15 Settembre 2025
Emanuela Setti Carraro, il volto dell’amore. Domenico Russo, il volto del dovere

Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Nei giorni scorsi abbiamo ricordato il sacrificio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Ucciso a Palermo nel settembre 1982.
A morire con lui sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di Polizia Domenico Russo.
Molto si è detto sul Generale Dalla Chiesa. In questa sede vogliamo soffermarci su Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo.
Quella tra Carlo Alberto Dalla Chiesa ed Emanuela Serri Carraro è una storia d’amore bella e coraggiosa.
Coraggiosa per la differenza d’età. Coraggiosa perché ci vuole coraggio per stare accanto ad un uomo esposto come il generale Dalla Chiesa.
Carlo Alberto Dalla Chiesa era rimasto vedovo il 19 febbraio 1978 con la morte della sua amata Dora Fabbo che aveva sposato nel 1946 e dalla quale aveva avuto tre figli.
Una così dolorosa perdita getta nella disperazione Dalla Chiesa. Dora Fabbo era stata fondamentale nella sua vita. Come tante mogli di servitori dello Stato.
Nonostante un dolore così devastante, Carlo Alberto Dalla Chiesa è chiamato ad un compito impegnativo e rischioso.
Smantellare le Brigate Rosse dopo l’omicidio di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta. Già nel 1974 i carabinieri comandati da Dalla Chiesa erano riusciti quasi ad azzerare le Brigate Rosse. Quasi perché il suo nucleo speciale viene sciolto d’autorità proprio nel momento di maggior successo operativo.
Il generale Dalla Chiesa con i suoi uomini riesce ad assestare colpi decisivi alle Brigate Rosse. Che in pochi anni vennero neutralizzate. Questo porta ad una domanda che in realtà è uno dei misteri d’Italia. Domanda che per primo si pone Mino Pecorelli.

Per un lungo periodo il generale è un obiettivo delle Brigate Rosse. La sua vita è a rischio ma lui non vuole dispositivi di sicurezza appariscenti. I suoi uomini, però, provvedono comunque a proteggerlo . Un particolare su cui torneremo.

Nella vita di Carlo Alberto Dalla Chiesa entra Emanuela Setti Carraro. Infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana.
La sua determinazione sarà pari al suo amore per Dalla Chiesa. Il generale ha dei timori. Soprattutto legati al nuovo compito che l’attende.
Il 6 aprile 1982, dopo esser stato collocato in ausiliaria con il grado di generale di Corpo d’Armata, Dalla Chiesa viene nominato Prefetto di Palermo.
Il governo promette poteri speciali per permettere a Dalla Chiesa di contrastare la mafia.
Invece il 30 aprile 1982, giorno in cui viene ucciso Pio La Torre, si insedia in una città che mostra freddezza e ostilità istituzionale.
I poteri speciali non arrivano. Dalla Chiesa non ha i suoi carabinieri con cui era pronto ad affrontare la mafia.
Carlo Alberto Dalla Chiesa a Palermo è praticamente solo. Con lui, però, c’è Emanuela Setti Carraro. Che diventerà sua moglie il 10 luglio 1982.
Nonostante le promesse, i poteri speciali non arriveranno mai. Arriverà, però, il piombo mafioso.
La sera del 3 settembre 1982 Emanuela Setti Carraro guida la sua A112. Seduto a fianco suo marito. Seguiti da una vettura di scorta. Anche se chiamarla scorta è una esagerazione dagli effetti tragici. A bordo, di una vettura non blindata, c’è solo l’agente di Polizia Domenico Russo.
Dalla Chiesa voleva dimostrare ai cittadini il coraggio della legalità che non si nasconde dietro ad auto blindate. Ciò nonostante il Prefetto Dalla Chiesa poteva e doveva essere protetto anche “disubbidendo” ai suoi ordini come fecero negli anni del terrorismo i suoi carabinieri.
Sicari della mafia armati di AK47 massacrano Dalla Chiesa, Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo.
Secondo alcune ipotesi investigative la mafia decide di uccidere anche Emanuela perché depositaria di segreti del marito. Legati forse al memoriale Moro e/o ai rapporti mafia-politica.
Domenico Russo rappresenta i tanti appartenenti alle Forze dell’Ordine che silenziosamente fanno il loro dovere. Pur coscienti dei rischi e della carenza di strumenti.
Russo era cosciente della situazione di pericolo. Dalla Chiesa era un obiettivo. Deve proteggerlo da solo, con una vettura non blindata ripetiamolo. Ha solo il suo coraggio e senso del dovere.
Come Lenin Mancuso morto per proteggere Cesare Terranova; gli uomini della scorta di Rocco Chinnici; gli uomini della scorta di Giovanni Falcone; come Emanuela Loi e gli altri componenti della scorta di Paolo Borsellino.
Auto blindate che mancano, pochi agenti di scorta, pochi giubbotti antiproiettile, nessun divieto di sosta e fermata davanti le abitazioni dei giudici a rischio. Negligenza o dolo? Non abbiamo ancora risposte.
Ad oggi abbiamo, però, un prezioso patrimonio. L’amore tenace di Emanuela Setti Carraro. Il silenzioso senso del dovere di Domenico Russo.
Una bussola morale indispensabile in tempi tumultuosi come i nostri.
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