Agha e Robert Malley su Foreign Affairs sostengono che alla base del declino ci sono le “bugie, le menzogne e l’autocompiacimento rispetto ai continui e costanti fallimenti della politica estera americana. E’ veramente sconcertante la quantità e le l’entità di errori commessi, della loro ostinata ripetizione dei funzionari dell’ intelligence e dei politici statunitensi che hanno continuato a dire bugie anche dopo avere saputo che era tali e le hanno perpetrate anche quando altri già lo sapevano”. Concordo perfettamente con questa analisi che ritengo essere una concausa rispetto alla principale che sta a monte del sistema e punta decisamente al cuore dell’impalcatura costituzionale che di conseguenza influenza il sistema politico e quello economico, lobbystico e di sicurezza. La costituzione americana di 250 anni non sancisce un vero sistema che identifichiamo di democrazia liberale, non fosse altro che non si legge nemmeno una volta il termine “democrazia” , e che mira a tutelare le “libertà individuali” , e non prevede esplicitamente una rappresentanza politica né una reale competizione fra di loro. Quello che chiamiamo “democrazia americana” non ha una costituzione che la disciplina e la tutela, non fosse altro che Trump senza troppi ostacoli giuridici l’ha destrutturata in sei mesi, ma di una prassi politica stratificata con il tempo e le esigenze contingenti. Prima di Trump i repubblicani e i democratici non potevano definirsi due veri partiti diversi e antagonisti rispetto ad una proiezione del “sistema America”. Gli Stati Uniti sono una repubblica presidenziale con il presidente che si dovrebbe occupare soprattutto di politica estera lasciando alle due fazioni l’onere e il potere di indirizzare la politica interna. Questo è parzialmente avvenuto più fra le strade e negli stati molto meno nel Congresso federale dove non vi era una serrata contrapposizione fra due i partiti . Ci sono stati presidenti di rottura che hanno spinto per una politica estera più incisiva e riforme interne radicali come Regan, Nixon, Eisenhower, Carter ma si è trattato più di fattori inerenti alla sfera caratteriale dei presidenti piuttosto che a differenze vere e proprie fra i due partiti nel modo di indirizzare la società americana Il monopartitismo di fatto ha portato all’incapacità fra le due correnti di realizzare una competizione e indirizzare le energie che venivano generate nel paese, al contrario è stato il paese, l’economia a influenzare e determinare la politica e i presidenti.. L’esempio emblematico delle dinamiche politiche degli USA è Mamdani. Candidato a sindaco di New York del partito Democratico, eletto alle primarie con largo margine sul candidato ufficiale del partito Mario Cuomo. La governatrice democratica dello stato di New York, la signora Hochul, e importanti esponenti del partito come il leader della minoranza al Senato, Chuck Schumer; la senatrice Kirsten Gillibrand; e il leader della minoranza alla Camera, Hakeem Jeffries, non hanno espresso alcun appoggio alla corsa di Mamdani. Cuomo ha addirittura suonato la carica mettendo insieme i ricchi costruttori di New York contro i programmi “socialisti” del Sig. Mamdani, questo in piena sintonia con i politici repubblicani. Mamdani ha un programma politico e sociale che sia i repubblicani che i democratici rigettano in quanto “estranei al sistema americano”. E’ un tipo di commistione che si è manifestata anche in politica estera dove al cambio delle amministrazioni poco o nulla cambiava, se non il personale apicale e i quadri dirigenti, in una spoil system che non incideva di fatto nella capacità degli Stati Uniti di estendere la propria influenza oltre la propria misura oggettiva e di indirizzare il comportamento altrui. Anzi è successo proprio il contrario. I sistemi di sicurezza e di intelligence hanno influenzato i presidenti e i politici comunicando quello che era nei loro interessi e determinando una quantità di fallimenti veramente sorprendenti rispetto alla dimensione della forza e