Editoriale
In memoria di Satnam Singh
di Lavinia Orlando
Nella settimana in cui la maggioranza targata Giorgia Meloni ha dato una forte accelerata alle due riforme che dovrebbero maggiormente caratterizzarla – autonomia differenziata e premierato – l’Italia intera si è resa conto di non essere poi tanto quel “bel Paese” che soprattutto chi ci governa vorrebbe dare a vedere.
Sarebbe stato molto meno traumatico discorrere delle conseguenze legate all’approvazione definitiva del disegno di legge Calderoli, che ha chiaramente fissato una linea di demarcazione tra nord e sud Italia, secondo quanto già avviato con la riforma costituzionale del 2001. Sarebbe stato molto più piacevole sviscerare l’autonomia differenziata voluta dal governo, valutando se sia reale l’auspicio di chi l’ha approvata per cui tale modifica assicurerebbe alle Regioni maggiore efficienza con l’erogazione di servizi più adeguati. Di più, sarebbe stato molto meno pesante analizzare le previsioni di chi, al contrario, ritiene che, consentendo alle Regioni di trattenere sul territorio maggiore gettito fiscale senza trasferirlo a livello centrale, si impedirebbe quella redistribuzione che ha finora assicurato alle Regioni meno ricche di contenere il divario con le Regioni del nord Italia.
Analogamente, sarebbe stato preferibile narrare dell’approvazione in Senato della riforma costituzionale sul premierato, che reca la possibilità di eleggere direttamente il Capo del governo, i cui poteri vengono, tra l’altro notevolmente incrementati. Sarebbe stato sicuramente meno complesso ragionare circa la confusione che potrebbe generarsi se e quando la riforma dovesse diventare definitiva – siamo ancora al primo step di almeno altri tre passaggi parlamentari, trattandosi di procedura rafforzata di modifica costituzionale. Sarebbe stato meno problematico disquisire di tematiche come il presidenzialismo ed il parlamentarismo, o la riduzione dei poteri del Presidente della Repubblica, o l’abolizione dei senatori a vita, o l’assenza a livello mondiale di esempi simili a quello della riforma italiana.
E, proseguendo, sarebbe risultato più piacevole analizzare le svariate contraddizioni che l’approvazione delle due leggi ha messo maggiormente in luce. Si pensi solo alla Presidente del Consiglio, da sempre ferma sostenitrice dell’unità d’Italia, che ha deciso di approvare un provvedimento che inevitabilmente acuirà la parcellizzazione del territorio. Si pensi, dall’altro verso, ad un Partito Democratico che si pone in contrasto col disegno di legge Calderoli, nonostante il provvedimento sia attuativo di una riforma costituzionale, quella del Titolo V della Carta, voluta da una maggioranza di centrosinistra.
Sarebbe stato bello parlare solo di quanto sopra elencato. Peccato che la realtà irrompa sempre in maniera violenta ad indicare il giusto ordine degli argomenti e delle vicende. Ecco quindi che, nel Paese in cui ancora ora, nel 2024, i braccianti agricoli chiamano i propri datori di lavoro “padroni”, come se le lotte portate innanzi da Giuseppe Di Vittorio a nulla siano servite, siamo ancora costretti a narrare di donne e uomini che muoiono a causa del lavoro.
Anche se, in questo caso, c’è molto di più. Il decesso del bracciante indiano Satnam Singh a Borgo Santa Maria, nei pressi di Latina, rappresenta la negazione della civiltà. Il giovane bracciante, dopo l’incidente sul lavoro, avrebbe dovuto essere immediatamente soccorso e condotto in ospedale. Peccato che il ragazzo non fosse assunto. Ecco spiegata la ragione per cui l’italianissimo “padrone” ha deciso di trasportarlo agonizzante presso l’immobile in cui viveva e lì buttarlo come un sacco di patate, insieme ad una cassetta di legna contenente il braccio mozzato a causa dell’incidente occorso, così condannandolo a morte. Quest’ultimo episodio rappresenta il culmine della vergogna che continua a caratterizzare le nostre campagne.
Satnam Singh è morto per raccogliere cocomeri, meloni ed altra frutta di stagione che a noi tanto piace, soprattutto in queste calde giornate estive.
Non è una tragedia, non è un incidente sul lavoro, non è nulla di inaspettato. Trattasi di omicidio, condito da caporalato e razzismo. Trattasi dell’ordinarietà in un Paese che continua a fare di tutto per smentire secoli e secoli di supremazia in termini di civiltà e cultura.
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