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Stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano, abbiamo dimenticato la Storia e ora raccogliamo i cocci
Serve una strategia di programmazione economica che la politica non ha più da decenni. Non basta il “diminuiamo le tasse e lasciamo agli imprenditori la più ampia iniziativa”.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Dal 1946 fino alla fine degli anni 80 il Governo italiano è intervenuto direttamente nell’economia nazionale.
Principalmente tramite l’IRI e la Cassa del Mezzogiorno.
Lo Stato possedeva centinaia di aziende. Diversi colossi dell’economia.
Poi le cose sono cambiate. Le norme europee, la necessità di far cassa. Tutto privato o quasi.
L’epoca delle imprese di Stato e della economia di Stato è stata seppellita sotto le accuse di inefficienza e corruzione. Meglio il libero mercato.
Certo è vero il discorso delle tangenti, dell’invadenza della politica. Della scarsa efficienza. Dimentichiamo però che l’intervento dello Stato nell’economia italiana parte da una reale esigenza. La necessità di uno sviluppo economico uniforme su tutto il territorio e di tutelare settori chiave della nostra industria.
Necessità sacrosanta. L’economia di Stato non ha funzionato. L’iniziativa privata ha fatto meglio?
Non sembra e la vicenda dello stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano, in provincia di Frosinone, lo dimostra.
Siamo alla fine degli anni 60. Anche il boom economico è un ricordo. E ‘arrivato il 1968. Agitazione sociale e crisi economica.
Il Sud Italia ha beneficiato solo indirettamente del boom economico. Molti meridionali hanno trovato lavoro al Nord e all’estero ma lontano da casa. Il territorio si è spopolato, scarse le infrastrutture.
Le aziende che, con i generosi finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno, hanno aperto nel Sud sono cattedrali nel deserto o sono durate come un gatto in tangenziale.
Inoltre sono sempre più forti le istanze dei giovani. Più istruiti, politicamente impegnati. Sempre più critici verso i partiti di governo. Il Partito Comunista Italiano avanza.
Le famiglie sono stanche di avere mariti, fratelli e figli lontani da casa.
Dalla periferia partono le sollecitazioni al Governo. Servono posti di lavoro. Succede anche nella provincia di Frosinone.
Feudo elettorale della DC, in particolare di Giulio Andreotti. Servono migliaia di posti di lavoro. Per garantire voti ma anche l’ordine pubblico. Si inizia a sparare anche in Ciociaria.
Sarà la Fiat a risolvere il problema. Nel 1972 costruisce a Piedimonte San Germano uno stabilimento per costruire la Fiat 126. Successivamente saranno prodotti molti altri modelli di auto.
Un’operazione di imprenditoria privata a metà. Perché la Fiat paga solo la metà dei soldi necessari per costruire lo stabilimento Fiat di Piedimonte San Germano. Il resto lo paga lo Stato tramite la Cassa del Mezzogiorno. Sempre lo Stato paga anche le opere infrastrutturali.
Un regalo agli Agnelli? In realtà è una procedura che rientra nella “contrattazione programmatica”, che tradotto sarebbe: tu azienda privata, nel Meridione apri dove dico io e assumi quanti lavoratori dico io mentre io Stato ti faccio pagare meno tasse e ti concedo finanziamenti a fondo perduto.
Lo stabilimento Fiat di Piedimonte San Germano negli anni conoscerà sviluppo ma anche incertezza e problemi. Affronterà gli anni del terrorismo con sabotaggi, ferimenti e un omicidio.
Negli anni 80 la Fiat è ancora padrona del mercato italiano e non solo. Poi dagli anni 90 le cose cambiano. La crisi avanza.
Lo stabilimento di Piedimonte San Germano, come gli altri della Fiat nel Meridione, soffrono ancora di più la crisi perché creati più per logiche occupazionali pubbliche che per logiche aziendali.
Le cose sembrano migliorare con l’arrivo di Sergio Marchionne. Piedimonte San Germano diventa centro di produzione per le vetture di punta dell’Alfa Romeo.
Purtroppo Marchionne muore. Nel 2021 la Fiat, diventata FCA, viene fusa con la Peugeot dando vita a Stellatis. Il terzo maggiore azionista è lo Stato francese.
Assente invece il governo italiano.
Stellantis è sempre più a trazione francese.
Lo stabilimento di Piedimonte San Germano era già ai margini dell’impero Fiat. Figuriamoci ora. Poi ci sono le incertezze del mercato delle auto elettriche, le difficoltà economiche che impediscono di rinnovare il parco auto.
Ora il territorio teme per la perdita di posti di lavoro sia legati allo stabilimento Stellantis che all’indotto.
La politica si mobilita con riunioni e appelli, “si costerna, s’indigna, s’impegna”. Getterà “la spugna con gran dignità” anche in questo caso? Verrebbe da dire che vogliono chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Purtroppo è scappata anche la stalla.
Che fare ora? Servirebbe seguire l’esempio del governo francese che è presente in Stellantis. Servirebbe rispolverare l’esperienza della “contrattazione programmatica” tenendo ovviamente conto della legislazione europea e dei limiti di bilancio.
Serve una strategia di programmazione economica che la politica non ha più da decenni. Non basta il “diminuiamo le tasse e lasciamo agli imprenditori la più ampia iniziativa”.
Semplicemente perché spesso le logiche di sviluppo aziendale non coincidono con le esigenze di sviluppo economico nazionali e dei territori. Ci sono gli interessi degli imprenditori, gli interessi dei lavoratori e gli interessi nazionali/dei territori. Serve una mediazione e una regolamentazione per una armoniosa crescita economica.
Ecco perché è necessario l’intervento dello Stato.
L’intervento pubblico a volte è indispensabile. Questa è una lezione della storia economica del nostro Paese che abbiamo dimenticato.
La politica deve avere nuovamente una visione. Purtroppo, per ora, vaga ancora nel deserto.
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