28 Luglio 2025
Le unghie della CIA sul Brasile: Trump, Bolsonaro e il nuovo tentativo di colpo di Stato contro Lula

Di Marlene Pozzan Foschiera
La storia si ripete – e, come sempre, con le impronte digitali della CIA impresse sulle ferite aperte dell’America Latina. Le nuove rivelazioni provenienti dall’Agenzia di Intelligence brasiliana (Abin), divulgate dal giornalista Jamil Chade, svelano un piano in atto per destabilizzare il governo del presidente Luiz Inácio Lula da Silva, articolato da settori dell’estrema destra brasiliana con l’appoggio diretto dell’intelligence statunitense e l’avallo politico di Donald Trump.
L’imposizione unilaterale di dazi del 50% contro il Brasile da parte di Trump – un atto ostile travestito da misura economica – è solo il volto visibile di un’offensiva molto più profonda. Dietro al cosiddetto “tariffaço” si nascondono i meccanismi classici di una guerra ibrida: disinformazione, ricatto economico, manipolazione dei social media e finanziamento di attori locali per generare instabilità e screditare un governo democraticamente eletto.
Secondo gli agenti dell’Abin, si tratta di un “copione tipico della CIA”, già ben conosciuto nella storia dei nostri popoli: alimentare crisi interne, costruire un’opposizione artificiale e intervenire con il pretesto di “ristabilire la democrazia”. Non è una teoria del complotto – è una prassi documentata, da Cuba al Cile, dal Venezuela al Brasile.
Il Brasile come bersaglio principale
Il Brasile sta affrontando uno degli attacchi più gravi mai sferrati dagli Stati Uniti. Trump non solo accusa Lula di aver instaurato una “dittatura giuridica” per perseguire Jair Bolsonaro – mentre in realtà il paese sta semplicemente applicando la propria Costituzione – ma ha anche attaccato direttamente la Corte Suprema, sospendendo i passaporti dei suoi ministri in ritorsione politica.
Recentemente, Trump ha anche reso esplicito l’interesse strategico degli Stati Uniti per le ricchezze minerarie del Brasile, in particolare i cosiddetti minerali rari – come niobio, terre rare, manganese e litio – fondamentali per l’industria militare e tecnologica. L’ex presidente statunitense ha dichiarato che gli Stati Uniti devono garantirsi l’accesso a queste risorse “a qualsiasi costo”, ripetendo lo schema storico del colonialismo estrattivista.
Si tratta, quindi, di un progetto di spoliazione: mantenere il Brasile come riserva strategica dell’impero. Situato nel continente americano, ricco di acqua, foreste, biodiversità e risorse minerarie cruciali per la transizione energetica globale, il paese è oggi l’anello più debole dei BRICS – ed è proprio per questo il bersaglio preferito.
Trump sa bene di non poter affrontare direttamente la Cina o la Russia. E nutre ancora speranze di cooperazione con l’India. Rimane il Brasile come obiettivo immediato da colpire per rallentare l’avanzata di un mondo multipolare ormai inarrestabile.
Il tariffaço come pretesto
L’affermazione che il tariffaço si giustifichi con una bilancia commerciale “sfavorevole” è una menzogna: nel 2024, gli Stati Uniti hanno registrato un surplus commerciale di 7,4 miliardi di dollari con il Brasile. I numeri smascherano la narrativa. Il vero obiettivo è un altro: punire il Brasile per non essersi allineato incondizionatamente agli interessi di Washington, per aver rafforzato i BRICS, per aver riallacciato i rapporti con la Cina e per mantenere una politica estera sovrana.
Eduardo Bolsonaro: l’inviato di Trump in Brasile
Con Jair Bolsonaro ineleggibile e politicamente isolato, il bolsonarismo ha internazionalizzato la sua offensiva. Eduardo Bolsonaro, deputato in aspettativa e fervente sostenitore dell’ultradestra globale, ha intensificato gli attacchi alla Corte Suprema, alla Polizia Federale e al Congresso. I suoi discorsi replicano fedelmente il manuale trumpiano della disinformazione, del vittimismo e dello scontro istituzionale. Protetto da reti internazionali e con una chiara percezione di impunità, Eduardo si presenta come il portavoce di un progetto autoritario in costruzione – lo stesso che ha cercato di rovesciare la democrazia statunitense il 6 gennaio 2021.
Il governo Lula reagisce
Ma il Brasile non si piega. Il governo Lula ha reagito con fermezza e ha deciso di denunciare i dazi di Trump presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Il gesto ha trovato sostegno immediato da oltre 40 paesi – tra cui Canada, Cina, Russia, India, Sudafrica, Indonesia, Turchia e perfino l’Argentina di Javier Milei – segno che l’attacco al Brasile è percepito come una minaccia all’intero Sud Globale.
Sorprendentemente, anche l’Argentina – oggi governata dal neoliberista ultraprostatunitense Javier Milei – ha appoggiato il Brasile presso l’OMC. Una prova che perfino gli alleati ideologici di Trump si trovano in difficoltà di fronte a un’aggressione commerciale così sfacciata. Quando nemmeno i satelliti riescono a giustificarlo, significa che l’impero ha perso ogni misura.
Internamente, Lula ha difeso con determinazione la sovranità nazionale, denunciando pubblicamente l’offensiva economica e mediatica straniera come un chiaro tentativo di intimidazione. Ogni giorno, i media brasiliani trattano l’attacco statunitense come ciò che è: una guerra senza cannoni, ma con sanzioni, fake news, lawfare e manipolazione psicologica. E il popolo resiste.
Il sostegno popolare a Lula cresce. La sua fermezza nella difesa degli interessi nazionali, la reindustrializzazione, la lotta alla fame e la reintegrazione del Brasile nello scenario internazionale gli stanno garantendo un consenso sempre maggiore. Fortunatamente, anche le istituzioni brasiliane stanno rispondendo con lucidità. Per ora, stiamo vincendo questa battaglia.
Obiettivo finale: le elezioni del 2026
Il golpe in atto non è cominciato oggi – viene preparato da prima delle elezioni del 2022. Ma ha un obiettivo preciso: impedire che Lula completi il suo mandato e che la sinistra possa vincere nuovamente le presidenziali del 2026. Per raggiungere questo scopo, gli Stati Uniti sono pronti a tutto – anche a ripetere la vecchia dottrina interventista che ha devastato tanti paesi della nostra regione.
Come ha dichiarato un diplomatico citato da Jamil Chade: “Manca solo un Juan Guaidó brasiliano per completare il colpo”.
La storia non perdonerà chi si gira dall’altra parte davanti a un nuovo tentativo di sottomissione. Il Brasile ha diritto alla libertà. E non sarà la CIA, né Trump, né i suoi burattini locali a decidere il nostro destino.
