01 Settembre 2025
L’indipendenza delle banche centrali è ancora un valore?
Non vogliono lasciare a organi o enti non politici, che hanno una loro valenza meritocratica e non servilistica o fideistica, l’indipendenza per prendere decisioni in contrasto con gli indirizzi politici, economici e sociali indicati dal “capo”.

Di Fulvio Rapanà
In Occidente per dare una qualche conferma alla pretesa superiorità del nostro modello di governo democratico e liberale rispetto alle autocrazie tiravamo fuori l’indipendenza delle banche centrali, rispetto al potere politico, sancito con “ legge costituzionale” approvata dai parlamenti, che pur esistendo da appena un secolo è già in pericolo. Della necessità di un potere monetario indipendente se ne incominciò a parlare dopo la prima guerra mondiale come conseguenza sia della “grande depressione” americana che degli sconvolgimenti legati all’inflazione che in Europa portarono al fascismo e al nazismo. Dopo gli anni ’70, a seguito di un ennesimo periodo di grande inflazione che stava destabilizzando le economie e le democrazie , statisti illuminati decisero di togliere definitivamente all’esecutivo il potere monetario per metterlo in mani competenti e professionali e farlo gestire in modo “indipendente e imparziale” . Come scrive Lev Menard della Columbia University “ le banche centrali rispondono alla necessità di creare una governance indipendente per coordinare la politica monetaria in relazione all’inflazione e all’occupazione nell’interesse della collettività”.
Quindi l’obiettivo originario delle banche centrali, la FED come la BCE, è di tenere sotto controllo l’inflazione, aprendo o chiudendo i rubinetti del denaro, a secondo dei momenti di contrazione o espansione dell’economia, modulando in alto o in basso il tasso a breve termine anche contro le indicazioni dei politici. Nel tempo al controllo dell’inflazione le banche centrali hanno assunto altri poteri e compiti, per ultimo il Quantitative Easing della BCE, che spesso si sono intrecciati con quello della tenuta e di indirizzo del sistema economico che dovrebbero essere di esclusiva competenza del sistema politico. L’intreccio fra competenze monetarie e influenze sulle politiche economiche ha fatto ri-entrare le banche centrali nell’orbita di interesse del sistema politico che rivendicando le scelte in materia economica ha preteso di influenzare le scelte anche di politica monetaria delle banche centrali minandone l’indipendenza.Particolarmente dopo la crisi devastante del 2008 la politica ha fortemente contestato alle banche centrali di avere mancato nelle attività di controllo e sorveglianza favorendo l’insensata espansione della “finanza” rispetto al settore bancario tradizionale ben regolamentato. I governi di destra ora al potere in molti paesi occidentali hanno messo sotto pressione il quadro dei rapporti fra governo politico e agenzie di garanzia in quanto rifiutano quella parte delle costituzioni che legittimano le attività e l’indipendenza di queste istituzioni come le banche centrali. Le nuove democrazie illiberali o le autocrazie costituzionali sono incentrate sulla figura di leaders come Orban, Trump , Erdogan che vogliono decidere personalmente, e senza interferenze di istituzioni terze, la vita politica, sociale, economica e quindi anche monetaria dei governi. Due anni fa in piena crisi della lira turca per contrasti sui tassi Erdogan ha licenziato in tronco il presidente della banca centrale turca sostituito con uno del suo partito. Questo scontro ora è arrivato negli Stati Uniti “patria della democrazia liberale” ed esportatrice, anche con la forza, dei valori democratici!!. L’oggetto del contendere con la FED riguarda la richiesta di Trump di “armonizzare i tassi di interesse”, riducendoli dal 4,35% all’1..1,50% !!, in relazione alle politiche attuate: di riduzione delle spese federali, della “meravigliosa” nuova legge fiscale di taglio delle tasse per i ricchi e del possibile rallentamento dell’economia a causa dei dazi. Il tasso su cui si contende è il “pronto contro termine” che le banche applicano quando finanziano altre banche e che in genere portano a cascata ad una generale diminuzione dei tassi su prestiti e mutui per famiglie ed aziende. Ma non è sempre così in quanto i tassi a medio lungo termine 5..10..30 anni, che sono quelli utilizzati dalle banche per mutui e prestiti, sono influenzati anche dal mercato a secondo della “solidità del debitore”, che non è il cliente o l’azienda che contrae il mutuo, ma è il sistema paese nel quale l’operazione viene effettuata . Anche se Jerome Powell, Presidente della FED, abbassasse i tassi di 300 punti base portandolo dal 4,35% all’1% sarebbe probabile che i titoli di stato americani, e quindi i tassi a medio/lungo termine, potrebbero essere