11 Agosto 2025
L’Europa è cresciuta fra una crisi e un’altra ma ora non basta più
L’Europa può e deve trasformarsi da una comune amante della pace in un’istituzione in grado di rispondere alle minacce, che siano militari, commerciali o geopolitiche , e essere in grado di opporsi fermamente a coloro che ne auspicano la fine.

Di Fulvio Rapanà
Helmut Schmidt uno dei migliori Cancellieri che ha avuto la Germania e l’Europa , prima di una riunione fra capi di stato, affermò con il suo sorriso ironico: “L’Unione Europea è in crisi? forse, diamo per scontato che l’Europa è cresciuta proprio crisi dopo crisi”. E’ stato esattamente così fino ad ora ma questa politica delle crisi per fare un salti di qualità nella processo di unificazione non è più sufficiente davanti agli eventi geopolitici che sono in corso nel mondo. L’incapacità di evitare una guerra in Ucraina, le umiliazioni, più verbali che reali, inflitte da Trump con accordi estorsivi mettono l’Europa davanti alla propria debolezza e impotenza. Non è un problema di Von de Leyen.
Ciò a cui stiamo assistendo è il tramonto di quell’Europa , il declino di un’Unione fondata su principi di pace, cooperazione e diplomazia che non è più in grado di rispondere efficacemente al momento. Le crisi che stiamo attraversando richiedono un’azione decisa non la cooperazione e l’incremento progressivo progettati per prevenire la guerra, ma l’ammissione che lo scontro è già qui e che ora è il momento di affrontarlo con le armi giuste.
L’idea semplice ma efficace su cui si fondava il progetto europeo era che l’integrazione economica avrebbe eluso la minaccia di guerra, i paesi finanziariamente e politicamente interconnessi avrebbero avuto maggiori possibilità di garantire la continuità della pace. La cooperazione avrebbe aumentato la torta economica per tutti, e questo a sua volta avrebbe creato incentivi contro il pericolo di nuovi confronti militari. E’ stata una promessa geopolitica: coloro che aderiscono ai valori di democrazia liberale e ne accettano le regole possono diventare membri della famiglia europea. Durante questo processo di crescita, il progetto europeo continuò a rimanere fedele alla stessa idea: che il libero scambio, la prosperità e i valori liberali avrebbero costituito un baluardo contro la minaccia della guerra. Questa idea, per quanto potesse essere efficace all’inizio, e che è stato un grande successo ora non basta più. Abbiamo bisogno di istituzioni europee capaci di affrontare le terribili minacce che ci insidiano, di mobilitare tutte le risorse disponibili e di agire con urgenza, senza cercare concessioni e soluzioni alternative sempre e comunque. Le risorse che ne hanno costituito i maggiori punti di forza sono fondamentalmente inadatte alla natura delle sfide attuali che riguardano certamente Putin ma anche il nostro principale ex alleato: gli Stati Uniti. Per 50 anni fino al trattato di Maastricht gli Stati Uniti con ambedue le amministrazioni, democratica e repubblicana, hanno sempre contrastato la creazione di una entità europea, anche solo sotto forma di Istituzioni, in quanto riteneva comunque problematica l’esistenza di una entità , anche se alleata, che avesse un PIL e un mercato interno quasi pari al suo. La storia che ci viene raccontata , per motivi diversi, sia da parte statunitense che dalle Istituzioni europee, di una Europa che si è rassicurata…crogiolata sotto la protezione militare degli Stati Uniti è in gran parte falsa. Quando Trump dice di voler indietro i soldi spesi dagli Stati Uniti per la difesa dell’Europa ignora che, nella dottrina militare degli Stati Uniti, l’Europa sul lato atlantico e il Giappone, la Corea , Taiwan e le Filippine sul lato pacifico costituiscono ancora adesso la prima linea di difesa militare degli Stati Uniti. Nelle basi in Europa, comprese quelle in Italia, e nell’estremo oriente non vi sono unità e armamenti difensivi ma offensivi comprese centinaia di bombe nucleari. L’idea, radicata da 70 anni di controinformazione, degli Stati Uniti “buoni” amici che ci difendono dai cattivi autocrati è in gran parte falsa. Gli Stati Uniti sono da sempre in Europa soprattutto per difendere loro e non hanno voluto che l’Europa si reggesse da sola militarmente economicamente e strategicamente. Detto questo per l’ennesima volta resta l’evidenza di un Trump che correttamente o meno, questo si vedrà con il tempo, vuole alleggerire la posizione USA dall’Europa per concentrarsi sul pericolo cinese e chiede, in modo disarticolato e strampalato, alle nazioni europee membri della NATO di aumentare le spese militari non rinforzando l’industria militare europea ma attraverso acquisti massicci di armi statunitensi. Strampalato è il sistema utilizzato da Trump per chiedere più acquisti di armi e gas americano e per pretendere un “accordo” commerciale nel quale chi paga il “riequilibrio” delle partite commerciale è solo l’Europa che spera di tenere ancorate le truppe americane alle basi europee. L’accettazione di dazi unilaterali del 15 a 0 e i 750 mld. di $ che l’UE si è impegnata a spendere per l’energia americana, evitando qualsiasi tipo di ritorsione che sarebbe stata costosissima per le Big Tech americane, sono dei pagamenti malcelati per la permanenza degli Stati Uniti nella NATO. Si tratta ovviamente di un compito monumentale, ma dopo aver assistito a così tanti fallimenti nel sistema attuale, abbiamo almeno un quadro chiaro di come dovrebbero essere i cambiamenti necessari. È giunto il momento di un vero salto di qualità nell’ iterazione del progetto europeo, riorganizzato e rafforzato per il futuro anche a costo di perdere pezzi. La prima revisione da attuare è quella dell’unanimità. L’Unione Europea è stata fondata come un progetto di obiettivi condivisi , risultati di tale portata sembrano ora inimmaginabili, perché non tutti in Europa condividono obiettivi comuni. L’Ungheria, uno dei principali beneficiari dei fondi di coesione dell’UE, sta attivamente lavorando contro il progetto europeo. La Slovacchia non è molto indietro. In materia di sicurezza, l’Italia ha un atteggiamento sempre estremamente ambiguo fra l’ineludibile dipendenza dall’Europa e la vicinanza culturale e politica agli Stati Uniti di Trump. Se l’Europa vuole sopravvivere, deve abbandonare il principio dell’unanimità. In secondo luogo la difesa. Il progetto di pace non può sopravvivere se la pace non viene difesa. Deve iniziare una nuova era in cui l’Europa si batte per se stessa e per i suoi alleati. Non ci sarà una coesistenza pacifica con la Russia di Putin se non vi sarà una vera deterrenza militare che servirebbe anche a mettere in chiaro le reciproche ragioni, competenze e influenza sia con la Cina che con gli Stati Uniti. Ma come ho già scritto sono totalmente contrario a lasciare ai singoli stati l’autonomia nelle scelte delle decisioni in materia di difesa ma centralizzare un’ attività di riorganizzazione e integrazione nelle diverse 27 forze armate e solo dopo valutare a pieno l’entità dei costi e dei tempi per la realizzazione di una “comune difesa europea”. L’Europa può e deve trasformarsi da una comune amante della pace in un’istituzione in grado di rispondere alle minacce, che siano militari, commerciali o geopolitiche , e essere in grado di opporsi fermamente a coloro che ne auspicano la fine. Se non farà in questo modo l’Europa è destinata al fallimento e alla subalternità alle altre potenze: Cina e Stati Uniti.
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