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Elisabetta Cocciaretto, la “maratoneta” del tennis ci racconta la sua vittoria a Losanna

Elisabetta Cocciaretto, classe 2001, vince il torneo wta 250 di Losanna battendo in 3 set la francese Clara Burel. E’ il primo trofeo per l’azzurra che diventa la numero 1 tra le tenniste italiane

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DI FABRIZIO RESTA

Credit foto: Michel Grasso

A Losanna grande trionfo della Cocciaretto che vince il suo primo titolo Wta del circuito maggiore, dopo i titoli Wta 125 in Messico e si “vendica” della finale persa ad Hobart ad inizio anno. Un torneo che l’italiana ha vinto con le unghie e con i denti: più di 12 ore in 5 partite

Elisabetta, complimenti. Sei più stanca o più felice?

Beh, sicuramente sono molto più felice in questo momento che stanca. E’ stata una settimana dura, però la felicità compensa tutta la stanchezza e tutte le ore passate in campo sicuramente.

E vero che sei andata a Losanna in macchina?

Sì, dovevamo partire in treno sabato però hanno cancellato i treni e quindi siamo tornati a casa e abbiamo preso la macchina domenica. Il mio allenatore ha guidato 9, 10 ore e poi siamo arrivati.

In semifinale hai battuto Bondar in un match davvero tosto che hai conquistato dopo aver combattuto oltre 3 ore e mezza. Nel secondo set sembrava avessi mollato: avevi perso il 1 set, eri sotto 3-0 e invece poi hai vinto 7-6 e 7-5 il terzo set

Credo che la semifinale sia stata la partita più tosta dal punto di vista fisico ma anche un po’ forse mentale, perché comunque in totale sarà durata 7 ore. Col fatto delle interruzioni per pioggia se ne sono state quattro, col fatto che ho annullato un matchpoint, 7-6,3-0 sotto, però non mi sono mai data per persa, diciamo, ho cercato sempre di stare lì e di starle attaccata e nei momenti importanti lei qualcosa ha concesso……. e sono stata contenta del modo in cui ho lottato. Quello sicuramente.

Sia la Burel ma anche la Bondar hanno cercato di rallentare il ritmo di gioco mentre tu cercavi di giocare in anticipo. Non è una tattica un po’ troppo dispendiosa?

Sì, tutte e due hanno cercato di variare, soprattutto con delle palle alte sul rovescio o comunque per spingermi indietro. Diciamo che il campo aiutava le palline anche perché rimbalzava molto alta la palla e quindi sicuramente giocando in linea io forse giocavo meglio in quel momento e quindi hanno cercato di spezzare il ritmo. È una cosa che stanno facendo spesso anche le altre, però, nel senso, io ho cercato di adattarmi, ho fatto un po’ fatica ogni tanto, però….. diciamo che con le mie leve e con il mio gioco se vado troppo indietro rischio comunque di snaturare quelle che sono le mie….le mie doti di star vicino e di comunque togliere il tempo.

Nel primo set hai vinto 7-5 ma stavi vincendo 5-2. Il secondo set lo perdi dopo aver recuperato un break al nono gioco. Nel terzo set stavi perdendo 4-2 e sinceramente in molti credevamo che stessi pagando la maratona della semifinale e invece…

Ehhh…sicuramente è stata una partita difficile la semifinale, però diciamo che non ha condizionato il fatto di essere magari leggermente più stanca. In quel momento forse mentalmente sono un po’ uscita dal campo, non ho più pensato a quello che dovevo fare, ma mi sono fatta un po’ prendere dall’ansia….non tanto ansia però comunque dal fatto della finale eccetera invece di pensare e rimanere lucida su quello che dovevo fare in campo.

L’impressione che hai dato è che ti trovi meglio a giocare in diagonale. E’ un’impressione o realtà?

