10 Marzo 2025
Trump è l’inizio della democrazia illiberale degli Stati Uniti
. Ma gran parte dell’autoritarismo in arrivo assumerà la forma meno visibile della politicizzazione e la trasformazione in arma della burocrazia governativa

Di Fulvio Rapanà
Lo scontro fra Trump e Zelensky e la decisione di interrompere l’assistenza militare all’Ucraina, il discorso al Congresso del 5 marzo, la chiusura del Ministero dell’Istruzione e tanto…tanto altro che tutti i giorni dagli USA viene vomitato addosso al resto del mondo, mi dà la convinzione della fine dell’imperialismo USA si verificherà in tempi abbastanza brevi. La sensazione si è andata rafforzando quando all’annuncio a “reti unificate” di Trump della partenza dei dazi “globali” verso Messico, Canada e Cina hanno fatto eco le parole del Segretario al Commercio Howard Lutnick. che con un bel passo indietro ha dichiarato “ Il Presidente potrebbe far slittare l’avvio dei dazi di un ulteriore mese o l’applicazione di dazi mirati che escludono alcuni beni come le auto”. Trump si è accorto che stava applicando dazi alle auto USA !!!. Davanti alla prospettiva di far fallire General Motors, Ford e Chrysler, le cui auto sarebbero costate da un minimo di 4000 dollari fino a 12.000/18.000 dollari in più, trampone ha pensato bene per la seconda volta di rimangiarsi tutto ma facendolo fare ad altri. Lui conosce solo la gloria delle cose da fare quelle di tornare indietro le delega agli accoliti. A gennaio, il Wall Street Journal ha deriso Trump definendo le tariffe del 25 percento su Canada e Messico come “la salva di apertura della guerra commerciale più stupida della storia”. La reputazione degli USA è sotto i tacchi e siamo alla sesta settimana di Presidenza. Trump può fare la voce grossa con l’Ucraina, poveretti si sono fidati dei Democratici che gli hanno mandati allo sbaraglio per una guerra per delega, lo può fare con la Colombia ma non certamente con il Messico e il Canada che sono partner industriali e commerciali indispensabili per l’economia americana. Ho letto due anni fa un libro del politologo francese Bruno Tertrais, che parlava appunto di quanto fosse imprescindibile per una leaderchip imperiale la “reputazione” per la sicurezza nelle relazioni internazionali. Tertrais scrive: “se non è scoppiata una guerra nucleare lo si deve alla deterrenza che si basa sulla “reputazione” delle parti in conflitto”. Una superpotenza che lancia segnali contradittori o inattendibili o più volte manipolati o revocati lancia messaggi gravissimi di instabilità che ne riduce la “reputazione” con risvolti potenzialmente catastrofici. Fatta questa premessa sull’attualità che si aggiorna di ora in ora vi è in tutto questo una idea, un messaggio di fondo che porta diritto a quello che molti politologi stanno definendo “il secolo illiberale degli Stati Uniti”.
Escluso pochi che hanno lanciato l’allarme per la tenuta della democrazia liberale la maggior parte dei politici, degli esperti , delle personalità dei media e leader aziendali trattano le preoccupazioni sulla questione come esagerate: “dopotutto, la democrazia è sopravvissuta al suo primo mandato”.
Ma sempre più politologi e costituzionalisti avvertono che rispetto al 2016 l’azione di Trump è supportata da un cambiamento di umore nella società americana mettendo la democrazia in pericolo più che in qualsiasi altro momento della storia moderna degli Stati Uniti. L’America è già in ricaduta democratica da un decennio: tra il 2014 e il 2021, l’indice annuale sulla libertà globale di Freedom House, che valuta tutti i paesi su una scala da zero a 100, ha declassato gli Stati Uniti da 92 (a pari merito con la Francia) a 83 (sotto l’Argentina e a pari merito con Panama e Romania). La domanda che i costituzionalisti fanno è se i tanto decantati controlli costituzionali del paese , i famosi checks and balances , terranno o meno sotto lo stress delle azioni politiche di Trump che ha già provato a violare la regola cardine della democrazia quando nel 2020 ha avallando l’assalto al Campidoglio e tentato di ribaltare i risultati dell’ elezione. Il segnale che la tenuta democratica dell’intero sistema politico americano sta cedendo è evidente nel fatto che per quella rivolta né il Congresso né la magistratura lo hanno perseguito con la dovuta severità, e il Partito Repubblicano, nonostante il tentativo di colpo di Stato, ha ritenuto di non collaborare con le Istituzioni e lo ha rinominato presidente. Trump ha condotto una campagna apertamente autoritaria nel 2024, promettendo di perseguire i suoi rivali, punire i media critici e schierare l’esercito per reprimere le proteste. Ha vinto e, grazie a una straordinaria sentenza della Corte Suprema, godrà di un’ampia immunità presidenziale durante il suo secondo mandato.