della potenza a disposizione dagli USA: Vietnam , Iraq 1 e 2, Somalia, Afghanistan, Siria , Israele/Palestina, Libia tutte guerre basate o su presupposti diversi da quelli dichiarati o su convinzioni conseguenti a palesi menzogne o informazioni volutamente false e soprattutto senza alcun vantaggio per gli Stati Uniti. E’ una storia che si è ripetuta sia con amministrazioni democratiche che repubblicane. Il primo a buttare all’aria la marmellata della politica interna e mettere sotto sorveglianza tutto il sistema decisionale dell’ intelligence sia del Dipartimento di Stato che del Pentagono è stato Trump. In modo rozzo e sconclusionato Trump ha chiarito subito chi erano gli amici e chi i nemici, chi voleva proteggere e chi buttare a mare. Ha promesso in campagna elettorale e sta realizzando la destrutturazione del sistema americano così come si è andato stratificando negli ultimi 70 anni per costruirne uno nuovo. Anche nella politica estera Trump ha fatto tabula rasa dell’ipocrisia e delle menzogne che hanno procurato sconfitte a ripetizione. Sulla questione urgente e contingente israelo-palestinese dal primo momento Trump ha squarciato il velo di ipocrisia di decine di amministrazioni che fingevano di voler trattare la soluzione a due stati ben sapendo che non ci sarebbe mai stata e, mettendo fine a 70 anni di finto equilibrismo, ha subito dichiarato che l’unica parte che appoggia è quella di una soluzione finale con una Palestina totalmente nelle mani degli israeliani. Questa chiarezza ha messo in moto dinamiche inedite sul piano internazionale e prodotto risultati sia dentro Israele che in tutto il medioriente, con il riconoscimento dello stato di Palestina da parte di Francia, Gran Bretagna, Canada e Australia. Questo risultato, a differenza di quello che affermano i filo-israeliani, è foriero di soluzioni molto rilevanti non sul piano militare e geopolitico immediato ma su quello giuridico e diplomatico . Lo stato di Israele è nato a seguito una risoluzione giuridicamente rilevante dell’ ONU che certifica anche la nascita dello stato di Palestina. In base a questa risoluzione l’occupazione di Gaza e l’annessione della Cisgiordania sono atti illegali che produrranno conseguenze giuridiche. Non oggi o domani ma fra 10 o 30 anni all’affermarsi di una nuova leaderchip mondiale potrebbe succedere che il nuovo padrone intimi, in base a quella risoluzione, ad Israele di abbandonare Gaza e la Cisgiordania, e di “ritirarsi entro i confini delineati nella risoluzione del ’48”. Questo è il motivo del tanto agitarsi e minacciare di Netanyahu. Stessa cosa per l’Ucraina. Con modi e parole sbagliate Trump ha chiarito una volta per tutte che quella guerra è stata diciamo “favorita” dagli Stati Uniti, sulle tesi di Brzezinski, con l’obiettivo di allargare la NATO fino a dentro la Russia per neutralizzarla: “ una guerra che non è nell’interesse degli Stati Uniti”!. Trump ha messo fine al monopartitismo annettendosi la fazione repubblicana che ha fuso con il movimento MAGA e creato un partito trumpiano che ha come obiettivo un tipo di società conservatrice e reazionaria molto diversa da quella voluta dai democratici. Trump non considera i democratici come antagonisti ma come nemici e le conseguenze si stanno verificando in politica estera come in quella interna: nessun aumento di spesa concordato fra trumpiani e democratici per evitare la chiusura del Congresso, meno diritti individuali e collettivi, meno tutele , meno libertà costituzionali, meno autonomia nelle agenzie federali, meno indipendenza nella magistratura, meno informazione indipendente, minore influenza dei sindacati nel mondo del lavoro. E’ una azione politica che non piace al 52% degli americani ma a differenza del sistema precedente ha il pregio della chiarezza. Trump ci riuscirà? alla fine di questo processo quale sarà la situazione dell’impero americano?. Aspettiamo ulteriori eventi per capire se la soluzione sarà pacifica o drammatica.
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