Mettiti in comunicazione con noi

13 Ottobre 2025

Ernesto Che Guevara: l’intellettuale della liberazione e la nascita di una coscienza latinoamericana

Il Che continua a parlarci, non solo di rivoluzione, ma di coerenza, di cultura, di amore e di libertà.

Pubblicato

su

Di Maddalena Celano

Il 9 ottobre 1967, in una piccola scuola del villaggio boliviano di La Higuera, veniva assassinato Ernesto “Che” Guevara, prigioniero delle forze armate boliviane e delle unità speciali della CIA. Cinquantotto anni dopo, il suo volto continua a risplendere sulle pareti delle città, nelle università, nei cortei e nelle speranze dei popoli del Sud del mondo. Ma per comprendere la forza del suo mito, occorre andare oltre la retorica e la ripetizione dell’immagine: il Che non fu soltanto un rivoluzionario, ma un intellettuale militante, un pensatore profondo e un costruttore di identità.

UN UOMO DI AZIONE E DI PENSIERO
Guevara non appartiene alla categoria dei semplici guerriglieri. Medico di formazione, lettore di filosofia, sociologia ed economia politica, amava i poeti, da Neruda a Vallejo, da Whitman a León Felipe. Nelle selve e nelle montagne portava con sé non solo fucili e mappe, ma anche libri. La sua “teoria della guerriglia” non nasceva dal fanatismo, bensì da una riflessione lucida sull’alienazione, sulla dipendenza economica e sulla dignità dell’uomo.

Nei suoi scritti — dal “Diario in Bolivia” a “Il socialismo e l’uomo a Cuba” — emerge con chiarezza la sua convinzione che la rivoluzione non può essere soltanto un fatto politico o militare, ma deve essere anche e soprattutto una trasformazione etica e culturale. Per Guevara, il nuovo mondo nasceva da un “uomo nuovo”, capace di pensare con la propria testa e di sentire con il cuore del popolo.

LA CULTURA COME STRUMENTO DI LIBERAZIONE
Ernesto Guevara comprese presto che la cultura è il primo terreno di liberazione. Non basta abbattere le strutture economiche del dominio, se non si spezzano le catene mentali e simboliche imposte dal colonialismo. Il Che fu uno dei primi a intuire che il colonialismo non è solo politico, ma anche epistemico e spirituale, cioè una forma di subordinazione del pensiero.

Per questo, nei suoi discorsi e nei suoi scritti, insisteva sulla necessità di una coscienza critica latinoamericana, capace di liberarsi dalle imitazioni e dalle dipendenze intellettuali dell’Europa. In questo senso, la sua figura anticipa e dialoga con quella dei grandi pensatori della decolonialità, da Enrique Dussel a Paulo Freire, da Aníbal Quijano a Rodolfo Kusch. Il Che non usava ancora il linguaggio accademico della “filosofia della liberazione”, ma ne incarnava già lo spirito: la ricerca di una via originale e autonoma del pensiero latinoamericano.

UN’ICONA DELL’IDENTITÀ LATINOAMERICANA
L’immagine del Che — il volto serio e fiero immortalato da Alberto Korda — è diventata una delle icone più riconosciute al mondo. Ma questa immagine non è solo simbolo di ribellione: è una dichiarazione d’identità. Ogni volta che il suo volto appare su un muro, esso ricorda al mondo che l’America Latina esiste, che ha una sua voce, una sua storia, una sua filosofia.

Nel Che si uniscono la ragione e la passione, la militanza e la cultura, la poesia e la politica. È il simbolo di un continente che non vuole più essere la periferia dell’Occidente, ma un centro di pensiero, di sogno e di speranza. Il suo “essere americano” non è geografico, ma spirituale: è il senso profondo di appartenenza a una terra ferita e meravigliosa, capace di generare pensiero a partire dalla sofferenza.

IL CHE E L’UOMO NUOVO
Nel celebre testo “Il socialismo e l’uomo a Cuba” (1965), Guevara scriveva: “Bisogna essere duri, senza mai perdere la tenerezza.” Questa frase racchiude la sua filosofia morale e politica: l’essere umano come sintesi di rigore e compassione, di disciplina e umanità. Per il Che, la rivoluzione non era fine a sé stessa, ma un mezzo per realizzare una società fondata sull’amore, sull’uguaglianza e sulla responsabilità collettiva.

L’“uomo nuovo” di cui parlava non è una figura astratta, ma un individuo che ha superato l’egoismo, che riconosce se stesso negli altri e che vive la libertà come solidarietà. Questa visione etica e antropologica del socialismo rappresenta uno dei contributi più originali del pensiero guevariano alla filosofia politica del XX secolo. In essa riecheggiano non solo Marx e Gramsci, ma anche José Martí, Simón Bolívar e persino l’eredità spirituale dei popoli indigeni.

UNA RINASCITA PERPETUA
Come scrisse Eduardo Galeano nel suo testo “Il Nascituro”: “Perché mai il Che ha questa pericolosa abitudine di continuare a rinascere? Più lo insultano, lo manipolano, lo tradiscono, più rinasce.” Forse il Che continua a rinascere perché non appartiene al passato, ma a ogni presente che lotta contro l’ingiustizia. Ogni volta che un giovane in America Latina, in Africa o in Asia si ribella alla disuguaglianza, lì rinasce il Che. Ogni volta che la cultura viene usata come strumento di liberazione e non di oppressione, lì rinasce il Che.

OLTRE IL MITO, LA RESPONSABILITÀ
Ricordare Ernesto Guevara oggi significa non ridurlo a un’icona commerciale, ma riconoscere in lui un compagno di cammino, un intellettuale del Sud globale che ci invita ancora a pensare, a creare, a disobbedire. Significa riscoprire l’America Latina non come spazio di esotismo, ma come laboratorio di umanità e di pensiero critico.

A quasi sei decenni dalla sua morte, il Che continua a parlarci, non solo di rivoluzione, ma di coerenza, di cultura, di amore e di libertà. E continua a ricordarci che il vero rivoluzionario è, prima di tutto, un essere umano capace di pensare e di sentire con la totalità del mondo.

Hasta siempre, Comandante.

Bibliografia essenziale


– Ernesto Che Guevara, *Il socialismo e l’uomo a Cuba*, Editori Riuniti, 1967.
– Eduardo Galeano, *Il libro degli abbracci*, Sperling & Kupfer, 1992.
– Enrique Dussel, *Filosofía de la liberación*, Edicol, 1977.
– Paulo Freire, *Pedagogia degli oppressi*, Arnoldo Mondadori, 1971.
– Aníbal Quijano, *Colonialidad del poder, eurocentrismo y América Latina*, CLACSO, 2000.
– Rodolfo Kusch, *América profunda*, Editorial Hachette, 1962.