Ciò che si prospetta non è un regime fascista ma un autoritarismo illiberale, un sistema in cui i partiti competono tutti i giorni nel Congresso e nelle elezioni, ma l’utilizzo distorto dei poteri della Presidenza inclina il campo di gioco a sfavore dell’opposizione, “la macchina politica è reale ma non leale”. Come ha chiarito la prima ondata di ordini esecutivi di Trump, molti di dubbia costituzionalità , il costo di fare l’opposizione sia in politica che nella società civile aumenterà considerevolmente: i donatori del Partito Democratico potrebbero essere presi di mira dall’IRS (Ministero delle Finanze); le aziende che finanziano gruppi per i diritti civili potrebbero affrontare un controllo fiscale e legale più severo o vedere le loro iniziative ostacolate dagli enti regolatori. Il Presidente, ad esempio, potrebbe ordinare all’esercito di sedare manifestazioni dell’opposizione come si dice avrebbe voluto fare durante il suo primo mandato. Ma gran parte dell’autoritarismo in arrivo assumerà la forma meno visibile della politicizzazione e la trasformazione in arma della burocrazia governativa compreso delle forze armate così come è avvenuto in Ungheria e Turchia e Polonia. La burocrazia governativa può determinare quali reati vanno perseguiti, quali tasse vengono verificate, quando e come vengono applicate le norme e i regolamenti, quali organizzazioni ricevono lo status di esenzione fiscale, quali agenzie private ottengono contratti, quale università possono ricevere finanziamenti, quali aziende ottengono licenze, concessioni, contratti, sussidi, esenzioni tariffarie ecc. Dopo che Orbán è diventato primo ministro nel 2010, il suo governo ha privato i dipendenti pubblici delle principali protezioni del servizio civile, ha licenziato migliaia di persone e le ha sostituite con membri leali del partito al governo Fidesz. Nel discorso di mercoledì Trump ha ripetutamente dichiarato la sua intenzione di perseguire penalmente i suoi rivali, di reprimere le manifestazioni pro-gaza nelle università, di ridurre drasticamente i contributi statali alle Università che continueranno ad avere programmi di inclusione. La sua candidata per il Procuratore Generale, Pam Bondi, ha dichiarato che “i procuratori che hanno indagato su Trump saranno perseguiti” e la sua scelta per il direttore dell’FBI, Kash Patel, ha ripetutamente chiesto l’incriminazione dei rivali di Trump. Questo è la prospettiva di ciò che sta per succedere nel sistema politico e nelle Istituzioni Democratiche degli Stati Uniti. Poi ci sono le prospettive dell’autoritarismo nella società civile. Tutte le donazioni individuali ai candidati nelle varie elezioni sono rese pubbliche, sarebbe facile per l’amministrazione Trump identificare e prendere di mira quei donatori e questo timore potrebbe scoraggiarli dal finanziare i politici dell’opposizione . Anche l’istruzione è sotto attacco è di queste ore il tazebao con la chiusura del Dipartimento dell’Istruzione: “la scuola pubblica produce elettori dem”. L’amministrazione Trump ha intenzione di adottare un approccio massimalista per cui “quelle Università che hanno programmi DEI discriminatori, se hai procedure di ammissione discriminatorie o pratiche di assunzione e promozione discriminatorie, verrai privato dei finanziamenti federali”, il che significherebbe bancarotta per molte università e di queste ore l’annuncio che sono stati tagliati i fondi alla Columbia University per non avere represso le manifestazioni pro-Palestina considerate antisemite. Trump sta inoltre distribuendo minacce a piene mani verso coloro che non si allineano alle sue direttive soprattutto nei settori tech e media. In quella che la editorialista del New York Times Michelle Goldberg ha definito “la Grande Capitolazione”, i potenti CEO di Amazon, Google, Meta, Microsoft, Paypal ecc per l’insediamento di Trump hanno donato più del doppio rispetto a quanto pagato per la festa del 2016. Lo stesso Trump ha riconosciuto che nel suo primo mandato, “tutti mi stavano combattendo”, ma ora “tutti vogliono essere miei amici”. Quasi tutti i principali organi di stampa statunitensi (ABC, CBS, CNN, NBC, The Washington Post) sono sotto ricatto in quanto di proprietà e gestiti da grandi società madri che Trump sta già condizionando facendo pressione sui loro proprietari. E’ il caso clamoroso del Washington Post , di proprietà di Jeff Bezos, la cui azienda più grande, Amazon, concorre per importanti contratti federali. Allo stesso modo, il proprietario del The Los Angeles Times , Patrick Soon-Shiong che vende prodotti medici soggetti a revisione da parte della Food and Drug Administration. Per onestà è necessario precisare che tutto questo è già accaduto negli Stati Uniti. Durante e dopo la guerra civile , il Ku Klux Klan e fino agli anni ’50 gruppi armati di suprematisti bianchi con legami con il Partito Democratico hanno condotto violente campagne di terrore in tutto il Sud. Altri presidenti hanno già trasformato le agenzie governative in armi. Il direttore dell’FBI J. Edgar Hoover ha utilizzato l’agenzia come arma politica per i sei presidenti che ha servito. Resta la domanda di Noam Chomsky : “Le Istituzioni Democratiche Repubblicane reggeranno all’urto della violenza politica di Trump oppure la loro distruzione segnerà l’inizio della seconda guerra civile americana?”.
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