Attualità
Il paradosso della donazione: quando la generosità supera i limiti logistici
I donatori ci sono ma il sistema sanitario non ha abbastanza capienza per raccogliere l’offerta.

di Alessandro Andrea Argeri
Domenica 9 febbraio, presso il centro Fisiodecamed di Turi, si è tenuta una raccolta sangue organizzata dall’associazione Fidas. Nonostante febbraio sia tradizionalmente un mese in cui l’influenza porta molti a ricorrere agli antibiotici, l’evento ha registrato un’inaspettata partecipazione: ben 36 donatori, testimonianza tangibile della sensibilità e della voglia di aiutare la comunità.
Donare il sangue è un gesto fondamentale, oltre che altruistico, in quanto permette di salvare vite umane. In Italia ogni anno vengono raccolte circa due milioni di donazioni, dati che evidenziano quanto questa pratica sia cruciale per il sistema sanitario.
Siccome il sangue è una risorsa indispensabile per trattamenti chirurgici, terapie oncologiche, emergenze traumatiche e molte altre situazioni critiche, in genere una singola donazione può aiutare fino a tre persone. Tuttavia, a differenza di molti altri materiali, il sangue donato non può essere “ricreato” in laboratorio. Il suo utilizzo tempestivo è quindi fondamentale per garantire la compatibilità e l’efficacia nel trattamento dei pazienti. Infine, oltre al suo impiego terapeutico, il sangue raccolto può anche essere utilizzato per studi scientifici in grado di condurre a nuove scoperte nel campo della medicina. Basterebbero queste poche ragioni per comprendere l’importanza del donare, il perché ogni gesto di solidarietà può effettivamente fare la differenza. Allo stesso tempo però è necessario riflettere su come migliorare l’intera filiera della raccolta, dalla donazione alla distribuzione.
Nonostante l’enorme volontà dei cittadini, il sistema logistico spesso si scontra con limiti pratici che riducono la capacità di accogliere tutte le donazioni. Le unità di Raccolta Mobile del sangue utilizzate per il prelievo hanno una capacità limitata variabile dalle 30 alle 35 sacche. Così spesso si è costretti a rifiutare ulteriori donatori non per mancanza di volontà, ma perché il sistema non dispone delle risorse logistiche necessarie per gestire un numero maggiore di raccolte in una singola giornata. “Molto spesso ce ne andiamo sovraccarichi, spesse volte rimandiamo indietro i donatori perché non possiamo accettarne più”, racconta infatti un medico.
A complicare ulteriormente il problema subentrano i vincoli legati alla conservazione del sangue: dalla raccolta, la prima sacca può rimanere nel frigorifero mobile per un massimo di cinque ore, tempo oltre il quale è necessario procedere immediatamente con l’elaborazione, dopodiché si procede ad effettuare controlli incrociati presso i laboratori del Miulli e del Sanpaolo di Bari per accertare le compatibilità dei campioni in modo da garantire la sicurezza del paziente finale.
Ecco allora il paradosso: i donatori ci sono ma il sistema sanitario non ha abbastanza capienza per raccogliere l’offerta, motivo per cui non si riesce a soddisfare la continua domanda. Le associazioni locali si sforzano di raccogliere persone disposte ad aiutare, questi arrivano in gran numero, i medici lavorano di domenica. Bisognerebbe allora non solo potenziare le infrastrutture già presenti ma anche rivedere l’organizzazione logistica della donazione di sangue in Italia. Per farlo ci vorrebbero investimenti, una pianificazione attenta affinché la generosità dei cittadini si traduca in un aiuto concreto per chi ne ha bisogno. Il problema, tanto per cambiare, è il penoso stato in cui versa il nostro sistema sanitario.
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