Sì, mi trovo bene a giocare in diagonale ma in realtà in questo torneo, purtroppo, ho giocato poco lungolinea. Infatti il mio allenatore me l’ha detto spesso che avrei dovuto cambiare il gioco in lungo linea per anticipare, solo che col fatto che comunque le palle erano pesanti, si gonfiavano subito eccetera, rischiavo di non andare in modo definitivo in lungo linea e quindi di ricominciare il gioco e di di rimanere sotto scambio. Però quando andavo decisa eccetera diciamo che mi ha aiutato molto in lungo linea perché è una cosa che comunque nel mio gioco c’è.

Generalmente parlando, hai giocato più di 12 ore in 5 partite. Più che partite di tennis sono state maratone

(ride) Si sono state delle maratone, forse una cosa del genere mi è successa a Tampico l’anno scorso quando ho vinto il torneo, anche lì avrò giocato più o meno 11 o 12 ore. Diciamo che è stata una settimana veramente tosta. Da quel punto di vista non me l’aspettavo, io ero arrivata lì per allenarmi, per giocare partite, ma anche per allenarmi proprio perché mi era un po’ mancata nelle ultime 2-3 settimane, soprattutto dopo Wimbledon e diciamo che ci sono riuscita. Cioè il mio allenatore mi ha detto: ok arrivi qui per allenarti, allenati con la partita, attraverso la partita. Però, cavolo, la prossima volta è meglio se non me lo dice, perché almeno magari gioco un po’ meno (ride).

Sei una tennista italiana atipica. Di solito l’italiana predilige la terra rossa tu non sei molto legata al tipo di campo dato che vai molto bene anche sul cemento.

Sì, diciamo che io sono nata e cresciuta sulla terra. Non mi sarei mai aspettata di, comunque, giocare anche bene sul cemento, magari anche sull’erba, però il mio allenatore mi ha impostata per giocare un po’ in tutte le superfici a tutto campo, quindi mi trovo bene dappertutto in realtà. I primi risultati belli li ho avuti sul cemento, quindi è stata un po’ una sorpresa per me perché, appunto, io fino a 15-16 anni, ho giocato praticamente solo sulla terra.

C’è un difetto che ti rimprovera sempre il tuo allenatore, Fausto Scolari?

Il difetto che mi rimprovera sempre Fausto è quello di….. in campo nei momenti di difficoltà in cui devo fingere, mascherare, ma …tante volte non riesco a trattenere le mie emozioni, mi lascio andare con degli atteggiamenti che magari la mia avversaria percepisce e a lei danno carica, mentre invece in quei momenti dovrei rimanere tra virgolette di ghiaccio e pensare al punto dopo e a cosa fare per vincerlo.

Ora sei la n 30 del mondo e numero 1 italiana, davanti a tenniste come Camilla Giorgi e Jasmine Paolini, atlete sicuramente con più esperienza di te. Come ti fa sentire questo?

Ma in realtà io non ho mai pensato alla classifica, le altre italiane, eccetera. Io pensavo sempre a fare il mio percorso, come mi ha insegnato Fausto, a migliorarmi sia dentro che fuori dal campo e che poi i risultati e le partite sarebbero stata una conseguenza di come avrei affrontato, insomma, tutto il percorso. Io cercherò sempre di affrontarlo così, senza pensare a classifica, punti eccetera, ma solo a migliorarmi perché ho ancora tanto da migliorare e mi sento ancora che posso migliorare in tanto.

Ora il percorso per migliorare passa gioco forza attraverso i tornei Slam?

Ma in realtà per migliorare passa attraverso tutto. Io adesso partirò per la stagione americana, che non ho mai fatto. Sarà un’esperienza per me e quindi io andrò lì con la consapevolezza di non averla mai fatta e con la voglia di mettermi in gioco e di migliorarmi e di prendere quello che viene. Sicuramente gli slam avranno un ruolo fondamentale, perché comunque nel senso per punti, per partite eccetera, però io credo che tutti i tornei siano importanti.

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Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo