14 Aprile 2025
MRA, REDPILL e INCEL: DISINFORMAZIONE E INQUINAMENTO DI FONTI E DATI CON COMPLOTTISMO MISOGINO E FAKE NEWS
Una delle più insidiose espressioni di questa deriva è la teoria della cosiddetta “simmetria della violenza di genere”, secondo cui donne e uomini sarebbero ugualmente responsabili di violenze nelle relazioni intime.

Smontare la Menzogna: La Pericolosa Retorica della “Violenza Simmetrica”
Di Maddalena Celano
Negli ultimi anni, un’ondata reazionaria si è fatta strada nei media e nelle piattaforme digitali, cercando di capovolgere le conquiste di decenni di lotte femministe. Una delle più insidiose espressioni di questa deriva è la teoria della cosiddetta “simmetria della violenza di genere”, secondo cui donne e uomini sarebbero ugualmente responsabili di violenze nelle relazioni intime. A sostegno di questa narrazione distorta vengono citati studi mal interpretati, dati decontestualizzati e paragoni fallaci. Ma questa strategia, apparentemente “scientifica”, cela una propaganda disumanizzante e pericolosa, che può legittimare l’inazione istituzionale e persino fomentare odio sociale.
Una falsificazione costruita a tavolino
Il testo che circola sotto forma di “denuncia contro la narrazione del femminicidio” è un esempio lampante di manipolazione ideologica: un collage di riferimenti pseudo-accademici, mischiati a paragoni assurdi (come i morti in bicicletta contro i femminicidi) e citazioni tratte da studi controversi, come quelli di Murray A. Straus. Quest’ultimo, spesso evocato come autorità in tema di “gender symmetry”, ha condotto ricerche basate su questionari autocompilati che non distinguono tra atti isolati e schemi di violenza sistemica, né tra uno schiaffo e una frattura multipla, né tra difesa e aggressione.
Questi studi non possono essere messi sullo stesso piano delle analisi longitudinali dell’OMS, delle relazioni del GREVIO (Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa), o delle statistiche ISTAT e UN Women, che indicano con chiarezza: la violenza maschile contro le donne è sistemica, radicata nel patriarcato e con effetti devastanti in termini di salute, benessere e possibilità di autodeterminazione.
L’invisibilizzazione del contesto
Quando si parla di “simmetria”, si oscura il contesto. Le donne subiscono violenza:
più frequentemente;
in forme più gravi e letali;
in condizioni di isolamento, dipendenza economica e paura cronica.
La violenza maschile si fonda su un sistema di potere storicamente consolidato. Dire che uomini e donne sono ugualmente violenti significa ignorare il fatto che la maggioranza degli stupri, degli omicidi e delle aggressioni fisiche viene ancora oggi commessa da uomini. Secondo l’OMS, una donna su tre nel mondo subisce violenza fisica o sessuale nel corso della vita, per lo più da parte di un partner.
La violenza maschile non è un incidente: è un progetto
La retorica della simmetria serve a neutralizzare il concetto di responsabilità sociale. Parificare la violenza significa rendere invisibile la realtà di centinaia di migliaia di donne che vivono sotto minaccia. Ma soprattutto, è un modo per criminalizzare il femminismo, accusandolo di fomentare una guerra tra i sessi, mentre esso da decenni chiede soltanto giustizia, prevenzione e cultura del rispetto.
Questa ideologia trova oggi spazio persino nei giornali che si vestono da “controcorrente”, ma che in realtà alimentano un pensiero regressivo, dove i veri carnefici sono dipinti come vittime di un “complotto”. Una narrazione così costruita è non solo falsa, ma pericolosa e criminale, perché può dissuadere le donne dal denunciare, può incoraggiare i violenti a sentirsi giustificati, e può distorcere l’opinione pubblica fino a renderla complice.
I dati veri, quelli ignorati
Nel 2021 in Italia, secondo i dati ISTAT e del Ministero dell’Interno:
L’84% delle vittime di omicidi in ambito familiare sono donne.
Nell’89% dei casi, l’autore è un uomo, quasi sempre partner o ex partner.
Le denunce per violenza sessuale sono in costante aumento, e le donne sono le vittime nel 90% dei casi.
Questi numeri non sono ideologia. Sono sangue, carne, corpi che chiedono protezione. Sono nomi, storie, famiglie distrutte.
Una risposta necessaria
Di fronte alla diffusione di queste narrazioni tossiche, la risposta non può essere il silenzio. Serve una mobilitazione collettiva che difenda la verità dei dati, che protegga le vittime e che smascheri la falsità scientifica di chi nega la violenza patriarcale. Bisogna smettere di legittimare chi, col pretesto della “parità”, in realtà vuole mantenere il privilegio dell’impunità.
Il femminicidio non è un’“opinione” tra le altre: è un fatto sociale. La lotta contro la violenza sulle donne è un’urgenza democratica, non un esercizio di retorica.
