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Le stese di camorra, segnali di un male dimenticato

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di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO

Da molti mesi l’attenzione italiana è rivolta verso il Mar Mediterraneo.

 

Quando arriverà la prossima nave con i migranti? E cosa accadrà? E’ normale che l’attenzione della pubblica opinione sia concentrata su fatti di attualità. Però quando l’attenzione è concentrata su un singolo fatto, si rischia di trascurare tutto il resto. Come nel caso delle stese di camorra. Una tecnica criminale, usata almeno dagli anni 70. Un gruppo di uomini armati (quasi tutti giovanissimi) a bordo di scooter e moto, percorre le vie di un quartiere sparando all’impazzata. Costringendo le persone a stendersi a terra, per non essere colpiti. Vengono sparati decine di colpi. Una tecnica per “conquistare” un nuovo territorio o per sfidare l’egemonia di un clan rivale. Un fatto gravissimo, gruppi di uomini armati che sparano per le strade come nella peggiore Beirut del 1982. La cosa, ultimamente, si ripete sempre più spesso. Le rivalità tra clan sono all’ordine del giorno, anche perché la camorra non ha l’organizzazione verticistica della mafia. Non solo stese, continuano le sparatorie ed attentati dinamitardi. Con tutta evidenza lo Stato non ha il controllo completo a Napoli e in Campania. A dimostrarlo anche i casi di prostituzione minorile e abusi sessuali su minori scoperti nel napoletano. Fatti di eccezionale allarme sociale, che hanno origine dal degrado in cui è abbandonata una buona parte della popolazione. Degrado sfruttato dalla camorra per arruolare manovalanza e per esercitare il proprio dominio. La presenza dello Stato, non può essere delegata solo alle Forze dell’Ordine e alla Magistratura, che pure compiono un lavoro straordinario. Devono essere presenti, con livelli di eccellenza, la scuola, i servizi sociali, la politica con soluzioni fattive per le tante problematiche. L’attenzione collettiva è stata rivolta sempre di più verso la mafia, perché Capaci e Via D’Amelio hanno colpito l’immaginario collettivo. La camorra, però, ha lo stesso livello di pericolosità, anche perché più “anarchica” della mafia, quindi nascono con facilità nuovi gruppi disposti ad usare qualsiasi forma di violenza per conquistare l’egemonia. La cosa preoccupante è il senso di accettazione verso fenomeni indigeni come mafia e camorra. Sempre più spesso capita di sentire discorsi del tipo “Beh lo straniero irregolare possiamo cacciarlo, mentre il mafioso dobbiamo tenercelo”. Quella che prende piede è la politica del facciamo solo la cosa facile. Facile fermare un barcone di disperati, difficile contrastare la camorra. Facile far chiudere i negozi la domenica con una legge, difficile aiutare i commercianti in difficoltà a non chiudere per sempre. Facile cacciare coloro che occupano una casa perché non hanno alternative, difficile dare loro una sistemazione degna. In qualsiasi Paese serio, le stese di camorra sarebbero oggetto di acceso dibattito parlamentare, sarebbero la notizia principale dei Tg. Perché non è assolutamente tollerabile l’azione dei commando della camorra, che sfoggiano la potenza militare. Invece nulla, l’attenzione è riservata sempre ad altro. Certo la Magistratura indaga e le Forze dell’Ordine arrestano, ma non basta. Il territorio deve essere strappato alla camorra. La guerra alla camorra si vince per strada. Strappando alla strada i giovani senza futuro, riempendo le strade di attività produttive, di servizi utili alla collettività. Presidiando le strade, anche con tecniche militari. Adattando, per esempio, al contesto urbano le tecniche operative usate dagli squadroni eliportati Carabinieri Cacciatori e dal 185 Reggimento paracadutisti RAO. E’ in gioco la credibilità dello Stato, perché uno Stato che perde il controllo del territorio non è credibile. I Napoletani onesti, la grande maggioranza, aspettano da anni l’aiuto dello Stato, per riprendere il controllo del proprio territorio. Noi guardiamo il mare, temendo l’arrivo del nemico. Ma il vero, mortale, nemico non viene dal mare. Già è tra noi e ci colpisce alle spalle. Mentre noi siamo distratti a guardare il mare, da cui arriva solo disperazione e speranza.

Credit foto www.anteprima24.it

Chi è malato terminale oltre ad assumere i farmaci salvavita, passati in esenzione, spesso deve assumere medicinali comuni per mitigare gli effetti collaterali delle cure e della malattia. Laura chiede che i malati terminali possano godere dell’esenzione non solo sui farmaci salvavita ma anche su tutti gli altri medicinali.

Petizione diretta a Giulia Grillo

Giulia Grillo: Esenzione non solo per farmaci salvavita per malati oncologici

Chi è malato di cancro assume medicinali specifici per la cura di questa malattia, chiamati farmaci salvavita e passati in esenzione dal sistema sanitario nazionale. Tuttavia molti sintomi collaterali sia della malattia, che di questi farmaci (es. Chemioterapici o altri) necessitano l’assunzione spesso massiccia di altri medicinali più comuni, come antidolorifici, antipiretici, ecc. che il malato paga a prezzo pieno, con spese notevoli.

Chiedo che chi è affetto da patologie tumorali o chi è malato terminale possa essere esentato dal pagamento di ogni medicinale, essendone l’uso comunque direttamente collegato alla malattia in corso.

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Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo