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Editoriale

La frattura nel campo largo

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Credit foto https://www.gaeta.it/il-campo-largo-e-le-difficolta-della-politica-italiana-unanalisi-sulle-attuali-dinamiche-governative

di Lavinia Orlando

Le ultime sullo sfasciato campo largo hanno portato in molti a citare l’abusatissimo Moretti, che, nel suo “Aprile”, esortava D’Alema a proferire qualcosa di sinistra. In pochi, tuttavia, ricordano come la medesima scena proseguisse: “…di’ una cosa, anche non di sinistra, di civiltà…di’ qualcosa…reagisci”.

Parafrasando Nanni Moretti, anche la Segretaria del Partito Democratico sembrerebbe avere bisogno di una scarica elettrica idonea a farle riprendere il controllo di una situazione in caduta libera.

Che sia stata Schlein medesima a rendersi artefice della deflagrazione dell’alleanza opposta alla destra di governo è circostanza palese, sebbene in pochi vogliano ammetterlo. Con l’assurdo abbraccio a quell’Italia Viva di Matteo Renzi che ha generato tanti malumori, soprattutto da parte del Movimento Cinque Stelle, il Pd ha messo in dubbio quanto fino ad allora si fosse riuscito a realizzare.

Una scelta, quella di aprire a Renzi, che risulta fuori da ogni logica, a tratti masochista, tanto sotto il profilo numerico quanto tenendo conto del merito.

Considerando banalmente sondaggi e voti, non si comprende come si possa considerare così importante quello stesso Matteo Renzi che, almeno stando alle ultime rilevazioni, non supererebbe il 2%, rispetto ad un Movimento Cinque Stelle stabilmente al di sopra del 10%. E, quand’anche si ritenesse la pure scarsa percentuale di Italia Viva fondamentale al fine di battere Meloni ed alleati, i numeri non tengono conto dei pochi o tanti elettori che deciderebbero di non votare più Cinque Stelle, Pd o Allenza Verdi e Sinistra in presenza di un’alleanza con i renziani.

Questo perché – e veniamo al merito – la scelta di imbarcare Italia Viva in un raggruppamento di centrosinistra è altamente discutibile considerate le posizioni politiche espresse a più riprese dal già Presidente del Consiglio. Immaginare una piattaforma comune tra chi continua a farsi portatore di idee liberali e chi, come Movimento Cinque Stelle ed AVS, ha un’idea totalmente differente, è una scelta perdente ab origine, perché destinata ad infrangersi mezz’ora dopo un’eventuale vittoria.

E, se è vero che a livello locale le larghe alleanze potrebbero anche resistere sulla base di piattaforme comuni, che, sovente, riguardano questioni molto concrete, a livello nazionale tale ragionamento tende a non valere – si pensi, solo per fornire un esempio tra i tanti possibili, ai contrasti sul Jobs Act.

Oltre a quanto già espresso, occorre tenere conto dell’ulteriore fattore “Matteo Renzi”, che, nel corso degli anni, non ha fornito idonee garanzie di saldezza politica, caratterizzandosi per un’azione ondivaga ed estremamente volubile. Per quanto la stessa possa essere tipica di un partito centrista, le scelte di Renzi hanno lasciato solvente interdetti circa la scaltrezza e la cattiveria, quasi volessero essere una dimostrazione di abilità politica, invece che una scelta dettata dalla volontà di portare avanti progetti ed idee.

Non è ancora chiara la ragione per cui Schlein, che pure in passato aveva dato dimostrazione di voler posizionare il partito che dirige su posizioni più nette rispetto ai suoi predecessori, abbia deciso di tendere la mano a Renzi. Ora, dopo lo strappo di Giuseppe Conte, la leader Pd dovrebbe necessariamente fornire la sua idea, smettendola di nascondersi dietro alla frase di circostanza per cui “il Pd non accetta alcun veto”.

C’è un’unica scelta possibile per tentare di contendere il governo del Paese alla destra ed è una scelta che può – rectius deve – chiaramente prescindere dalla presenza di Matteo Renzi.

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