più cari se i creditori intravedessero nella manovra un peggioramento della solidità del debito americano. In teoria la richiesta di Trump non sarebbe sbagliata con una economia che tira ed una borsa ai massimi di sempre, ma come ho premesso il principale compito delle banche centrali è il controllo dell’ inflazione e questo è proprio il dato che preoccupa la FED con una inflazione di base passata dal 2,4% di aprile al 3,1% di luglio, rispetto all’obiettivo del 2%, e che consiglia a Powell di non abbassare i tassi. Scontri fra Casa Bianca e FED sono già successi in passato con Truman, Nixon e Regan ma nessun presidente ha mai dato dell’”idiota” o del “mulo testardo” al presidente della FED peraltro nominato proprio da Trump. Delle ragioni di Trump per l’attacco alla FED se ne fa interprete in modo rozzo e grossolano il Segretario al Tesoro Bessent che pretende l’apertura da parte del Congresso di una inchiesta “sull’ intera istituzione della Federal Reserve la cui indipendenza non è minacciata dalla politica ma dal persistente inasprimento del mandato in aree che vanno oltre la sua missione principale”. Bessent è la voce ventriloqua del mondo MAGA, che Trump usa “a gettone” quando li torna utile, nel quale questi “poteri indipendenti” come la FED e la magistratura, sono visti malissimo perché affida vasti pezzi dei poteri di governo a “burocrati non eletti” che dovrebbero adeguarsi alle indicazioni dal potere politico da cui deriva la propria legittimazione . Il sistema bancario/finanziario decisamente ostile a Trump è un osso troppo duro, molto più delle università e degli studi legali che si sono arresi, e ha già fatto sapere a Trump di non gradire il licenziamento né la delegittimazione di Powell. Gli attacchi stanno crescendo con l’illegittimo licenziamento per motivi ancora da valutare e giudicare dall’attuale Governatore, di colore, della FED Lisa Cook che ha dichiarato di voler trascinare Trump in Tribunale. Sembra che si palesi un qualche accordo fra le due fazioni con l’elezione nel Board della FED di Stephen Miran, attualmente capo economista di Trump e dell’intenzione manifestata da Powell di “avviare una graduale riduzione dei tassi”. Soluzioni che non credo che soddisfino le pretese di Trump. Due riflessioni mi sembra possono essere fatte. Primo: Trump è stato eletto per rompere le linee rosse presenti nella democrazia americana, a protezione della sua efficacia, e la velocità e la facilità con cui sono state superate , ricevendone complessivamente anche un avallo dalla Corte Suprema, confermano che la Costituzione americana ha poco di democratico e pochissimo di liberale, non fosse altro che in essa si parla sempre di “libertà” mai una volta di “democrazia”. Con l’elezione di Trump una parte della società e delle élite americana tentano di porre un freno al declino operando per tornare alle origini di una oligarchia plutocratica, e dovremmo aggiungere gerontocratica per l’età dei presidenti e dei leaders politici, nella quale il voto dei cittadini serve solo per decidere quale dei due o tre gruppi che si confrontano potrà governare senza alcun vincolo di mandato rispetto a chi li ha votati. Secondo: le crescenti critiche verso le autorità monetarie e lo smantellamento di tutte le agenzie indipendenti mi convincono della necessità di un generale riassetto e riequilibrio dei poteri dello stato fra quello politico e quelli, come il potere monetario , che dalla volontà politica ne derivano legittimazione e indipendenza.
In occidente l’avanzare di governi nazionalisti e la continua emarginazione dei principi di democrazia liberale ha stracciato il velo di ipocrisia confermando chi da sempre sosteneva che i governi di democrazia liberale non erano veri. Avevano un valore propagandistico nella guerra fredda dove all’ottusità dell’Unione Sovietica l’occidente contrapponeva il modello di democrazia liberale: libertà individuali , partecipazione alla vita politica, benessere e protezione per tutti, indipendenza fra i poteri dello stato. Quel modello dopo la caduta del comunismo si è gradualmente sgretolato sempre più sotto la spinta di élite e gruppi di potere che hanno puntato su partiti personalistici di destra per meglio rappresentare i loro interessi. Questi partiti vogliono decidere su tutto anche in ambiti dove il potere politico non dovrebbe operare , sui tassi della FED come sulla vicenda Mediobanca-Generali- Caltagirone, come sull’indipendenza della magistratura o nella presidenza della Consob. Non vogliono lasciare a organi o enti non politici, che hanno una loro valenza meritocratica e non servilistica o fideistica, l’indipendenza per prendere decisioni in contrasto con gli indirizzi politici, economici e sociali indicati dal “capo”.
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