27 Ottobre 2025
Lula in Indonesia: sovranità verde e messaggio a Trump
“Mostreremo che è possibile svilupparsi e allo stesso tempo preservare”

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera
A poche settimane dalla COP che si terrà in Brasile, il presidente Luiz Inácio Lula da Silva è atterrato in Indonesia — un altro gigante tropicale — per affermare che è possibile crescere e proteggere allo stesso tempo.
Il viaggio aveva un duplice obiettivo: rafforzare le alleanze nel Sud Globale e inviare un messaggio diretto a Donald Trump, nel pieno della guerra tariffaria che colpisce le esportazioni brasiliane e delle difficili trattative tra Brasilia e Washington.
Accolto con onori di Stato e con una festa anticipata per i suoi 80 anni, Lula è stato ricevuto dal presidente indonesiano Prabowo Subianto con il trattamento riservato ai grandi alleati strategici.
I due leader — che governano Paesi con una popolazione complessiva di quasi 500 milioni di abitanti e immense foreste tropicali, l’Amazzonia e il Borneo — rappresentano un nuovo asse di dialogo tra economie emergenti e cruciali per la sopravvivenza ambientale del pianeta.
“Mostreremo che è possibile svilupparsi e allo stesso tempo preservare”, ha dichiarato Lula, difendendo un modello di crescita basato sulla sostenibilità, la cooperazione e la sovranità.
Ecologia e sovranità: il filo conduttore
L’incontro tra Brasile e Indonesia va oltre il commercio.
Entrambi i Paesi condividono una condizione comune: grandi produttori agricoli, custodi di un’enorme biodiversità e bersagli delle pressioni esterne che cercano di imporre modelli di sviluppo incompatibili con le loro realtà sociali.
Lula ha colto l’occasione per ribadire la sua visione di uno sviluppo con protezione ambientale, capace di unire produzione, innovazione tecnologica e giustizia sociale.
Con la COP ormai alle porte, il presidente ha posto il Brasile come leader verde e sovrano, rifiutando la logica delle “mete imposte” dalle potenze che hanno inquinato di più e ora pretendono di dettare le regole della transizione energetica.
Il messaggio è stato chiaro: la politica ambientale non può diventare uno strumento di sottomissione economica.
La sfida è globale, ma le soluzioni devono rispettare le diversità regionali e la sovranità dei popoli.
Dedollarizzazione e democrazia economica
Anche nel pieno delle trattative con gli Stati Uniti, Lula ha mantenuto un tono fermo e orgoglioso.
Ha criticato l’unilateralismo, l’egemonia del dollaro e ha difeso il commercio in monete locali, sostenendo che i Paesi devono poter negoziare tra loro “senza dipendere da una moneta straniera che detta le regole e i prezzi del mondo”.
“Vogliamo democratizzare l’economia mondiale e non vivere sotto il protezionismo”, ha detto Lula a Giacarta, tracciando con chiarezza la linea che separa il Brasile dalla politica economica di Donald Trump.
La proposta di dedollarizzazione, già avanzata dal Brasile all’interno dei BRICS, assume ora una dimensione asiatica, con l’Indonesia come partner strategico.
Nel proporre un’architettura economica più giusta, Lula amplia la nozione stessa di sovranità: non solo territoriale, ma anche monetaria e produttiva.
Commercio e sviluppo tra pari
Durante l’incontro, Lula ha proposto di aumentare gli scambi commerciali tra Brasile e Indonesia fino a 20 miliardi di dollari e ha espresso l’auspicio di un accordo Mercosur–Indonesia entro la fine dell’anno.
L’obiettivo è chiaro: diversificare i mercati, ridurre le dipendenze e rafforzare le catene produttive del Sud Globale.
Attualmente, il commercio bilaterale si aggira intorno ai 5 miliardi di dollari, concentrato soprattutto su prodotti agricoli e minerari. La sfida è ampliarlo verso settori tecnologici, energetici e infrastrutturali.
Queste trattative fanno parte di una strategia più ampia del governo brasiliano: contrastare la guerra tariffaria di Trump, che ha già imposto sovrattasse ai prodotti brasiliani, e costruire nuove partnership commerciali con Paesi disposti a cooperare senza imposizioni politiche.
Il messaggio politico a Trump
La visita a Giacarta è stata interpretata come un gesto diplomatico carico di significati.
Mentre molti si aspettavano un Lula prudente, per non compromettere il dialogo con Washington, lui ha fatto l’opposto: ha parlato con fierezza e coerenza, in piena guerra tariffaria.
Trump e Lula hanno avuto finora una sola conversazione telefonica, e si attende un incontro faccia a faccia questa domenica.
Annunciando pubblicamente che si candiderà per un quarto mandato, Lula ha inviato un messaggio diretto: gli Stati Uniti dovranno negoziare con un Brasile sovrano, guidato da chi non ha paura di dire “no”.
È un gesto politico e diplomatico al tempo stesso — ma anche personale. A 80 anni, Lula si riafferma come un leader globale di un campo che difende cooperazione, multilateralismo e rispetto reciproco tra le nazioni.
Pianificare il futuro
“Stiamo recuperando la capacità di pianificazione dello Stato brasiliano”, ha dichiarato Lula, sottolineando che il Paese torna a investire, pianificare e pensare a lungo termine.
Il ritorno della pianificazione pubblica segna un cambio di paradigma: lo Stato brasiliano, svuotato per anni in nome del mercato, torna ad assumere un ruolo centrale nello sviluppo.
Pianificare significa ricostruire — e Lula vuole dimostrare che si può farlo con sostenibilità, inclusione e sovranità.
Il presidente punta su un nuovo modello di globalizzazione, non fondato sullo sfruttamento, ma sulla solidarietà produttiva tra i Paesi del Sud Globale.
In questo senso, la partnership con l’Indonesia è tanto economica quanto simbolica: due popoli tropicali, laboriosi e diversi, che vogliono decidere il proprio destino.
Epilogo: uno statista in movimento
Il viaggio in Indonesia è stato più di un incontro diplomatico — è stata una dichiarazione di principi.
Lula ha ribadito che il Brasile vuole negoziare, ma non inginocchiarsi; vuole crescere, ma senza distruggere; vuole pianificare il futuro, mettendo il popolo al centro delle decisioni.
Con il suo carisma intatto e una lucidità politica che pochi leader al mondo conservano, Lula ha portato a Giacarta lo spirito profondo del Brasile: quello che resiste, sogna e continua a credere che un altro mondo è possibile.

