Editoriale
Vergogna italiana
di Lavinia Orlando
“La politica esprime la volontà popolare e risponde al popolo. Se il popolo non è d’accordo con quello che facciamo ce ne andiamo a casa, ma la magistratura, che è autonoma ed indipendente, non risponde a nessuno, e quindi, proprio per questo, non può assumersi delle prerogative che sono squisitamente politiche”.
È questa l’ultima perla giuridica del magistrato in quiescenza, ora Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, pronunciata in risposta alla decisione del Tribunale di Roma – sezione immigrazione – che ha sancito l’approdo in Italia dei dodici migranti con cui il governo Meloni avrebbe voluto inaugurare uno dei due centri di accoglienza siti nel territorio albanese e costati centinaia di migliaia di Euro.
Tale provvedimento ha fatto letteralmente inalberare Presidente del Consiglio, Ministri ed esponenti vari della maggioranza, i quali hanno espresso tutto il disappunto possibile, esacerbato dalla circostanza di aver fatto vanto dell’accordo Italia – Albania quale modello da seguire da parte di tutti gli Stati europei.
Il tutto giunge in coda a mesi di urla ai quattro venti circa la bontà di un progetto, sul cui esorbitante costo si è già detto, che prevede il dirottamento in Albania dei soli migranti non vulnerabili e provenienti da Paesi sicuri, per procedere alle normali procedure di accoglienza ed eventuale rimpatrio in tempi che, sempre secondo gli accordi su carta, non dovrebbero miracolosamente superare i ventotto giorni – quando, allo stato attuale, si arriva a svariati mesi. Trattasi di una procedura che, proprio in occasione del suo incipit, ha visto un dispiego di energie, umane ed economiche, pazzesco, considerato che i sedici migranti sono stati trasportati nell’hotspot in terra albanese da una nave della Marina Militare, senza contare che, all’esito di un primo controllo, per quattro di loro, due minori e due vulnerabili, si è subito disposto il rientro in Italia, seguiti a ruota da tutti gli altri, proprio a causa della decisione del Tribunale di Roma. Parliamo di un’impresa sui cui costi si auspica il governo dia conto, a tacere di giorni di traversata da una sponda all’altra dell’Adriatico, cui sono stati costretti i sedici migranti, dopo aver trascorso in mare chissà quanto tempo ed aver subito in patria e lungo tutto il tragitto per arrivare in Europa non si sa quante e quali traversie.
Tutto ciò considerato, uno dei tre poteri dello Stato ha ritenuto tale procedura contra legem, perché i Paesi da cui provengono i dodici migranti – Egitto e Bangladesh – non sarebbero “sicuri”, sulla base di quanto statuito da una sentenza della Corte di Giustizia Ue del 4 ottobre, e l’ha messo per iscritto, in un provvedimento per cui la magistratura è assolutamente competente checché ne pensi Nordio, che pure dovrebbe conoscere bene la materia giudiziaria.
Il Ministro, invece, ha definito la decisione del Tribunale di Roma “abnorme”, aggettivo che, come ricordato dal Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, potrebbe significare responsabilità disciplinari a carico dei giudici che l’hanno emessa.
Il Ministro ignora o fa finta di ignorare che il potere giudiziario è autonomo ed indipendente proprio per salvaguardare lo Stato democratico da eventuali eccessi, provenienti soprattutto da parte del potere esecutivo, che non è soggetto solo al giudizio popolare, ma anche ai limiti previsti dalla legge, il cui rispetto viene assicurato per l’appunto dai magistrati. Se così non fosse e si volesse portare fino in fondo il ragionamento di Nordio, si arriverebbe all’assurdo per cui chi ci governa potrebbe approvare provvedimenti volti alla totale violazione dei più basilari diritti umani, solo perché frutto della volontà degli elettori.
Siamo tornati indietro di poco meno di trenta anni, con una sostanziale differenza: Silvio Berlusconi lottava contro la magistratura, a suo dire, politicizzata per suoi tornaconti personali, mentre il governo attuale si pone in contrasto con i giudici per raggiungere i propri obiettivi politici, in questo caso volti al contrasto all’immigrazione “clandestina”, di modo da evitare che il nostro Paese venga raggiunto – per citare uno dei più ferventi esperti in materia, il vicepremier Salvini – da “cani e porci”.
Non ci sono altre definizioni per qualificare tale situazione, se non quella di profonda vergogna.
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