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Organi Storici in Puglia, un patrimonio da salvare
di VINCENZA D’ONGHIA
La presentazione del progetto di restauro della cantoria e dell’organo ottocentesco della Chiesa del Carmine nel cuore del centro storico di Noci il 12 Luglio scorso, è stata un’occasione per ripercorrere la storia di questo straordinario strumento nell’arte pugliese grazie all’approfondita relazione della Prof.ssa Isabella Di Liddo, docente di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università degli Studi di Bari, che si è dedicata allo studio di patrimoni spesso trascurati nelle chiese del territorio: organi, cantorie, pulpiti, altari e cori.
L’organo è uno strumento antichissimo, che trova le sue origini nella Grecia del III secolo avanti Cristo, per poi affermarsi nell’accompagnamento della liturgia cristiana nel Medioevo ed evolversi nella sua struttura secondo le tendenze artistiche delle varie epoche, raggiungendo il massimo sfarzo e ricercatezza nel periodo Barocco. La costruzione di un organo rappresenta l’integrarsi di diverse maestranze, intagliatori, decoratori, doratori che, in passato, avevano le loro botteghe in prossimità degli organari, coloro che si occupano della complessa costruzione dello strumento musicale propriamente detto. Tra il 1600 e il 1700 lo sviluppo dei Conservatori del Regno di Napoli contribuì al fiorire di numerose botteghe artigiane specializzate nella produzione di organi, i Rossi, i Gallo, i Brodetta, i Mancini, cui furono commissionati organi e cantorie di cui abbiamo pregevoli esempi a Barletta, Foggia, Alessano, San Severo e Gallipoli. Alcune di queste dinastie di organari di origine napoletana si stabilirono in Puglia nel corso del XVIII secolo, fondando delle botteghe autoctone come quelle dei Giovannelli, dei Corrado e dei Sanarica, attivi soprattutto nel Salento, e legandosi alle poche dinastie di intagliatori pugliesi come avvenne nel caso del sodalizio artistico e familiare tra i De Grecis, intagliatori di Bari, e la dinastia di organari De Simone.
L’organo e la cantoria della Chiesa del Carmine di Noci risalgono circa agli anni ’60 del 1800, forse al 1867, e si presentano come una struttura sobria e dalle decorazioni essenziali, che riflette la metamorfosi nel gusto iniziata già nei primi decenni del secolo. Si tratta di un tipico organo italiano, ad una tastiera, sette registri e con canne di facciata ed interne, probabilmente di epoca antecedente alla costruzione dell’intera struttura. Come illustrato dai restauratori Felicia La Viola e Nicola Canosa, specializzato nel restauro della componente meccanica dell’organo, lo strumento, in funzione l’ultima volta nei primi anni ’80, versa in condizioni piuttosto precarie soprattutto per quanto riguarda le cerniere in pelle dei mantici e le componenti lignee. Alle fasi di montaggio, restauro e rimontaggio delle componenti, segue la delicata fase dell’accordatura, rispettosa dell’epoca di costruzione dello strumento, tenendo presente che gli organi storici hanno accordature in genere più basse rispetto agli strumenti moderni.
Il restauro dell’organo della Chiesa del Carmine sarà finanziato per il 50% dalla CEI e per la restante parte dall’Arciconfraternita dell’Addolorata ma necessario è il coinvolgimento di tutta la cittadinanza e di eventuali sponsor, affinché l’unico organo storico del territorio nocese possa riacquistare la sua voce e la chiesa in cui è conservato, di cui ricorre 400° anniversario della costruzione, possa divenire un nuovo contenitore culturale, ospitando concerti del vastissimo repertorio sacro che per secoli ha visto questo nobile strumento suo protagonista.
IMMAGINE 1: Organo e Cantoria della Chiesa del Carmine di Noci (metà sec.XIX)